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sabato 31 dicembre 2016

venerdì 23 dicembre 2016

Rapporti tra NATO e UNIONE Europea

Cooperazione Nato-Ue
Ancora tanta la strada da fare dopo il vertice di Varsavia 
Alessandro Marrone
02/01/2017
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I rapporti tra Nato e Unione europea, Ue, ricordano un po’ quelli tra due uomini di mezza età che competono per l’attenzione delle stesse donne, ovvero le capitali dei Paesi europei membri di entrambi le organizzazioni, nel campo della sicurezza e difesa.

Il beauty contest tra due attori diversi
La Nato è arrivata prima e gode dell’appeal di un carattere forte come quello statunitense, capace solitamente di imporre una linea e prendere decisioni - anche a volte sbagliando - di fronte al cambiare del contesto internazionale e delle sfide alla sicurezza euro-atlantica.

L’Ue, dopo la falsa partenza della Comunità europea di difesa, si è affacciata più recentemente e timidamente in questo campo, cercando di costruirsi un suo fascino puntando sul mix civile-militare, sconosciuto alla Nato, e su un approccio più soft volto a mettere insieme i vari pregi di un attore complesso come l’Unione.

Negli anni ’90 e 2000 si è parlato ironicamente, e non a sproposito, di un beauty contest tra due attori che cercavano di dimostrare le loro capacità e successi nei confronti della stessa platea di capitali, con una certa freddezza reciproca che a tratti sfociava nella rivalità aperta.

Raccontata così la storia dei rapporti Nato-Ue potrebbe far sorridere, se dietro il beauty contest non ci fossero motivazioni geopolitiche molto serie.

La geopolitica di Alleanza e Unione
La ratio dell’Alleanza è stata, ed in buona parte lo è ancora, legare in una pace durevole tre poli in precedenza autonomi e spesso in guerra tra loro: il nord America e gli Stati Uniti in primis, gli europei che di guerre fratricide hanno riempito i libri di storia e la Turchia musulmana, ma non islamista, figlia di Ataturk.

Altrettanto connaturata alla ragion d’essere Nato era l’esigenza di difendersi dal comune nemico sovietico, di nuovo fortemente sentita dopo l’annessione della Crimea da parte russa e la rinnova aggressività di Mosca. Un compito importante, ma non essenziale è stato invece nel periodo post-Guerra Fredda la gestione delle crisi nel vicinato dei Paesi membri, vedasi Balcani, o in relazione alla lotta al terrorismo islamico, come in Afghanistan e più di recente in Iraq.

L’Unione viceversa si è affacciata nel campo della sicurezza e difesa proprio partendo dalla gestione delle crisi, in Africa, Medio Oriente e Asia, visto che lì poteva dare un valore aggiunto e servire gli interessi di sicurezza dei Paesi membri. Infatti la difesa collettiva era lasciata in buone mani Nato, specie in un periodo post-Guerra Fredda in cui la Russia era considerata dai più un partner e non una minaccia, e la pace tra i Paesi europei era assicurata da un lato dall’egemonia militare Usa e dall’altra dall’integrazione economica europea.

Proprio l’integrazione europea ha creato degli interessi comuni, dalla stabilizzazione dei Balcani occidentali alla lotta alla pirateria, dall’affrontare alcune crisi in Africa non di interesse Nato al più recente controllo dei confini Ue rispetto alla pressione migratoria, ed il necessario contesto politico-istituzionale - incluso il Trattato di Lisbona - per un maggiore ruolo dell’Ue nel campo della sicurezza e difesa.

Ruolo in teoria facilitato dalla maggiore omogeneità dei Paesi membri, che non comprendono né superpotenze come gli Usa né grandi stati musulmani come la Turchia, ma in realtà complicato dalla divergenza di politica estera tra poche medie potenze di peso economico, demografico e militare tutto sommato comparabile, e non così maggiore rispetto ad altri stati più piccoli che hanno voce in capitolo nelle istituzioni Ue. Tale complicazione ha pesato sull’elaborazione della EU Global Strategy che nonostante ciò ha rafforzato il ruolo dell’Ue con una visione complessiva articolata e ambiziosa.

