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lunedì 30 novembre 2015

Siria ed Iraq al centro degli interessi internazionali

di Alessandro Ugo Imbriglia

In Siria, nelle ultime settimane, le potenze sunnite hanno fornito missili anticarro a gruppi dell’Esercito Siriano Libero e del Fronte Islamico, mentre non si dimostra efficace l’offensiva delle forze armate del regime, sostenute dal supporto logistico e militare iraniano oltre che dai raid russi. Dunque il piano di Vladimir Putin, finalizzato a facilitare lo scontro tra Assad e i jihadisti per aumentare il potere di contrattazione del regime in un eventuale patto con la comunità internazionale, si sta rivelando più complicato del previsto. La Russia vorrebbe svolgere un ruolo da protagonista nella soluzione della crisi, perché ne uscirebbe rafforzata sul piano del prestigio, consolidando la propria posizione in Medio Oriente. Per tal motivo sta rafforzando i contatti con le altre potenze internazionali, lasciando intendere che la resistenza potrebbe partecipare al negoziato. La Russia sarebbe favorevole ad un passo indietro del presidente siriano dopo le elezioni, mentre Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia sosterrebbero le elezioni solo dopo l’uscita di scena di Assad. Nel frattempo, sul fronte iracheno, l’esercito e le tribù sunnite locali hanno sottratto il 40 per cento della provincia di Ramadi, a circa 127 chilometri a ovest di Baghdad, al gruppo Stato Islamico, compreso l’impianto di raffinazione di Baiji. La provincia di Ramadi si estende per 138.500 chilometri quadrati nella parte occidentale del paese, e prima del conflitto aveva un milione e mezzo di abitanti. Una seconda operazione via terra, condotta dai peshmerga e coaudivata dalle forze statunitensi è stata effettuata a sette chilometri a nord dalla città di Hawija,  nell’area occidentale dell’Iraq, al confine con il Kurdistan iracheno, e ha condotto alla liberazione di circa settanta ostaggi che stavano per essere giustiziati. Era  previsto che le truppe statunitensi si limitassero a fornire consulenza ai combattenti curdi, ma sono intervenute sul campo a causa delle difficoltà incontrate dal contingente curdo. Durante l’incursione ha perso la vita un militare statunitense, il primo da quando il presidente Obama ha ordinato il ritiro delle truppe dall’Iraq nel 2011. Inoltre è la prima volta che un soldato americano perde la vita in un combattimento sul terreno contro il gruppo Stato islamico. Il soldato è stato colpito a Hawija e poi trasportato all’ospedale di Erbil, dove è deceduto. A questo punto  sarà fondamentale per le forze irachene consolidare le due vittorie e giungere ad una riconciliazione con gli abitanti dei territori sottratti al controllo dello Stato Islamico. Una fonte del ministero della difesa iracheno ha rivelato che il governo iracheno non era stato informato dell’operazione di salvataggio. In questo quadro complicato gli Stati Uniti provano a coniugare gli interessi delle forze curde con gli obiettivi delle autorità irachene, che combattono entrambe contro lo Stato islamico, nonostante l’equilibrio precario che ha contraddistinto da sempre i loro rapporti. Dall’anno scorso diversi consiglieri militari e istruttori statunitensi sono tornati in alcune zone dell’Iraq per addestrare le truppe irachene e i combattenti curdi. A questo punto  sarà fondamentale per le forze curde ed irachene consolidare le due vittorie e giungere ad una riconciliazione con gli abitanti dei territori sottratti al controllo dello Stato Islamico.
27 ottobre 2015
Alessandro Ugo Imbriglia
uogo1990@hotmail.it



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