Per la traduzione in una lingua diversa dall'Italiano.For translation into a language other than.

Il presente blog è scritto in Italiano, lingua base. Chi desiderasse tradurre in un altra lingua, può avvalersi della opportunità della funzione di "Traduzione", che è riporta nella pagina in fondo al presente blog.

This blog is written in Italian, a language base. Those who wish to translate into another language, may use the opportunity of the function of "Translation", which is reported in the pages.

LIMES, Rivista Italiana di Geopolitica

Rivista LIMES n. 10 del 2021. La Riscoperta del Futuro. Prevedere l'avvenire non si può, si deve. Noi nel mondo del 2051. Progetti w vincoli strategici dei Grandi

Cerca nel blog

martedì 29 settembre 2015

Una sfida all'Islam fondamentalista?

Essere consapevoli dei rischi
Anno Santo e terrorismo
Giuseppe Cucchi
28/09/2015
 più piccolopiù grande
L'Anno Santo dedicato alla Misericordia indetto dal Sommo Pontefice può suonare anche come una sorta di sfida in direzione di un Islam fondamentalista che proprio della misericordia sembra avere perso la concezione oltre che il ricordo.

Sia pure con i soliti ritardi che caratterizzano ogni impresa italiana e che ci lasceranno con il cuore in gola sino all'ultimo momento - ce la faremo o non ce la faremo a presentarci a chi affluirà nella nostra condizione migliore? -, l'Italia e Roma si stanno preparando ad accogliere milioni di pellegrini.

Sullo sfondo di una collettiva opera di preparazione e di un clima di intensa aspettativa che coinvolgono, oltre a tutti i fedeli, anche tantissime categorie professionali, si avverte però un senso di allarme che diviene più forte man mano che la data di inizio dell'Anno Santo si avvicina.

Una minaccia ben presente
La paura è che il terrorismo possa approfittare di questa occasione per compiere uno o più attentati di grande valore simbolico, di straordinario impatto psicologico e di enorme risonanza mediatica, colpendo nel medesimo tempo lo spirito dell'Anno Santo, la Chiesa Cattolica e lo Stato Italiano. È una possibilità di cui sono ben consci tanto il Governo quanto l’Intelligence e le forze dell'ordine, nonché ovviamente la Chiesa ed il Sommo Pontefice.

Non c'è quindi da meravigliarsi di come siano già iniziate, e tendano ad intensificarsi con il passare del tempo, le azioni tendenti a rassicurare una opinione pubblica che si chiede se avremo o meno la capacità di individuare per tempo e neutralizzare con efficacia tutti gli attacchi che potrebbero (o potranno?) essere compiuti.

Parimenti, dal punto di vista pratico, si intensifica la preparazione di intelligence e forze dell'ordine che mirano a sviluppare prima dell'inizio dell'Anno Santo una rete a maglie tanto strette da non lasciar filtrare alcuno dei possibili attentatori. In parallelo, con una azione che procede forse con una disinvoltura che in tempi diversi sarebbe risultata discutibile, ci si libera degli elementi indesiderabili considerati potenzialmente pericolosi, rispedendoli al Paese di origine.

Sarà sufficiente tutto questo a garantirci quel livello di sicurezza pressoché totale che è nelle aspirazioni di tutti? Purtroppo la risposta non può che essere negativa. Per quanto faccia, per quanto si predisponga, per quanto si pianifichi, per quanto si crescano a dismisura il numero e l'efficacia degli uomini e mezzi impiegati, il rischio permarrà sempre e si tratterà di un rischio molto forte.

Analizziamo con calma il perché di questa pessimistica affermazione, anche per decidere poi su tale base quale possa essere il modo migliore per fronteggiare, se del caso, l'emergenza.

Avversari sfuggenti e opportunisti
È chiaro come per compiere un attentato occorrano sostanzialmente tre elementi , vale a dire un obiettivo da colpire, uno o più terroristi che si incarichino dell'atto e infine i mezzi per condurlo a buon fine.

Per quanto riguarda il primo di questi tre fattori la vera difficoltà per un commando del sedicente Stato islamico in una società vulnerabile come la nostra consisterebbe soltanto nella scelta tra possibili obiettivi troppo numerosi.