Vertice di Varsavia e cooperazione Nato-Ue
Due profili dunque diversi, in parte sovrapposti e in parte complementari, che hanno visto Nato e Ue oscillare tra collaborazione - vedasi gli accordi di Berlin Plus nel 2003, e la buona cooperazione sul campo in molte missioni - e rivalità, anche sull’onda degli altalenanti rapporti tra Stati Uniti e Francia e della mai risolta questione turco-cipriota.

Il pendolo nel 2016 è oscillato nettamente verso la collaborazione, con la dichiarazione congiunta Nato-Ue firmata al vertice di Varsavia di luglio che individuava sette aree di cooperazione e incaricava i rispettivi staff e le istituzioni di proporre azioni concrete al riguardo.

Tra i motivi di questa accelerazione cooperativa vi è anche il fatto che negli ultimi anni i governi dei Paesi membri di Nato e Ue sono diventati più insoddisfatti delle prestazioni di entrambi gli attori, specie su questioni che impauriscono l’elettorato europeo, come terrorismo e crisi migratoria, tanto da metterne in dubbio la rilevanza – vedasi Brexit, Trump, e non solo.

Di fronte al rischio di perdere d’interesse agli occhi delle capitali, Nato e Ue sembrano aver messo da parte ogni velleità di beauty contest e aver compreso che insieme possono servire meglio i propri azionisti e finanziatori e quindi continuare a contare.

Se questa è la strada tracciata a luglio, cinque mesi dopo i passi in avanti sono stati modesti. Le azioni congiunte approvate rispettivamente dal Consiglio Nord Atlantico e dal Consiglio europeo a dicembre 2016 riguardano soprattutto lo scambio d’informazioni e analisi, i contatti a livello di staff, la consultazione sullo sviluppo di capacità militari, una serie di esercitazioni coordinate, la costituzione di gruppi di lavoro tra i rispettivi centri di eccellenza (ad esempio sulla “guerra ibrida”), e ulteriori mandati e scadenze per forzare le rispettive “macchine” diplomatico-militari a lavorare insieme.

Nel complesso, un risultato senza dubbio positivo e non scontato, in buona parte frutto dell’impegno bottom-up degli addetti ai lavori, che sembra seppellire una rivalità ormai obsoleta, ma che non rappresenta quel cambio di passo top-down necessario per rispondere alle sfide del quadro di sicurezza attuale e alle paure dei cittadini occidentali.

Cambio di passo che non c’è stato anche perché sia Nato che Ue devono ancora verificare le conseguenze della presidenza Trump e attendere gli esiti delle elezioni francesi e tedesche nel 2017.

Per tornare alla metafora iniziale, i due attori non più rivali hanno offerto alla platea di dame nella varie capitali, esigenti ed esitanti, ciò che di buono potevano offrire, e starà ora alle nuove (o vecchie) leadership nazionali rispondere e decidere cosa farne. Come in certi rapporti di coppia, alla fine l’uomo propone e la donna dispone.

Alessandro Marrone, Responsabile di Ricerca Programma Sicurezza e Difesa; Twitter @Alessandro__Ma.

giovedì 22 dicembre 2016

Un campo tutto da scoprire: cyberspace


Dati elettronici, terrorismo e indagini criminali 
Tommaso De Zan
20/12/2016
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Fra gli addetti ai lavori, che a voler essere sinceri non sono moltissimi, sembra non si parli d’altro. In questi mesi si sono susseguite varie ed importanti conferenze, rilevanti fatti di cronacasentenze con possibili ripercussioni internazionali e processi di riforma nel tentativo di regolare una problematica tanto importante quanto complessa.

Parliamo della cooperazione giudiziaria internazionale per l’accesso a dati elettronici nel contesto di indagini criminali, che in termini anglofoni è indicato con l’espressione cross-border data requests. Che cosa si intende?

Cross-border data requests
Oggigiorno è ampiamente risaputo che criminali e organizzazioni terroristiche scientemente utilizzino rete e strumenti Ict per raggiungere i loro scopi delinquenziali. Questo comporta che essi lascino tracce digitali più o meno evidenti delle loro azioni criminali su sistemi informatici e in Rete.

