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domenica 17 luglio 2011

Un Mondo in Crisi II - L'Incertezza è l'unica cosa certa

L’incertezza è la dominante che caratterizza molti scenari geopolitici e, conseguentemente, è estremamente difficile individuarne o coglierne le linee maestre ed i trends futuri che potranno caratterizzare tali scenari.

Aumenta nel mondo la frattura che divide l’Occidente e parte dell’Oriente e dell’Estremo Oriente, che sembrano avanzare risoluti verso un aumento di benessere e coesistenza pacifica, pur in presenza della gravissima crisi economica in atto, rispetto ad un’altra parte del mondo caratterizzata da estremismi politici e religiosi che, oltre a tanti altri aspetti negativi, fomentano un devastante e sempre verde terrorismo.

Il terrorismo internazionale, soprattutto fertile in realtà disgregate ove è possibile reclutare ed addestrare nuovi adepti, costituisce la minaccia principale per la sicurezza e stabilità del globo.

Se si scende nel particolare, la questione iraniana, le tensioni pakistano-indiane, la Georgia, Gaza, che però sta scivolando lentamente nell’oblio, ed i contenziosi internazionali che rischiano di esplodere all’improvviso con pochissimi segnali premonitori, come già avveratosi nel recente passato, delineano un quadro geopolitico complesso.

Un quadro che richiede risposte che travalicano una sola funzione, come quella politica, diplomatica, militare, con crisi che si differenziano per natura, presenze statuali, organizzazioni terroristiche, aree di intervento, possibili implicazioni ed escalation.

L’integrazione degli strumenti di analisi e di allerta disponibili per comprendere le crisi e poi fronteggiarle e padroneggiarle e tenerle sotto controllo se non risolverle, è oramai fondamentale. La Comunità Internazionale, nella espressione dei massimi suoi rappresentanti deve prendere atto che non si può affrontare una qualsiasi crisi o questione se non a tutto tondo, pena non solo la non soluzione, ma l’aggravamento di essa fino alla perdita di ogni controllo su di esse

Il coordinamento di strutture militari, diplomatiche, politiche, Organizzazioni Internazionali, Regionali, sub-regionali, organizzazioni non governative di qualunque specie, è indispensabile fin dal momento in cui i responsabili iniziano ad affrontare concretamente la questione e deve essere sempre e costantemente tenuto presente, sia nella fase di stabilizzazione che di ricostruzione, il cosiddetto “Comprehensive Approach”, concetto che, una volta implementato, potrà rappresentare la vera unica chiave di volta per risolvere situazioni aggrovigliate, spesso endemiche e che ristagnano stancamente o fuori da ogni logica, mettendo a rischio l’esito dell’intervento con apertura di soluzioni indefinita.

Si affacciano all’orizzonte nuovi potenziali rischi e, quindi, nuovi interventi. Dal controllo dei flussi migratori nel Mediterraneo, al Niger, con i suoi giacimenti uraniferi che causano tensioni con i Tuareg locali; dal Darfur, caratterizzato da una crescente emergenza umanitaria, al confronto israelo-palestinese, di attualità forse un po’ sbiadita, che può riacutizzarsi da un momento all’altro, ed alla incerta situazione in Georgia in cui si misura il confronto tra la UE e la Federazione Russa, ai cosiddetti conflitti congelati ( e in gran parte dimenticati) che possono scongelarsi da un momento all’altro aggravando il quadro geopolitico generale. L’incertezza, sia sulla oggettività delle crisi e su come affrontarle è l’elemento caratterizzante la geopolitica del 2010, che deve essere avvicinata e studiata e compresa tenendo conto di questa incapacità di avere dei riferimenti certi.

Un Mondo in crisi 1

La crisi economica mondiale, che ha avuto il suo culmine nel settembre-ottobre 2008, sta disseminando incertezze, minando assetti consolidati in ogni parte del globo, intaccato l’onniscienza dei mercati e la sacralità di Wall Street e pare alterare la struttura profonda dei rapporti internazionali, cambiare la distribuzione di potenza a livello globale, e consacra la nascita di nuovi grandi attori, ad una velocità inattesa.

