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LIMES, Rivista Italiana di Geopolitica

Rivista LIMES n. 10 del 2021. La Riscoperta del Futuro. Prevedere l'avvenire non si può, si deve. Noi nel mondo del 2051. Progetti w vincoli strategici dei Grandi

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giovedì 27 giugno 2013

Geopolitica: notiziario n. 81

Eventi:


Summer School on Democratization and Political Transitions in the Arab World
L’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), nel perseguire il proprio scopo statutario della promozione dello studio della geopolitica, coopera strettamente col mondo accademico. Nelle prossime settimane due importanti iniziative formative avranno luogo come frutto di questa cooperazione. Si tratta dei seminari Difesa, sicurezza e diritto internazionale nel Mediterraneo all’Università Kore di Enna e della Summer School on Democratization and Political Transitions in the Arab World all’Università di Minho (Portogallo). Il ciclo ......

Articoli:

L’America Latina dinanzi alla sfida della sicurezza giuridica
Introduzione In America Latina, il concetto di “certezza del diritto” è basato, in gran parte, sulla necessità di rafforzare la percezione della “Sicurezza” nel campo dell’impresa privata. La protezione del tessuto industriale è oggi indispensabile per qualsiasi nazione, senza dimenticare che, nell’attuale contesto di globalizzazione, l’interrelazione dei differenti sistemi economici esige implementare una serie di strumenti al fine di difendere gli interessi del settore privato presente nel paese. Tutto questo, senza restringere la capacità nazionale ...

L’Europa e la Cina: gemelle strategiche in cerca di un ruolo
Potrebbero mai, due potenze mondiali essere più diverse? Probabilmente no. I loro tratti geopolitici, economici e culturali difficilmente potrebbero essere più differenti, per non parlare delle mentalitá interne: una Europa guidata dal dubbio e una Cina splendidamente fiduciosa in se stessa. E nonostante ciò le due potenze stanno affrontando lo stesso dilemma: la loro posizione nel mondo. Più le si guarda da vicino e più queste due potenze sembrano gemelle strategiche. Sia la Cina che ...

Come Rohani cambierà l’Iran
Introduzione L’Iran cambierà sotto la guida di Hassan Rohani. Cambierà non nel senso di regime change, né cambierà verso un sistema politico liberale, più laico, alla occidentale. Cambiamento in Iran significa cambiamento qualitativo, significa respirare un’aria nuova all’interno della Repubblica Islamica. Vi sono due ragioni per cui Rohani può cambiare l’Iran. La prima è che la sua inclinazione moderata porterà agli stessi risultati, sottili ma tangibili, della presidenza di Mohammad Khatami. Si tratta di cambiamenti ...

Le controversie dell’accordo di libero scambio tra India e Unione Europea
Introduzione L’accordo di libero scambio (ALS) tra India e Unione Europea è da molto tempo fermo alla fase di preparazione. In effetti, il governo indiano e quello tedesco si sono incontrati recentemente a Nuova Delhi per appianare le divergenze e assicurare che ci siano progressi verso il raggiungimento di un’intesa. Per contestualizzare, è ben noto come ci siano due blocchi al centro della scena politica ed economica globale, gli USA e l’Unione Europea insieme alla ...

L’ultimo numero di “Geopolitica” presentato alla Sapienza
Lo scorso lunedì 17 giugno, presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” si è svolta la presentazione dell’ultimo numero di Geopolitica, intitolato America Latina: tentativi di unità. L’incontro, seguito da un ragguardevole numero di partecipanti, per la maggior parte studenti, ha visto alternarsi al tavolo dei relatori l’Amb. Felice Scauso (Consigliere dell’Istituto Italo-Latino Americano), il Prof. Paolo Sellari (Ricercatore di Geografia Politica Economica dell’Università La Sapienza) intervenuto in veste di moderatore, la Prof.ssa ...

Caso Apple: gli Stati nazionali nella rete del potere economico
Quando la fine della guerra fredda impartiva a livello mondiale la sua lezione, insegnando che nessun sistema politico può vivere abbastanza a lungo se non è accompagnato da benessere economico, gli attori internazionali non percepivano ancora il grado di applicazione pratica che poteva farvi seguito. In modo precipitoso e poco assennato, gli Stati nazionali si sono privati di molte prerogative sovrane, credendo di trarre solo benefici dall’aumento di prosperità offerto da agenti economici estranei all’apparato ...

Video

Turchia, scontro tra le due anime del paese. D. Scalea intervistato da Radio Italia IRIB
Daniele Scalea, direttore generale dell'IsAG e condirettore di "Geopolitica", lo scorso 20 giugno 2013 è stato intervistato da Radio Italia dell'IRIB, analizzando le cause e gli sviluppi dei recenti disordini in Turchia. ...