La cosiddetta prova digitale, ovvero la prova di natura elettronica che può essere utilizzata a fini probatori durante un processo penale, sta quindi assumendo un’importanza crescente per perseguire tutti i tipi di crimini, non solo quelli informatici.

Attualmente, si può affermare senza particolari rimorsi che il sistema di cooperazione internazionale giudiziaria riguardante lo scambio di prove digitali fra autorità nazionali competenti non sia adatto a garantire un’ efficace azione di persecuzione dei crimini che vengono commessi per mezzo di strumenti Ict e il web. Quali sono queste problematiche?

Innanzitutto va considerata la natura senza confini di internet, che fa sì che un dato con possibile valore probatorio possa passare da uno stato all’altro nell’arco di pochissimi secondi ed essere conservato in server dislocati anche in continenti diversi.

La conseguenza è che, per esempio, la vittima e l’indagato possono essere italiani, il crimine può essere stato “commesso” in Italia, ma la prova digitale si trovi nei server di Facebook negli Stati Uniti. In tale situazione, per poter ottenere la prova digitale del reato in questione, le autorità italiane devono fare richiesta alle autorità statunitensi attraverso lo strumento della rogatoria internazionale.

È cosa nota che queste rogatorie siano, e non solo fra Italia e Usa, lente e complesse. Per superare questo scoglio, spesso le autorità nazionali hanno richiesto l’invio di queste prove digitali direttamente ai fornitori di servizi internet come Facebook e Google.

Il problema è che questi fornitori, pur offrendo i loro servizi ovunque proprio per la natura senza confini di internet, solitamente devono seguire la legge del Paese dove si trova la loro sede legale, che spesso e volentieri è diverso da quello delle autorità richiedenti la prova digitale. Ne consegue che non sempre sono nelle condizioni per poter soddisfare le esigenze investigative delle varie autorità nazionali senza infrangere la legge del Paese dove hanno la propria sede.

A giugno di quest’anno il Consiglio dell’Unione europea (Ue) ha chiesto alla Commissione di proporre delle soluzioni comuni da adottare per risolvere questo caos.

Un recente rapporto dell’Istituto Affari Internazionali, discusso a Bruxelles in una conferenza organizzata in collaborazione con il Ceps, si è posto come obiettivo di fornire delle soluzioni concrete a queste problematiche.

La giurisdizione nello spazio cibernetico
Il rapporto ha messo al primo posto la questione della determinazione e dell’imposizione della giurisdizione nello spazio cibernetico. Secondo gli autori, si dovrebbe passare dall’attuale approccio basato sull’oggetto - è il luogo dove si colloca la prova digitale che determina quale autorità nazionale abbia la legittimità di chiedere al fornitore di servizi di fornire tale prova - ad uno basata sul soggetto - è l’autorità nazionale del Paese di residenza abituale della persona di cui si richiedono i dati, sia essa la vittima o l’indagato, che ha la legittimità di chiedere al fornitore di servizi la prova digitale necessaria per mandare avanti le indagini.

In primo luogo, questo cambiamento permetterebbe che, in casi come quelli descritti sopra, non siano le autorità nazionali di Paesi che hanno poco a che fare con le indagini a dover determinare la disponibilità o meno della prova digitale. In secondo luogo, che Paesi terzi non possano accedere maniera indiscriminata ai dati di cittadini a cui non avrebbero accesso nel mondo fisico, come si teme dopo le rilevazioni fatte da Edward Snowden.

Prova digitale e fornitori di servizi, alla ricerca di definizioni comuni
In secondo luogo, il rapporto sostiene l’adozione di definizioni comuni e condivise di “prova digitale”, “fornitori di servizi”, che dovrebbe includere anche i cosiddetti fornitori Over-The-Top come Facebook, Youtube e Instagram, e “offrire i propri servizi in Europa”, di modo da creare la base legale secondo la quale questi fornitori dovrebbero rispettare le richieste di invio di dati provenienti dalle autorità nazionali competenti.