Già in passato, in occasione di attacchi in altre parti del mondo, la fantasia della nostra stampa si è sbizzarrita nell'individuare eventuali bersagli. Si è parlato così di bacini dell'acquedotto da avvelenare con il ricino od altri prodotti velenosi, di aerei dirottati da lanciare contro bersagli significativi, di aggressivi chimici da attivare in metropolitana, di cyber-attacchi che sconvolgano il traffico ferroviario, di attentatori suicidi che si facciano esplodere allo stadio. In una lunga elencazione che, per quanto si faccia, non riuscirà mai ad essere esaustiva.

Appare quindi vana la speranza che le forze dell'ordine riescano a garantire a tutti i potenziali obiettivi un livello di protezione totale e permanente. Si limiteranno invece a sorvegliare in permanenza soltanto quelli considerati più a rischio, perché maggiormente significativi, limitando a controlli saltuari, di periodicità irregolare la cura degli altri.

Quanto agli elementi da infiltrare sul nostro territorio, le difficoltà per la centrale terroristica risulterebbero veramente minime, specie nelle circostanze internazionali che stiamo vivendo. Da un lato infatti ci sono i migranti dal sud che, ondata dopo ondata, hanno finito col saturare non soltanto i sistemi di controllo italiani ma anche quelli di Paesi di norma molto meglio organizzati di noi. Si tratta di una condizione di cui tanto l'Is quanto altri movimenti del genere possono avere già approfittato per infiltrare elementi indesiderabili.

L'altra grande strada potrebbe essere quella degli "overstayers", cioè di coloro che entrati con un regolare visto turistico non ripartono più alla sua scadenza. Per assurdo l'Anno Santo potrebbe addirittura accrescere il rischio che tale eventualità si verifichi. Una richiesta di pellegrinaggio a Roma, un visto che lo Stato italiano non può rifiutare - e che magari viene apposto su un passaporto falso concesso da qualche stato compiacente - e per il terrorista il gioco è fatto.

E infine, se pure ci fossero reali difficoltà ad introdurre terroristi nel nostro Paese, i luttuosi episodi della stazione di Madrid, della Metropolitana di Londra, di Charlie Hebdo a Parigi, dimostrano chiaramente quante poche difficoltà abbia l'estremismo di un certo tipo a reclutare localmente.

Da ultimo, i mezzi da usare, su cui non ci si dilunga considerato quanto essi possano essere svariati, spaziando dal computer all'aggressivo chimico, dai composti per l'agricoltura utilizzati per fare esplosivi ai piccoli aerei o droni telecomandati.

Si ritiene però opportuno ricordare come in tempi relativamente recenti l'intera area adriatica sia stata interessata per circa un decennio da una guerra che la ha letteralmente inondata con una impressionante massa di armi e come in tempi più recenti la caduta del Colonnello Gheddafi abbia lasciato senza responsabili controllori un arsenale estremamente sofisticato ed aggiornato i cui pezzi più pregiati sono da tempo in vendita ai migliori offerenti.

È necessario coinvolgere tutti
In simili condizioni la sicurezza totale, pur restando un obiettivo da perseguire con ogni possibile sforzo, non può essere garantita. Bisogna essere consapevoli che rimarrà sempre un forte rischio residuale. Che fare allora per affrontare nel migliore dei modi una simile situazione?

Il primo passo è indubbiamente quello di creare una matura e partecipata consapevolezza collettiva, smettendola di alimentare illusioni di possibile invulnerabilità ed informando invece con chiarezza dei rischi reali, magari con gradualità, per non creare panico, l'opinione pubblica.

Il secondo consiste nello spiegare che la sicurezza collettiva è un obiettivo cui tutti debbono per la loro parte contribuire, senza lasciarne la cura soltanto a intelligence e forze dell'ordine. Il caso dei passeggeri intervenuti con successo a sventare un attentato sul Tgv francese è esemplare!

In terzo luogo bisogna prepararsi ad affrontare con forza e senza panico eventuali situazioni di tensione o addirittura di caos. Dopo l'attentato alla metropolitana di Londra, i soccorsi furono molto facilitati dal comportamento ordinato della folla presente nell'area.