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martedì 25 giugno 2013

Rivista Geopolitica Vol. 1 n. 4 Dicembre 2012. Sommario


Ultimo numero:

America Latina: tentativi di unità
Geopolitica, vol. I, no. 4 (Inverno 2012) AMERICA LATINA: TENTATIVI DI UNITA' L'ultimo decennio ha visto l'America Latina muoversi a grande velocità sulla strada dell'integrazione regionale. Il Mercosur ha inglobato il Venezuela e si prepara a fare lo stesso con la Bolivia. E' stata creata l'UNASUR che riunisce tutte le nazioni del Sudamerica. La CELC fa concorrenza all'OAS sul piano pancontinentale, ma esclude significativamente i due paesi anglosassoni. Infine, i ...

Eventi:


Il 24 giugno, presentazione di “America Latina: tentativi di unità” all’IILA
L’unità latinoamericana è un’idea diffusa, in quelle nazioni che si identificano con la “Patria Grande”, fin dall’epoca coloniale e dalla lotta per l’indipendenza. Ma è negli ultimi anni che il processo d’integrazione ha subito un notevole impulso. Vecchie organizzazioni, come il MERCOSUR, si sono rafforzate e allargate, mentre nuove realtà – come la CELAC, l’UNASUR o in una dimensione meno ampia l’ALBA – sono sorte col preciso compito d’integrare il subcontinente latinoamericano, pur nel rispetto ...

IsAG e Università: in arrivo due iniziative accademiche sul Mediterraneo
L’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), nel perseguire il proprio scopo statutario della promozione dello studio della geopolitica, coopera strettamente col mondo accademico. Nelle prossime settimane due importanti iniziative formative avranno luogo come frutto di questa cooperazione. Si tratta dei seminari Difesa, sicurezza e diritto internazionale nel Mediterraneo all’Università Kore di Enna e della Summer School on Democratization and Political Transitions in the Arab World all’Università di Minho (Portogallo). Il ciclo ...

Articoli:

Nuova brigata di intervento nel Congo: passo avanti dell’ONU nei Grandi Laghi
Grazie alle notizie che continuano ad arrivare dalla Repubblica Democratica del Congo, abbiamo potuto constatare ancora una volta che si tratta di un Paese che appartiene ad una regione che, sfortunatamente per i suoi abitanti, da decenni è associata al conflitto e alla violenza più efferata di un gruppo di cittadini contro altri. Infatti, nella zona limitrofa al Ruanda si è registrato il più alto numero di vittime in un conflitto dai tempi della Seconda ...

Il “moderato” Rohani e l’incompatibilità tra Islam e sogno americano
Il conteggio per conoscere il tempo che gli durerà l’etichetta di “moderato” comincerà da agosto, quando ci sarà il passaggio di consegne tra il presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad e il chierico sciita, ex negoziatore per il programma nucleare iraniano, il “moderato” Hassan Rohani che a dispetto di molti pronostici ha vinto al primo turno le elezioni presidenziali iraniane. I dati ufficiali del ministero dell’Interno hanno parlato di una vittoria netta – il 50,71 per cento ...

Iran: la rivincita degli esperti di relazioni internazionali e dell’élite religiosa
La (prevedibile) elezione di Hasan Ruhani: in cantina filosofi e seguaci del messianismo; spazio a esperti di relazioni internazionali, marja’ al-taqlid, e grandi famiglie dell’establishment religioso sciita. Al vertice, c’è sempre la Guida, ‘Ali Khamene’i. [Nella foto a destra: Raffaele Mauriello, autore dell'articolo riceve il premio di "Libro dell'anno nella Repubblica Islamica d'Iran 2013"].   La Repubblica islamica dell’Iran ha un nuovo presidente, Hasan Ruhani. Dopo il profondo trauma degli scontri di piazza seguiti alle ....

Cosa lega Gezi Parkı, Goldman Sachs e le sanzioni all’Iran?
Che Recep Tayyip Erdogan e il suo modello di Turchia fossero inclusi nell’elenco dei silurabili se n’era avuto sentore l’anno scorso, quando sul Middle East Quarterly apparve l’articolo di David Goldman. In esso si parlava di un imminente collasso del “miracolo economico” turco e lo si paragonava al crollo argentino del 2000 e a quello messicano del 1994, entrambi avvenuti dopo periodi di espansione economica. Goldman prevedeva che «la velocità e la magnitudo della battuta ...

Sudamerica isola di pace? Cronaca della conferenza di Palazzo Salviati
Martedì 11 giugno, nella prestigiosa cornice della Sala Multimediale di Palazzo Salvati, si è tenuta la conferenza Sudamerica isola di pace?, organizzata dall’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) assieme a ISTRID e all’Associazione Seniores dello IASD e grazie all’ospitalità del Centro Alti Studi della Difesa (CASD). L’evento ha attirato la presenza di un pubblico di qualità e numeroso – tale da riempire l’ampia sala in ogni ordine di posto – e ...