Il tutto, però, in una situazione profonda, magmatica e volatilità di una epoca di mezzo, di un nuovo medio evo in cui ribollono elementi di innovazione, con il persistere dei vecchi assetti. E, probabilmente, questa sensazione di vivere una età di mezzo, dove un vecchio ordine continua a tenere, seppure indebolito, ed un nuovo assetto stenta a nascere, che spinge molti ad abbandonare la certezza delle analisi, di qualsiasi genere, e, come nel buon tempo antico, armarsi di buona volontà e partire per andare a vedere “in loco” che cosa veramente sta accadendo, con in testa alcune idee guida e con l’uso di uno strumento di rilevazione basato su fonti aperte e dati oggettivi. Naturalmente non si può girare il mondo intero, ma molti dati da prendere in esame provengono da osservazioni dirette, da osservazioni dirette, non ricorrendo più a specializzazioni che spesso sono fuorvianti. Si formano, così alcune idee che si aggregano riguardo ad alcuni grandi Paesi in modo quasi epidermico, e l'immagine che si ha collide con quella formatasi nel recente passato e quindi essere ancora mantenuta, oppure corretta con gli elementi raccolti, oppure si è di fronte ad una nuova realtà non conosciuta, la S.C.O. sotto una falsa apparenza di non novità.

Può L’Europa, dopo la guerra in Georgia nell’estate del 2008, continuare ad ignorare, in chiave geopolitica 2010, la Federazione Russia come Potenza, a 18 anni dal crollo dell'URSS e continuare la sua espansione verso Oriente? Ovvero la Federazione Russa accetta l’Occidente che opera non solo nel cortile di casa ma nel proprio androne, e non prendere atto che da qualche anno Mosca lavora ad un confine occidentale della Federazione, ancora sotto costruzione, su un asse che va dalla Moldova alla Bielorussia, intesi questi due Paesi come elementi di ancoraggio su cui poggiare il vero confine, dopo che sono state chiarite molte cose con e in Ukraina?

L’India è veramente la “più grande democrazia del mondo”? Con tutte le sue contraddizioni, è plausibile credere nella sua crescita, come nuova potenza globale emergente, dominatrice e partecipe con la Cina al “secolo dell’Asia”, come potrebbe essere definito il XXI secolo. Oppure, dopo aver visto in 60 anni passare la sua popolazione da 300 milioni a circa a 1 miliardo in cui con una stupefacente ingenuità si afferma che si vuole far arrivare la popolazione fino a 1 miliardo e 600 milioni e poi fermarsi, e un progresso tumultuoso, indiscriminato che ha favorito pochi e sfruttato molti, implodere dietro ai suoi sogni di grandezza planetaria? Oppure di rimare a mezza via, nel solco della filosofia della sua maggiore religione, quella Indù, in cui tutto e già stato scritto e la volontà degli uomini non incidente sul loro destino.

Sarajevo è proprio dimenticata? Tutto è passato nel dimenticatoio, dopo che per oltre quindici anni la Bosnia e la sua capitale hanno intenerito i cuori di mezzo mondo europeo per il loro triste e crudele destino? Non è che in Bosnia, con Sarajevo come laboratorio di attuazione, con gli accordi di Deyton operanti, si sta realizzando quella struttura etnica unipolare in un determinato territorio che era il sogno di tanti uomini politici jugoslavi che oggi chiamiamo e denominiamo “criminali di guerra” per la loro propensione ad attuare la struttura sociale etnica unipolare con la violenza e con le armi? Non è che stiamo attuando con altri sistemi? In ogni caso dei Balcani e dei problemi dei paesi sorti dallo smembramento della Jugoslavia sembra non essere più di interesse se non a quei funzionari della Unione Europea che esportano in queste terre l’unica cosa che l’Europa produce in quantità industriale: la burocrazia.

Un mondo che è in crisi che si può solo tratteggiare una Geopolitica  a maglie larghe, indicando alcuni scenari, accompagnati da alcune osservazioni.