Queste novità potrebbero essere attuate abbastanza agevolmente nell’Unione europea attraverso un processo legislativo comune. Tuttavia, è necessario che anche negli Stati Uniti, che sono lo stato sotto la cui giurisdizione si trovano i fornitori di servizi che hanno il controllo della maggior parte dei dati in questione, si debba insistere per promuovere certi cambiamenti legislativi.

In particolare, come dimostrato da recenti iniziative quali l’International Communications Privacy Act (ICPA), anche oltre oceano sembra ci siano le condizioni per apportare delle modifiche ai principi imposti dall’Electronic Communications Privacy Act (ECPA), e permettere così ai fornitori di servizi la trasmissione di dati alle autorità nazionali europee nel contesto di indagini criminali.

Dal rapporto intermedio della Commissione, che dovrà presentare i suoi risultati finali entro giugno 2017, si evince che siano molte le possibilità al vaglio delle autorità europee.

Al di là delle soluzioni che verranno adottate, è importante che il processo decisionale continui a coinvolgere un ampio gruppo di attori rilevanti che, una volta stabilite le nuove regole, sia disponibile a lavorare congiuntamente con l’obiettivo di garantire la privacy e la sicurezza online dei cittadini, senza gli strilli e gli schiamazzi che hanno finora caratterizzato il dibattito in materia.

Tommaso De Zan è Assistente alla ricerca presso l'Area Sicurezza e Difesa dello IAI (Twitter @tdezan21).

venerdì 9 dicembre 2016

mAncora difficoltà sull'immigrazione

Immigrazione
La ricollocazione non decolla … e c’è chi torna indietro
Bianca Benvenuti
05/12/2016
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L’entrata in vigore del discusso accordo di cooperazione tra la Turchia e l’Unione europea, Ue, per fermare il flusso di migranti irregolari lungo la rotta balcanica ha aggravato il sistema di recezione dei richiedenti asilo in Grecia, un Paese già condannato dalla Corte di Strasburgo nel 2011 per le degradanti condizioni di accoglienza.

In 60 mila attendono il completamento del processo di richiesta asilo nel Paese, di cui 13 mila vivono nelle isole del Mar Egeo, bloccati dal sopracitato accordo in campi fatiscenti. Dal canto suo, il governo greco lamenta di essere stato lasciato solo dall’Ue e da quegli stati membri che hanno esposto l’esistente crisi di solidarietà rifiutandosi di accogliere alcuni dei migranti ospitati in Grecia.

I Paesi del nord non assolvono le loro responsabilità
Una delle prime e più discusse misure Ue per contrastare la cosiddetta crisi migratoria è stato il piano di ricollocazione di 160 mila richiedenti asilo, che, secondo un sistema di quote, avrebbe dovuto diminuire la pressione sui Paesi ai confini dell’Unione, distribuendo i migranti tra gli stati membri.

Secondo la decisione del Consiglio europeo del settembre 2015, la Grecia avrebbe dovuto beneficiare del ricollocamento di 66.400 richiedenti asilo in due anni, ma ad oggi poco più di 5 mila persone sono state effettivamente trasferite, numeri ben lontani dall’obiettivo della Commissione di trasferire 6 mila migranti al mese.

Il meccanismo di ricollocazione è partito con estrema lentezza a causa dell’opposizioni di alcuni stati membri: la più chiassosa è stata quella del Primo Ministro ungherese Viktor Orbàn, che si è spinto fino a promuovere un referendum, che non ha raggiunto il quorum, per dimostrare l’opposizione del popolo ungherese al piano di Bruxelles e mettendo il discussione la supremazia del diritto comunitario su quello nazionale.

Anche gli altri Paesi del gruppo Visegrad - Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia - si sono uniti al coro di proteste contro questa misura, proponendo un alternativo sistema basato sulla “solidarietà flessibile”.

Dall’altra parte dello schieramento, Italia e Grecia sono sempre più risolute nel denunciare la grave mancanza di solidarietà sulla gestione dei profughi. Yannis Mouzales, ministro greco per le politiche migratorie, ha recentemente esortato la Commissione ad un maggiore impegno, appoggiando al contempo la proposta del Primo Ministro Italiano Matteo Renzi di imporre sanzioni sugli stati che rifiutano di accogliere migranti.