Sport, rito e diplomazia
Sabato 8 giugno 2013 l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) ha curato, all’interno della manifestazione “Sport Against Violence” svoltasi presso le Terme di Caracalla, la conferenza “Mediterraneo e Asia Centrale: prospettive geopolitiche nella transizione uni-multipolare“. Tra i relatori Matteo Finotto, ricercatore associato dell’IsAG, di cui riportiamo il testo dell’intervento.   Per fugare ogni dubbio sulla centralità del rapporto tra sport e diplomazia è sufficiente riascoltare le parole che il segretario delle ...

Video

Il ruolo della Russia nella sicurezza europea. "La Voce della Russia" intervista T. Graziani
Tiberio Graziani, presidente dell'IsAG e direttore di "Geopolitica", è stato intervistato lo scorso 7 giugno 2013 da Tatiana Santi de "La Voce dell...

Le rivolte in Turchia. T. Graziani intervistato da "La Voce della Russia"
Tiberio Graziani, presidente dell'IsAG e direttore di "Geopolitica", è stato intervistato lo scorso 6 giugno 2013 da Luca Di Trani de "La Voce dell...

T. Graziani commenta l'incarico a Enrico Letta per "La Voce della Russia"
Tiberio Graziani, presidente dell'IsAG e direttore di "Geopolitica", è stato intervistato lo scorso 26 aprile 2013 da Tatiana Santi de "La Voce del...

D. Scalea commenta la rielezione di G. Napolitano per Radio Italia IRIB
Daniele Scalea, direttore generale dell'IsAG e condirettore di "Geopolitica", lo scorso 25 aprile 2013 è stato intervistato da Radio Italia dell'IR...

Il problema della Geopolitica. D. Scalea a Radio Italia dell'IRIB
Un'intervista a Daniele Scalea, direttore generale dell'IsAG e condirettore di "Geopolitica", è stata pubblicata in data 21 marzo 2013 da Radio Ita...



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giovedì 20 giugno 2013

Un Problema in comune: la lotta alle mafie.

Riceviamo e pubblichiamo
PD: LOTTA ALLE MAFIE TRANSNAZIONALI PRIORITA’ DELL’AGENDA POLITICA
18/06/2013

Questa mattina il Senatore Beppe Lumia, capogruppo del Partito Democratico in Commissione giustizia, e il deputato Fabio Porta, membro della commissione affari esteri, eletto nella circoscrizione America latina, hanno incontrato una delegazione del PRI (Partido Revolucionario Institucional) del Messico guidata dall'On. Marco Antonio Bernal e dal Consigliere Sami David accompagnati dal Dottor José Luis Rhi-Sausi, direttore del Dipartimento socio-economico dell’Istituto Italo-Latino Americano.
 Nell'ambito della consueta attenzione del Partito Democratico e del suo gruppo parlamentare alla relazione tra Italia e America latina, si è parlato in particolare di cooperazione tra i due paesi nella lotta alla criminalità e alle mafie transnazionali. Partendo dall'assunto che "le mafie sono globalizzate mentre le antimafie si muovono livello nazionale", il senatore Lumia ha evidenziato i possibili punti dell'agenda politica da sviluppare partendo dalla legislazione nazionale fino a arrivare alla cooperazione interamericana e a quella nelle Nazioni unite.
L’On. Porta ha continuato mettendo in evidenza la grande rilevanza politica e strategica della comune lotta alle mafie nel quadro della cooperazione parlamentare e governativa tra l'Italia ed il Messico e, più in generale tra l'America Latina e l'Europa.
 Gli ospiti latinoamericani, d’altro canto, hanno convenuto che la competenza, la professionalità e l’expertise che il nostro Paese può vantare lo rendono un partner essenziale nell’elaborazione di qualsiasi piano di contrasto al narcotraffico e alle mafie globali e che molto lavoro si può e si deve fare insieme.

 Per info: 
Francesca D'Ulisse
Dipartimento affari esteri e relazioni internazionali 
Responsabile America latina e Caraibi
Tel: +39.06.69532259

americalatina@partitodemocratico.it

martedì 18 giugno 2013

Europa: sempre più difficoltà

L’autocritica del fondo monetario e la lezione greca
Lorenzo Bini Smaghi
13/06/2013
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Il rapporto del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) sull’attuazione del programma di aggiustamento della Grecia è stato interpretato da molti commentatori ed esponenti politici, in particolare in Italia, come una critica alle politiche di austerità attuate negli ultimi anni in Europa. Forse il documento, che è stato pubblicato all’inizio di giugno, non è stato letto con sufficiente attenzione.

Il rapporto del Fmi pone in modo esplicito la questione se il risanamento fiscale in Grecia avrebbe dovuto essere più graduale. La risposta è negativa. L’aggiustamento del saldo primario (14,5% del Pil) era “il minimo necessario per ridurre il debito al 120% del Prodotto entro il 2020”. Un aggiustamento più graduale avrebbe richiesto peraltro un ammontare maggiore di aiuti, rispetto ai 110 miliardi di euro previsti nel primo pacchetto finanziario, dei quali i 30 miliardi a carico del Fmi “rappresentavano già il prestito più elevato mai concesso dal Fondo”.