Infine occorre ricordarsi in ogni momento come il modo migliore di reagire all'estremismo armato sia quello di dimostrare ai terroristi come per quanto essi facciano non riusciranno mai ad indurci a cambiare i nostri valori, le nostre regole, il nostro modo di vita. Quindi "business as usual"! Lo abbiamo fatto con le Brigate Rosse e le abbiamo sconfitte. Perché non dovremmo avere la stessa forza con le frange terroristiche dell'estremismo islamico?

Giuseppe Cucchi, Generale, è stato Rappresentante militare permanente presso la Nato e l’Ue e Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3177#sthash.V35059sy.dpuf

mercoledì 23 settembre 2015

Da un dato positivo ad un dato inquietante: la produzione Wolkswagen

INQUINAMENTO:  LA WOLKSVAGEN LEADER MONDIALE NELLA VENDITA DELLE AUTO. 
Lo scorso 30 luglio è stato comunicato che la Wolkwagen con una vendita pari a 5, 04 milioni di auto vendute aveva battuto per la prima volta la Toyota che ne aveva vendute 5, 02 milioni. . La Wolkswagen ipotizzava di anticipar di tre anni il target, fissato per il 2018di diventare il leader mondiale delle quattro ruote. Con l’incognita del mercato cinese, sempre più incerto. La General Motors che non ha ancora comunicato i suoi dati, prevede che resterà al di sotto dei 5 milioni di auto vendute. 
La notizia del 21 settembre 2015 che oltre 11 milioni di veicoli Wolkswagen  sono con dati antinquinamento truccati.
Questo compromette tutto e apre scenari inquietanti su tutto il settore automobilistico, con ripercussioni sulla economia tedesca ed anche europea con vantaggi evidenti per la concorrente giapponese ed americana, anche in vista della conferenza sul clima che si terrà a Parigini a fine anno



Massimo Coltrinari

giovedì 17 settembre 2015

SEMPRE MENO ACQUA NEL MONDO


In un rapporto della agenzia statunitense NASA, basato su uno studio decennale, il livello di oltre la metà delle maggiori falde acquifere mondiali sta scendendo ben oltre i limiti di guardia. Le falde acquifere prese in esame forniscono il 35% di acqua usato dalla popolazione mondiale. A fronte di ciò la domanda di acqua è in aumento a causa delle siccità.

Gli scienziati della Nasa sottolineano che osservando le immagini satellitari ben venti delle 35 falde acquifere osservate in utti i continenti, hanno oltrepassato il punto critico di sostenibilità, cioè il momento dal quale si preleva più acqua di quanta non torni ad alimentarla

Di fonte ONU la notizia, a margine della giornat modiale per la lotta alla desertificazione ed alla siccità, che cambiamenti climatici e uso non sostenibile del suolo, contribuiscono al declino delle risorse idriche, e come prima conseguenza, si perdono ogni anno dodici milioni di etteri di suolo agricolo

Massimo Coltrinari

lunedì 7 settembre 2015

Immigrazione: un inizio di inversione di tendenza

L'Ue e la crisi
Immigrazione: il merito di Angela Merkel
Fulvio Attinà
01/09/2015
 più piccolopiù grande
Sono trascorsi quasi due anni dalla decisione del governo Letta di lanciare Mare Nostrum: per salvare naufraghi, anche se migranti illegali, in ottemperanza a principi umanitari e norme di diritto internazionale - obiettivo, nonostante la perdita di vite umane, riuscito -; e per colpire il traffico di esseri umani - obiettivo quasi fallito, per il quale è necessaria la cooperazione giudiziaria multilaterale.

Il governo italiano ha agito in totale dissenso dai governi – incluso quello tedesco - e dalle istituzioni Ue che negavano la doppia natura del flusso di persone nel Mediterraneo: umanitaria, trattandosi di fuga da guerre, persecuzioni e povertà, e migratoria, trattandosi di persone in cerca di lavoro, ma senza il permesso di ingresso.