Non è tuttavia chiaro in che modo tali “multe per poca solidarietà” potrebbero contribuire alla risoluzione della questione, mentre è evidente produrrebbero una disparità di trattamento tra gli stati che possono e quelli che non possono permettersi di pagare.

Discriminazioni tra i migranti
Gli ostacoli alla buona riuscita del piano non sono solo di natura politica. Oggi, in Grecia sono tre le alternative a disposizione dei richiedenti asilo presenti sul territorio: restare in Grecia, essere deportati in Turchia o nei loro Paesi d’origine o riuscire ad andare verso un altro Paese dell’Ue.

Per quest’ultima e più desiderata opzione, il migrante può far richiesta di ricongiungimento familiare, posto che abbia un familiare di primo grado in un altro Paese membro, o sperare nella ricollocazione. Atene non tiene il passo e la sua arrugginita macchina burocratica arranca nei vari iter burocratici, determinando una diluizione nei tempi di permanenza dei migranti in Grecia.

Ad esempio, la procedura di ricollocazione dovrebbe svolgersi entro due mesi da quando gli Stati comunicano la disponibilità di posti, ma nella realtà ci sono migranti che aspettano anche sei o sette mesi in appositi centri d’accoglienza.

La tempistica è motivata anche dal fatto che i Paesi membri che danno disponibilità di posti per la ricollocazione hanno la possibilità di valutare caso per caso ed eventualmente negare il trasferimento, senza dover motivare tale scelta.

A peggiorare ulteriormente la situazione, secondo dati del governo greco, un migrante su sette ha rifiutato di trasferirsi o ha abbandonato il programma, un rifiuto definito oltraggioso e inaccettabile dal Presidente della Commissione Jean-Claude Junker.Molti richiedenti asilo sono riluttanti a trasferirsi in Paesi considerati poveri, o hanno paura di finire lontani da amici e parenti, in una nazione di cui non conoscono neanche la lingua.

Questo dato nasconde uno dei limiti più evidenti del sistema, che non tiene conto delle preferenze dei migranti. Inoltre, la procedura di ricollocazione è aperta per persone appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione è pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat, al momento solo siriani ed eritrei.

Questa norma ha aggravato il clima di discriminazione tra nazionalità di migranti, con i siriani avvantaggiati e altre nazionalità, come quella afgana, cui viene negato di beneficiare di eguali opportunità.

Violenza nelle isole greche
Secondo Dora Oikonomou, responsabile del progetto per il ricollocamento di Praksis (una sorta di Caritas nostrana), alcuni dei richiedenti accolti presso le strutture dell’associazione hanno deciso di tornare illegalmente in Turchia dopo che la loro richiesta di ricollocamento era stata rigettata dal paese membro dell’Ue o dopo essere stati accettati da alcuni Paesi, quali la Romania o la Bulgaria.

Il fenomeno di traffico di essere umani “al contrario”, cioè verso la Turchia invece che verso l’Europa, non è ancora ben documentato, ma sono in aumento le persone che decidono di perseguire questa strada.

Mentre sono sempre più evidenti i limiti della procedura di ricollocazione, la Grecia continua ad impegnarsi nella buona riuscita dell’accordo Ue-Turchia, costringendo nelle isole, ormai trasformatesi in carceri a cielo aperto, tutti i migranti arrivati dopo il 20 di marzo.

I recenti attacchi contro i campi nell’isola di Chios dimostrano che la situazione è incandescente e rischia di esplodere da un momento all’altro, se non si trovano soluzioni di lungo periodo. Con l’accordo in bilico a causa del raffreddamento nelle relazioni Ue-Turchia, potremmo presto sentire parlare di una nuova crisi e la Grecia si troverebbe proprio tra l’incudine e il martello.

Bianca Benvenuti è visiting researcher allo IAI.

giovedì 1 dicembre 2016

Università Cusano.