Moltiplicatore fiscale
Che alternative c’erano dunque? Il Fondo suggerisce che si sarebbe potuto procedere con una ristrutturazione del debito greco, sin dal maggio 2010.

La ristrutturazione del debito viene decisa quando è evidente che il debito non è più sostenibile. La valutazione della sostenibilità del debito è un esercizio complesso, che si basa inevitabilmente su ipotesi che riguardano non solo l’efficacia delle misure di risanamento ma anche la capacità e la volontà delle autorità del paese di metterle in atto.

Un’ipotesi fondamentale riguarda l’impatto delle misure di risanamento fiscale sulla crescita, in altre parole il moltiplicatore fiscale. Se il moltiplicatore è superiore a 1, una politica fiscale restrittiva riduce il prodotto lordo in modo più che proporzionale e fa pertanto salire il debito pubblico. Nel caso greco, il moltiplicatore fiscale è stato chiaramente sottostimato. Questo emerge anche da altri studi svolti di recente dal Fmi.

Per trarne delle conseguenze per il futuro, bisogna capire se la sottostima del moltiplicatore sia stata dovuta al modo in cui è stato disegnato il programma di aggiustamento o al modo in cui esso è stato messo in pratica dalle autorità del paese. Il documento del Fondo contiene alcune considerazioni utili al riguardo.

Errori ed omissioni
Sono stati sicuramente fatti degli errori nella configurazione del programma. Ciò è derivato in parte dalla scoperta che il disavanzo pubblico per il 2009 non era pari al 6% del prodotto, come era stato previsto dallo stesso Fmi nella prima metà di quell’anno, ma a oltre il doppio. Parte dell’errore è stato fatto nella fase di sorveglianza della situazione greca, che per anni ha sopravvalutato lo stato di salute di quella economia.

Inoltre, le condizioni iniziali del prestito erano troppo penalizzanti, in termini di durata e di tasso di interesse, perché tarate sulle procedure standard del Fmi che non tenevano sufficientemente conto delle peculiarità di un paese partecipante a una unione monetaria.

Il punto cruciale, tuttavia, è che il programma non è stato implementato dalle autorità greche come inizialmente previsto. Il documento del Fondo enumera una serie di manchevolezze. Le privatizzazioni non sono mai partite. Le misure di lotta all’evasione non sono state attuate. L’aggiustamento fiscale è avvenuto in larga parte dal lato delle entrate. Le riforme strutturali sono state sistematicamente rinviate. La ricapitalizzazione del sistema bancario è stata effettuata troppo tardi, alimentando la fuoriuscita di depositi. La lista è lunga.

Il documento del Fondo riconosce che in realtà non c’era un sufficiente consenso bipartisan nel paese, tale da consentire una implementazione efficace delle misure. L’amministrazione pubblica è riuscita ad ostacolare le riforme. In sintesi, il paese non aveva una struttura decisionale capace di mettere in atto gli impegni sottoscritti.

La mancanza di coesione sociale e lo stato di arretratezza dell’infrastruttura amministrativa della Grecia sono stati sottostimati. Questa è stata la grande differenza rispetto all’Irlanda e al Portogallo, che spiega anche i diversi risultati. D’altra parte, anche se il Fondo monetario e l’Unione europea fossero stati a conoscenza di tali problemi, cosa avrebbero dovuto fare? Non avrebbero forse dovuto fidarsi del governo e del parlamento greco, quando questi sottoscrivevano ufficialmente i loro impegni?

Queste domande aprono quesiti ancor più complessi sul ruolo che possono svolgere le istituzioni sovranazionali e i rapporti con stati sovrani.

L’impatto devastante di una ristrutturazione del debito
Quando il paese non è in grado di effettuare l’aggiustamento necessario, e tale aggiustamento non può essere diluito, non rimane che la ristrutturazione del debito. Nel caso della Grecia, il rapporto del Fmi suggerisce che la ristrutturazione avrebbe potuto avvenire prima. Non fornisce tuttavia gli elementi per valutare i costi e benefici di una tale soluzione. Un motivo è che non ci sono precedenti. Quelli menzionati nel documento non sono rilevanti. La ristrutturazione dell’Uruguay, avvenuta nel 2001, ha comportato una perdita contenuta per gli investitori, di poco oltre il 10%, ed è stata facilmente concordata con le controparti estere.

La Giamaica, che ha ristrutturato il proprio debito nel 2011, non è comparabile alla Grecia, come non lo è l’Islanda, che ha potuto penalizzare i creditori esteri e salvaguardare quelli nazionali, cosa che non è possibile fare all’interno dell’Unione monetaria. La cosiddetta iniziativa di Vienna, che viene menzionata nel rapporto del Fmi, è stata messa in atto nei confronti dei paesi dell’Est per mantenere le linee di credito bancarie degli altri paesi europei, che nel caso greco non esistevano.