Il 26 agosto scorso, davanti ai massicci arrivi attraverso i Balcani e non più solo il Mediterraneo, né per colpa di Mare Nostrum, la cancelliera Angela Merkel ha sospeso l’applicazione della convenzione di Dublino nel suo Paese concedendo asilo ai profughi siriani e ha definito il problema migratorio il problema più grosso dell’Europa. Finalmente!

Le posizioni europee
Siamo, però, lontani da un’inversione di rotta. Nel 2013, all’inizio di Mare Nostrum, l’Ue e i suoi governi sostenevano che per diritto internazionale e dell’Unione (a) la sorveglianza dei confini è responsabilità del singolo Stato, eventualmente coadiuvato da agenzie Ue; (b) il soccorso e salvataggio in mare è responsabilità dello Stato costiero; (c) il controllo degli stranieri all’interno di uno Stato è responsabilità del suo governo.

Offrivano, comunque, il supporto dell’Unione sui primi due punti, se era soddisfatto il terzo, in linea con le posizioni tradizionali che consistevano nel negare la necessità di misure eccezionali, lasciare agli Stati la responsabilità del controllo degli ingressi e firmare accordi con Paesi di origine dei flussi offrendo aiuti economici in cambio delle riammissioni operate da Frontex.

Nell’ottobre 2014, le cose sono cambiate ma non molto. Riconosciuto il dovere umanitario di salvare i naufraghi anche se migranti illegali, e riconosciuti i costi sopportati dall’Italia nell’opera di soccorso umanitario che gli altri avevano rifiutato, l’operazione europea Triton ha sostituito (ma non proprio!) Mare Nostrum.

La Commissione europea, inoltre, ha proposto il sistema delle quote per dare all’Unione la responsabilità di sistemare un buon numero di aventi diritto all’asilo, ma fino ad oggi la proposta è stata sabotata dai governi.

Tendenze globali e fattori di spinta
Nella narrativa dominante, l’afflusso di migranti è un evento occasionale da fronteggiare con le consuete misure di controllo dei confini e dell’immigrazione.

Il fenomeno, però, è mondiale. Golfo Persico, Oceano Pacifico, America sono sotto l’impatto di fattori di spinta riconducibili alle tendenze globali di quattro settori sociali.

Nel settore economico le regole del mercato causano e causeranno a lungo disoccupazione nel Global South, mentre le economie avanzate, seppure battute da crisi, conservano prosperità e welfare.

Nel settore tecnologico, i mezzi di trasporto e soprattutto i nuovi mezzi di comunicazione gonfiano il movimento delle persone e disseminano informazioni sulle rotte verso i Paesi nei quali esistono opportunità di lavoro e welfare.

Trasporti veloci e comunicazioni elettroniche sono ancora più importanti perché riducono i costi umani del distacco dal Paese d’origine dando ai migranti l’opportunità di conservare la propria identità culturale nei paesi stranieri ed essere agenti di transnazionalismo veicolando nei due sensi pratiche e costumi.

Nel settore delle relazioni sociali, l’afflusso di persone di altre culture apre la sfida del multiculturalismo, ostacolato dai Paesi che rifiutano di trasformarsi in società multiculturali.

Cambiamenti rilevanti sono causati anche dalla crescita demografica in Africa, Centro e Sud America e Asia sud-occidentale e dalla flessione demografica in Europa, Australia e Nord America.

Nel settore della politica, infine, l’ideologia e la pratica dei diritti umani sostengono l'aspettativa di condizioni di vita dignitosa e lavoro in Paesi diversi da quello di nascita supportati concretamente dai programmi delle Nazioni Unte e delle organizzazioni non-governative.

Alle tendenze globali si aggiungono fattori locali di spinta. L’assenza di Stato in larghe aree dell’Africa causa povertà, corruzione, persecuzioni, violenza, inquinamento, insicurezza e spinge larghe masse a lasciare il proprio Paese. In Africa e in altre aree, guerre interne e internazionali crudeli e prolungate sono un altro incentivo a emigrare.

Gli accordi europei
In questo scenario, gli accordi all’interno dell’Ue lasciano dubbiosi. Il blocco dell’immigrazione illegale e le riammissioni trascurano i fattori di spinta che richiedono nuove regole sull’attraversamento dei confini e il trattamento dello straniero.