Master di I Livello  "Antiterrorismo Internazionale"
Insorgenza (insurgency) e controInsorgenza (counterinsurgency). Guerra e Conflitti


British Army Field Manual 
Volume 1 Part 10
Countering Insurgency

GLOSSARY

AAST All-Arms Search Team
ABCA A program aimed at optimizing interoperability between
member armies (USA, UK, Canada, UK and New Zealand on
combined operations
ACQB Advanced Close Quarter Battle
ADP Army Doctrine Publication
AFM Army Field manual
AH Attack Helicopter
AII Area of Intelligence Interest
AIR Area of Intelligence Responsibility
ANA Afghan National Army
AO Area of Operations
AOCC Air Operations Co-ordination Cell
AOR Area of Operational Responsibility
AP Additional Protocol, Air Publication
APOD Airport of Debarkation
AQI Al Qaeda in Iraq
ARF Armed Reactionary Force
AT Air Transport
ATC Air Traffic Control
ATO Ammunition Technical Officer
BDA Battle Damage Assessment
BG Battlegroup
BGIC Battlegroup Influence Coordinator
BSC Brigade Surveillance Company
DfID Department for International Development
C-IED Counter-IED
C2 Command and Control
C3 Command, Control and Communication
CAS Close Air Support
CASEVAC Casualty Evacuation
CBE Commander of the Order of the British Empire
CCA Close Combat Attack
CCT Combat Camera Team
CFA Commander Field Army
CI Counter Intelligence
CIMIC Civil-Military Cooperation
CIS Communications and Information System
CMD Conventional Munitions Disposal
CN Counter-Narcotics
CNO Computer Network Operations
COA Course of Action
COE Contemporary Operating Environment
CofW Clerk of Works
CoG Centre of Gravity
COIN Counter-Insurgency
COMSEC Communications Security
CONCO Officers and NCOs in long-term continuity posts
COS Chief of Staff
CP Close Protection
CR2 Challenger 2 (tank)
CS Combat Support
CSM Company Sergeant Major
CSS Combat Service Support
CWA Consent Winning Activity
CWS Weapon Site
DCDS Deputy Chief of the Defence Staff
DCOS Deputy Chiref-of-Staff
DDR Disarmament Demobilisation and Reintegration
DEVAD Development Advisor
DISC Defence Intelligence and Security Centre
DIT Development and Influence Team
DMOC Defence Media Operations Centre
DOB Deployed Operating Base
DTIO Directorate of Targeting and Information Operations
EA Electronic Attack
EC Equipment Capability
ECM Electronic Counter Measures
EHA Enhanced House Assault
EOD Explosive Ordnance Disposal
ES Equipment Support
ESM Electronic Warfare Support Measures
EU European Union
EW Electronic Warfare
F3EA Find, Fix, Finish, Exploit, Analyse
FAA Forward Admin Area
FAP Final Assault Position
FCO Foreign and Commonwealth Office
FHT Field HUMINT Team
FLC Front Line Command
FM [US Army] Field Manual
FMV Full-Motion Video
FOB Forward Operating Base
FOC Full Operating Capability
FOM Freedom of Manoeuvre
FP Force Protection
FRAGO Fragmentary Order
FRG Federal Riot Gun
FRV Forward Rendez-Vous
FW Fixed Wing
GEOINT Geospatial Intelligence
GIRoA Government of the independent Republic of Afghanistan
GMR ?p7-15
GOC General Officer Commanding
GPS Global Positioning System
GSK ?p7-15
HMG Her Majesty’s Government
HMNVG Head-Mounted Night Vision Goggles
HN Host Nation
HQ LF Headquarters Land Forces
HUMINT Human Intelligence
HVI High-Value Individuals
IA Irregular Activity
IAI Islamic Army in Iraq
ICRC International Committee of the Red Cross
IO Information Operations
IDF Iraqi Defence Force
IED Improvised Explosive Device
IEDD Improvised Explosive Device Disposal
IER Information Exchange Requirement
IFF Identification – Friend or Foe
IMINT Imagery Intelligence
INT Intelligence
IPB Intelligence Preparation of the Battlefield
IPE Intelligence Preparation of the Environment
IR Infra-red
ISAF International Security Assistance Force
ISF Iraqi Security Forces
ISR Intelligence, Surveillance and Reconnaissance
ISTAR Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and
Reconnaissance