La difficoltà più rilevante, nel caso greco, è che una larga parte del debito pubblico - circa il 100% del prodotto nel 2009 - è detenuta da residenti, in particolare dalle banche. Una ristrutturazione che comporta una forte riduzione del valore effettivo del debito colpisce i risparmi di un’ampia fascia della popolazione greca - quella più debole - e mette in ginocchio il sistema finanziario. Le esigenze di ricapitalizzazione attraverso fondi pubblici - presi a prestito dalla comunità internazionale - fanno aumentare il debito esterno e compensano in larga parte il risparmio ottenuto dalla ristrutturazione. La perdita di valore dei titoli pubblici si ripercuote direttamente su tutti gli altri valori mobiliari del paese, con un impatto fortemente recessivo.

La questione che non viene sufficientemente esaminata è se l’impatto restrittivo di una ristrutturazione del debito è maggiore o minore di quello provocato dalle misure di risanamento contenute nel programma di aggiustamento. L’evidenza disponibile sull’evoluzione dell’economia greca non sembra mostrare che il moltiplicatore fiscale si sia ridotto dopo la ristrutturazione effettuata nel 2011.

Infine, la ristrutturazione del debito pubblico di un paese contagia il resto dell’area. Quando l’ipotesi di ristrutturazione del debito greco ha cominciato ad essere discussa, nella primavera del 2011, i timori che anche altri paesi potessero seguire la stessa via ha subito fatto salire i rendimenti sui titoli di stato italiani e spagnoli, fin quando non è intervenuta la Banca centrale europea, nell’agosto 2011.

Effetto domino
Se la ristrutturazione greca fosse stata avviata nel maggio 2010, prima della creazione del Fondo Salva Stati, il contagio non avrebbe potuto essere evitato e avrebbe provocato la ristrutturazione anche in altri paesi, con perdite rilevanti per i loro risparmiatori. L’integrità dell’euro sarebbe stata messa in pericolo. L’impatto sui mercati internazionali sarebbe stato devastante.

Il rischio maggiore è che si diffonda sui mercati internazionali la percezione che dopo l’esperienza greca i governi dei paesi dell’euro siano sempre più tentati da una ristrutturazione preventiva del debito pubblico, nell’illusione che ciò rappresenti una scorciatoia per risolvere le loro difficoltà.

Si riprodurrebbero i danni fatti nell’ottobre 2010 dall’accordo di Deauville tra Nicholas Sarkozy e Angela Merkel, poi sottoscritto anche dagli altri capi di governo, sul coinvolgimento dei creditori privati negli aiuti ai paesi in difficoltà. Il premio di rischio sui titoli di stato dei paesi in difficoltà salirebbe immediatamente, aumentando l’onere sul debito pubblico e indebolendo il loro sistema bancario, con effetti a catena sul credito alle famiglie e imprese di quei paesi. Il rischio di ristrutturazione del debito alimenterebbe immediatamente una fuga dai titoli di stato dei paesi più fragili.

Sfida per l’Europa
Contrariamente a quanto è stato scritto in questi giorni, le conclusioni del documento del Fmi devono destare preoccupazione nei paesi europei, soprattutto quelli periferici. Quel rapporto non rimette infatti in discussione la necessità del risanamento fiscale ma la capacità di attuarlo in modo efficace e politicamente accettabile. Sottolinea inoltre la necessità di condurre d’ora in poi analisi più rigorose della sostenibilità del debito dei paesi maggiormente indebitati, sulla base di ipotesi più credibili riguardo l’impatto delle misure restrittive, soprattutto quando non accompagnate da riforme, e la capacità e volontà dei paesi di implementarle. Se tale analisi non dà indicazioni chiare di sostenibilità, verrà raccomandato di procedere alla ristrutturazione del debito, prima piuttosto che dopo.

L’impatto economico di tale ristrutturazione è fortemente recessivo. Viene ridimensionata la ricchezza delle famiglie e messa a repentaglio la stabilità finanziaria. Tale effetto è tanto più forte quanto più alta è la quota di debito pubblico detenuta dai residenti. Le ripercussioni sociali sono imprevedibili. L’evidenza storica mostra peraltro che difficilmente i governi democratici sopravvivono alla ristrutturazione del debito e che quei paesi spesso precipitano nel caos. La Grecia, nel 2012, ci è andata molto vicina.

L’autocritica del Fondo monetario, se di autocritica si tratta, rischia di costare caro ai paesi europei.