Gli accordi di riammissione sono piuttosto inutili perché i Paesi d’origine hanno difficoltà ad attuare il capacity-building del controllo dei confini che l’Ue propone, e molti riammessi emigrano nuovamente sotto l’effetto dei fattori di spinta.

Esternalizzare l’accoglienza aiutando Paesi delle aree di crisi a gestire campi profughi è molto discutibile perché i campi sono già sovrappopolati e al di sotto degli standard umanitari. Estendere la cooperazione allo sviluppo è cosa buona ma non risolve i problemi di oggi.

Ben venga, infine, l’ipotesi di rivedere il regime europeo di concessione dell’asilo che viola i diritti dei richiedenti oltre che i desideri di molti di loro e di alcuni governi europei. Insomma, riconosciuta la superiore qualità del problema migratorio, sono necessarie misure in linea con le tendenze globali e i fattori di spinta.

In cerca di risposte
Cosa può fare l’Europa? Se ammette di non avere le capacità di agire sui fattori di spinta, può almeno aggiornare le misure esistenti sui confini e sull’immigrazione adeguandole alle condizioni prodotte dalle tendenze globali.

Poiché violenza e povertà sono alle radici dei flussi migratori, domandiamoci se questa Ue è capace di smorzare guerre e conflitti con azioni diplomatiche e militari efficaci e di porre fine alla disoccupazione nei Paesi poveri.

Poiché il mondo intero deve fare i conti con le tendenze globali, dobbiamo pensare anche a una riorganizzazione degli Stati per risolvere problemi come mobilità umana, crescita demografica e disoccupazione che passano sopra i confini di ognuno di essi.

Fulvio Attinà, professore di Scienza Politica nell’Università di Catania, attualmente dirige progetti H2020 e d’Ateneo sul problema migratorio.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=3155#sthash.kWOdjgZ0.dpuf

sabato 5 settembre 2015

Un progetto IAI - EDISON

Energy Union Watch

Lo IAI, in collaborazione con Edison, lancia il progetto Energy Union Watch,
con una pubblicazione trimestrale per analizzare e stimolare il dibattito
sulle grandi priorità della Commissione europea

L’Energy Union, una delle più importanti e ambiziose iniziative lanciate dalla Commissione Juncker, definisce le dimensioni prioritarie per la politica energetica europea, identificando quindici punti d’azione e oltre quaranta iniziative per raggiungere l’obiettivo di assicurare ai cittadini e alle aziende europee un’energia più sicura, sostenibile e competitiva.
Le decisioni e le azioni intraprese nell’ambito dell’Energy Union contribuiranno in modo significativo a determinare il ruolo dell’Unione europea in ambito energetico e l’impatto dell’azione di Bruxelles sulla sovranità dei singoli stati membri in materia e sull’attività delle società operanti nel settore energetico, nonché sulla competitività economica dell’Europa e sul benessere dei suoi cittadini.
Il progetto dello IAI Energy Union Watch offre un monitoraggio costante delle attività delle istituzioni europee, in particolare della Commissione, ma anche del Consiglio e del Parlamento europeo sul tema dell’Energy Union. Viene inoltre seguito il dibattito tra i diversi stakeholders, sia a livello nazionale che in ambito europeo, sull’evoluzione istituzionale dell’Energy Union e sulle priorità d’azione. Infine, attraverso analisi, commenti e policy recommendations, il progetto mira a contribuire alla sensibilizzazione degli attori istituzionali e dei principali stakeholders sul tema dell’Energy Union, anche alla luce delle prospettive e degli interessi nazionali in gioco, ponendo grande enfasi sui progetti strategici, con un’attenzione particolare al Mediterraneo e al ruolo dei nuovi sviluppi nel Mediterraneo dell’Est nonché dei produttori storici.
Il progetto – che coinvolge i principali think tanks europei che si occupano del tema dell’Energy Union - include la pubblicazione di un documento trimestrale in lingua inglese che, a partire da oggi, viene distribuito anche ai maggiori interlocutori istituzionali europei, nonché l’organizzazione di eventi pubblici miranti a favorire la riflessione sui contenuti tratti dal Watch di particolare importanza per il dibattito nazionale ed europeo.

mercoledì 2 settembre 2015