JARIC Joint Air Reconnaissance Intelligence Centre
JASM Joint Action Synchronisation Matrix
JDP Joint Doctrine Publication
JDN Joint Doctrine Note
JFACC Joint Force Air Component Commander
JMOT Joint Media Operations Team
JOA Joint Operation Area
JSCSC Joint Services Command and Staff College
JSP Joint Services Publication
JWP Joint Warfare Publication
KLE Key Leader Engagement
LEGAD Legal Advisor
LLM Light Laser Marker
LN Local National
LO Liaison Officer
LOAC Law of Armed Conflict
LOC Line of Communication
LWC Land Warfare Centre
M2T Monitoring, Mentoring and Training
MACE Military Assistance to Civil Effect
MASINT Measurement and Signatures Intelligence
MCB Military Capability Building
MiTT Military Transition Team
MML Manual of Military Law
MND Multi-National Division
MNF Multi-National Force
MOD, MoD Ministry of Defence
MOE Measure of Effectiveness
MoE Team Method of Entry Team
MOU Memorandum of Understanding
MP Military Police
MST Military Stabilisation Team
MSST Military Stabilisation Support Teams
NATO North Atlantic Treaty Orgnaisation
NGO Non-Governmental Organisation
NITAT Northern Ireland Training Advisory Team
NKET Non-Kinetic Effects Teams
OA Operational Analyst
OBE Officer of the Order of the British Empire
OECD Organisation for Economic Co-operation and Development
OGD Other Government Departments
OISG Operational Intelligence Support Group
OMLT Operational Liaison and Mentor Team
OOM Order of March
OPLAN Operation Plan
OpO Operation Order
OPSEC Operational Security
OS Offensive Support
OSINT Open-Source Intelligence
PDT Pre-Deployment Training
PIR Priority Intelligence Requirement
PJHQ Principal Joint Headquarters
PME Peacetime Military Engagement
PMT Project Management Team
POI Post-Operational Interview
POLAD Political Advisor
PPP Presence Posture Profile
PPV Protected Patrol Vehicle
PREE Plan, Review, Execute, Evaluate
PRR Personal Role Radio
PRT Provincial Reconstruction Team
PSE PSYOPS Support Element
PSYOPS Psychological Operations
QIP Quick Impact Project
QRF Quick Reaction Force
R&D Reconstruction and Development
R2 Reports and Returns
RAF Royal Air Force
RAND Research and Development Corporation
RE Corps of Royal Engineers
REME Corps of Royal Electrical and Mechanical Engineers
RESA Royal Engineers Search Advisor
REST Royal Engineers Search Team
RFI Request for Information
RIPA Regulation of Investigatory Powers Act 2000
RMP Royal Military Police
ROC Review of Concept
ROE, RoE Rules of Engagement
RofL Rule of Law
RUSI Royal United Services Institution
RW Rotary Wing
RZ Reconstruction Zone
SAT Systems Approach to Training
SCIAD Scientific Advisor
SF Special Forces
SI Security Intelligence
SIED Suicide IED
SIGINT Signals Intelligence
SIPE Security Intelligence Preparation of the Environment
SME Subject Matter Expert
SN Supporting Nation
SNCO Senior Non-Commissioned Officer
SOFA Status of Forces Agreement
SOI Standing Operating Instructions
SOM Scheme of Manoeuvre
SOP Standard Operating Procedure
SRM Security Risk Management
SSE Sensitive Site Exploitation
SSR Security Sector Reform
STABAD Stabilisation Advisor
SU Stability Unit
SWOT Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats
T3 Train the Trainer
TA Target Audience
TAA Target Audience Analysis
TACP Tactical Air Control Party
TCAF Tactical Conflict Assessment Framework
TCG Tasking and Coordination Group
TECHINT Technical Intelligence
TI Thermal Imager
TOBG Tactical Overwatch Battlegroups
TPT Tactical PSYOPS Team
TQ Tactical Questioning
TT Training Team
TTP Tactics, Techniques and Procedures
TST Time-Sensitive Target
UA Unmanned Aircraft
UAV Unmanned Aerial Vehicle
UKC Unspecified Child
UKF Unknown Female
UKM Unknown Male
UN United Nations
UNHCR United Nations High Commissioner for Refugees
USA Unit Search Advisor
USAID United States Agency for International Development
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