Lorenzo Bini Smaghi è presidente Snam e senior visiting fellow dello IAI.
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sabato 15 giugno 2013

Medio Oriente e proliferazione nucleare

Zona senza armi nucleari
Braccio di ferro sul disarmo in Medioriente
Cosimo Risi
05/06/2013
 più piccolopiù grande
Ai primi di maggio, dopo due settimane di dibattito, si è concluso a Ginevra il Comitato Preparatorio (PrepCom) della Conferenza di revisione 2015 del Trattato di non proliferazione (Tnp). Il tema della zona in Medio Oriente priva di armi di distruzione di massa, ovvero la Zona, ha continuato ad animare la discussione.

La Lega Araba ha manifestato a Ginevra la frustrazione del mondo arabo perché la Conferenza istitutiva della Zona, che avrebbe dovuto tenersi a Helsinki nel dicembre 2012, è stata rinviata all’ultimo momento. Stati Uniti, Regno Unito e Russia erano stati i promotori della decisione del 2010 di convocare la Conferenza, la cui organizzazione è oggi curata dal Facilitatore finlandese Jaako Laajava.

Strategia dilatoria
A novembre 2012, poco prima che la Conferenza si tenesse a Helsinki, il Dipartimento di Stato Usa ha annunciato che “non si sarebbe dovuta svolgere”. A differenza dell’editto manzoniano, non ha aggiunto però “né ora né mai”: ha taciuto sul quando e si è riservato di precisarlo se certe condizioni si fossero presentate nel corso del 2013.

Il rinvio è stato contestato dalla Russia, che ha ritenuto di non essere stata consultata preventivamente, e da Egitto e Lega araba, convinti che la decisione americana coprisse una riluttanza di Israele ad impegnarsi in un quadro multilaterale. Nel quale, presumibilmente, verrebbero messe in discussione il suo presunto arsenale nucleare e la mancata adesione al Tnp.

La delegazione egiziana ha marcato il punto con un coup de théâtre, lasciando anzitempo i lavori in segno di protesta, come se spettasse al PrepCom Tnp determinare, seduta stante, la convocazione della Conferenza e la partecipazione di tutti gli attori regionali. Le altre delegazioni arabe e la delegazione iraniana si sono allineate alle critiche. A Teheran preme infatti che si discuta di armi di distruzione di massa in generale, che si metta da canto il programma nucleare nazionale, che infine si lasci spazio ai colloqui che l’Iran intrattiene col Gruppo 5 + 1.

L’orientamento generale delle delegazioni al PrepCom è stato favorevole, così come quello specifico di Regno Unito, Russia e Stati Uniti. Per fugare i sospetti di manovre dilatorie, la delegazione americana si è impegnata a favorire lo svolgimento della Conferenza entro l’anno, precisando che nessuna potenza esterna può costringere gli attori regionali a parteciparvi, se questi non vogliono. E certo non aiuta a superare le diffidenze d’Israele, che pure gli Stati Uniti tendono a smussare, l’ondata di critiche provenienti dal mondo arabo. C’è da chiedersi comunque in quale data del 2013 la Conferenza sarà convocata e con quali prospettive di successo.

Centralità dell’Ue 
Israele intende partecipare alla Conferenza a condizione che procedura e sostanza siano decise per consenso, che il mandato della Conferenza sia distinto dal Tnp, che tutte le parti siano trattate su un piano di parità. Condizioni ragionevoli per chi le pone, problematiche per chi le deve accettare preliminarmente. Tutt’altro che facile, dunque, la missione del Facilitatore.

Laajava si è mostrato tuttavia nordicamente flemmatico e ottimista. Può contare infatti sulla stima per la sua persona, per il suo paese e nei riguardi dell’Unione europea. L’Ue è l’unico soggetto internazionale in grado di parlare a tutte le parti interessate. Il Trattato di Lisbona le conferisce poteri di politica estera, anche se spesso rimangono inespressi.

Laajava ha in serbo un piano di lavoro da presentare alle parti. Continua i sondaggi bilaterali in attesa di trasformarli in consultazioni multilaterali: queste sarebbero un bel passo in avanti perché consentirebbero di confrontarsi direttamente aiutando a superare alcune remore di fondo. Anzitutto accettando la pari titolarità di tutti i soggetti e poi riconoscendo che esiste un serio problema “armi di distruzione di massa”. La de-escalation della tensione attraverso il confronto diretto, in una regione che tuttora si affida alla logica della forza per sopravvivere e prevalere, sarebbe di per sé rivoluzionaria.

L’ulteriore rinvio della Conferenza sulla Zona sarebbe per la Lega araba un motivo di indebolimento del Tnp, tale da mettere in discussione la sua partecipazione al PrepCom 2014. Uno scenario da evitare, anche se situazioni del genere puntellano la storia dei negoziati sul disarmo.

Modello Mediterraneo
La storia del disarmo nucleare è infatti coeva dell’Onu. La prima risoluzione dell’Assemblea generale del 1946 aveva per oggetto il disarmo nucleare. Nel 1978 la prima sessione speciale dell’Assemblea generale sul disarmo adottò una risoluzione secondo cui l’accumulo di armi, specie nucleari, costituiva molto più di una minaccia per l’umanità, e pertanto solo “il disarmo generale e completo sotto effettivo controllo internazionale … è lo scopo ultimo … la più alta priorità”.

Per tornare alla Zona, nell’intervento al PrepCom di Ginevra, l’Unione europea ha richiamato la Dichiarazione di Barcellona 1995 istitutiva del partenariato euro-mediterraneo. Nella città catalana i partner euro-mediterranei s’impegnarono a realizzare nel Mediterraneo una zona di sicurezza, stabilità, pace, sulla base di valori condivisi. Il partenariato è un esempio di come si possa dialogare e cooperare fra regioni diverse. Tuttavia nella regione sud-mediterranea il regionalismo è debole e le divergenze sono irrisolte: non solo quella fra Israele e Palestina, ma anche fra paesi arabi.

Il modello di dialogo per la creazione della Zona priva di armi di distruzione di massa in Medioriente dovrebbe ispirarsi a quello della Zona nel Mediterraneo. Gli obiettivi dell’una e dell’altra sono in fondo simili: perseguire sicurezza, stabilità e pace per via diplomatica, anzitutto evitando l’istallazione delle armi più terribili.

Cosimo Risi è Rappresentante Permanente presso la Conferenza del Disarmo a Ginevra; insegna Relazioni Internazionali alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Salerno.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2333#sthash.GdO2XdP5.dpuf

lunedì 3 giugno 2013

Invito da parte della Associazione Arma Aeronautica

The Great Rotation

Uno scenario economico nuovo più vitale ed equilibrato è negli auspici di tutti, ma la sensazione che le politiche perseguite negli ultimi anni nelle varie aree economiche mondiali si siano basate su presupposti errati concettualmente e su analisi parzialmente non valide nella attuale contingenza, stanno cominciando a farsi strada anche presso le banche centrali a cui è delegata la politica monetaria e in definitiva di stabilità del sistema economico.
Quali strategie stanno emergendo, quali alternative sono possibili, quali rischi si corrono e come–a seconda delle scelte che si andranno ad prendere-  potrà venirne modificato anche lo scenario geo-politico futuro ?
Cosa sta ad indicare il ritorno delle banche centrali ad un ruolo pro attivo nell’economia? Quali conseguenze per l’Italia ?

Per rispondere al quesito il Centro Studi Militari Aeronautici "Giulio Douhet" (CESMA) dell'Associazione Arma Aeronautica e l'Associazione Romana di Studi e Solidarietà (ARSS),  hanno invitato il 

Dr. Eutimio Tiliacos

a presentarci il suo punto di vista su tema in una conferenza che si terrà presso la 

Casa dell’Aviatore, viale dell’Univesità 20,  il 13 Giugno p.v. alle ore 19:00

Per la partecipazione al seminario è necessaria la registrazione da effettuare qui indicando anche la eventuale partecipazione alla cena che seguirà l'evento (quota di partecipazione 20 Euro). Coloro che, benché registrati, non possono partecipare sono pregati di comunicarlo a cesma.mil@gmail.com .


la relazione inquieta tra usa e Cina

In visita negli Stati Uniti nel febbraio 2012, l’allora vice presidente 
cinese Xi Jinping invitò Cina e Stati Uniti a stabilire “un nuovo 
tipo di relazioni tra grandi potenze del ventunesimo secolo”. Tre mesi 
dopo, l’allora presidente Hu Jintao riprendeva l’idea durante il quarto 
Strategic and Economic Dialogue (S&ED) tra i due paesi, utilizzando la stessa identica formulazione. Da allora l’espressione “nuovo 
tipo di relazioni tra grandi potenze” è diventata di uso corrente tra 
funzionari e studiosi cinesi. Lo scorso autunno è stata inserita nella 
Relazione politica al XVIII Congresso del Partito comunista cinese. 
Sull’altra sponda del Pacifico, però, la controparte americana sembra 
meno entusiasta e continua a porre una semplice domanda: 
“Che cosa 
significa?” 
“Nuovo tipo di relazioni tra grandi potenze” indica naturalmente 
qualcosa di opposto al “vecchio tipo di relazioni tra grandi potenze”. 
L’ascesa della Germania e del Giappone nella prima metà del XX 
secolo e l’ascesa dell’Unione Sovietica – causa rispettivamente di due 
guerre mondiali e della guerra fredda – sono gli esempi più ricorrenti 
del “vecchio tipo”, per non parlare delle guerre senza fine tra i regni e 
gli imperi europei tra XVII e XIX secolo. Certo, la Storia offre anche 
episodi di “ascesa pacifica” o “sviluppo pacifico”. Nel XX secolo gli 
Stati Uniti sostituirono la Gran Bretagna quale potenza egemone in 
modo pacifico; dopo la seconda guerra mondiale, l’Europa e il Giappone attraversarono decenni di “sviluppo pacifico”. I paesi protagonisti di questi esempi, però, erano legati alla potenza dominante da 
alleanze e condividevano con essa valori comuni se non vere e proprie 
culture politiche omogenee. Per contro, è difficile trovare nella Storia 
casi di potenze in ascesa e potenze dominanti che, in presenza di forti 
differenze ideologiche, abbiano saputo evitare conflittualità e guerre. 
Quando i leader cinesi parlano di “nuovo” tipo di relazioni tra grandi 
potenze, è chiaro che ciò che intendono è una discontinuità rispetto a 
questa “maledizione della Storia”.
È però sbagliato ritenere che il “nuovo tipo di relazioni tra grande 
potenze” sia un obiettivo, qualcosa che dovrà essere realizzato in futuro. Se partiamo da una prospettiva differente, possiamo constatare 
come sin dal 1989 Stati Uniti e Cina abbiano stabilito un nuovo tipo 
di relazione. Nonostante le differenze ideologiche, i due paesi hanno convissuto e si sono sviluppati fianco a fianco per oltre vent’anni. 
Le dimensioni economiche della Cina sono cresciute da circa il 12% 
dell’economia americana nel 2000 al 48% nel 2012. Molti economisti 
ritengono che il Pil cinese supererà quello americano in questo decennio. Tutto ciò senza che vi siano state guerre né conflitti ingestibili 
a contrapporre i due paesi.
Cina e Stati Uniti hanno dato vita a questo nuovo tipo di relazione 
non perché gli Stati Uniti siano disponibili a sostenere l’ascesa della 
Cina, né perché la Cina sia intenzionata ad accettare in pieno ogni 
aspetto della leadership globale americana. Si tratta, piuttosto, di un 
matrimonio irrequieto: un’interdipendenza senza precedenti lega i 
due paesi l’uno all’altro, indipendentemente dalla loro volontà. Quattro sono i pilastri di questa interdipendenza. (1) Vi è, in primo luogo, 
una sorta di “mutua distruzione assicurata” nel settore della sicurezza 
strategica: la Cina e gli Stati Uniti sono entrambe potenze nucleari e 
dispongono di formidabili forze convenzionali. Un conflitto militare 
sarebbe insostenibile per ciascuna delle parti. (2) A ciò si somma una 
“mutua distruzione assicurata” sul piano economico e finanziario: 
Cina e Stati Uniti sono economicamente interdipendenti. Per la Cina 
gli Stati Uniti sono il mercato estero più importante. Detentrice di un 
forte avanzo nel conto delle partite correnti, la Cina ha acquistato 
buoni del Tesoro americani per un valore di 1.200 miliardi di dollari, una “bomba nucleare finanziaria” che lega le sorti dei due paesi. 
(3) Vi è poi una manifesta necessità di cooperazione bilaterale per 
affrontare le sfide globali: dalla sicurezza del cyberspazio ai cambiamenti climatici, alle crisi nucleari in Corea del Nord e Iran. (4) Infine, 
esistono forti legami che uniscono le due società e singoli individui 
all’interno di esse. L’interdipendenza tra Cina e Stati Uniti è a tal 
punto determinante per la sicurezza e lo sviluppo di ciascuno dei due 
paesi da aver reso possibile un “nuovo tipo di relazioni”.
È importante capire che questo non è un auspicio per il futuro, 
ma una realtà di fatto. Durante la prima amministrazione Obama 
la relazione bilaterale tra i due paesi ha attraversato un anno di luna 
di miele per poi entrare in un triennio di contrasti. Molti studiosi
ritengono che tra le ragioni di questa dinamica vi siano le eccessive 
aspettative che ciascuna parte nutriva nei confronti dell’altra. Gli Stati Uniti si aspettavano che la Cina venisse loro incontro su questioni 
ritenute dirimenti come i cambiamenti climatici. La Cina si aspettava 
che gli Stati Uniti ammorbidissero le proprie posizioni su temi come 
Taiwan. Quando le aspettative non hanno trovato riscontro nei fatti, 
le relazioni bilaterali si sono rapidamente deteriorate. Ora la Cina ha 
una nuova generazione di leader guidata da Xi Jinping. Il presidente 
Obama, ormai al suo secondo mandato, non deve più preoccuparsi 
della rielezione. È tempo per entrambe le parti di guardare lontano. 
Ma è necessario che gli errori del 2009 non si ripetano: rafforzare 
le fondamenta e i pilastri dell’interdipendenza e gestire con cautela 
le eventuali crisi è più realistico di quanto non lo sia ideare nuovi, 
grandi disegni.
la relazione inquieta tra usa e Cina
articolo di Da Wei*
 Da Orizzonti Cina, Maggio 2013
* L’articolo contiene le idee personali dell’autore e non riflette necessariamente le 
posizioni dell’organizzazione di cui fa parte.