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sabato 7 novembre 2015

La liberazione dei commerci mondiale

Area transatlantica di libero scambio
Ttip e Brexit: meglio pensarli insieme
Adolfo Battaglia
30/10/2015
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Una volta c’era la corsa mondiale alle materie prime. In tempi più moderni c’è la corsa mondiale alla liberalizzazione dei commerci.

Sotto questo punto di vista gli Stati Uniti sembrano in testa. Hanno raggiunto da tempo l’accordo per un mercato integrato con Canada e Messico; concluso di recente il Trattato per la partnership transpacifica con 12 nazioni asiatiche tra cui Giappone e Australia e sollecitato più volte la conclusione della trattativa per il Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership, l’iniziativa lanciata da Stati Uniti e Unione europea (Ue), per la creazione di un accordo commerciale preferenziale.

A sua volta, la Cina ha in corso la trattativa con 19 paesi per l’Apec, Asia Pacific Economic Community. Mentre la Russia, avendo perso le nazioni europee, cerca a sua volta di riorganizzare qualcosa dirigendosi verso Oriente.

Europa in ritardo
E l’Europa? Come al solito è in ritardo. Divisa, incerta, esitante, le è difficile andare oltre il raggio degli interessi settoriali. E la mancanza di un disegno di respiro è perfino comprensibile, perché la crisi in cui l’Europa è precipitata da un decennio non ha finora mostrato classi dirigenti in grado di indicarne sbocchi ragionevoli.

Il negoziato euro-americano, così, prosegue stancamente. Impelagato, a quanto sembra, sulla questione della competenza giurisdizionale a decidere sulle controversie; ma più veramente, forse, dalla carenza di sostegno politico che affligge i negoziatori europei. Questo, malgrado i ripetuti inviti del presidente Usa Barack Obama.

Anche in questo caso “il tempo si è fatto breve”. Anzi, se c’era un’occasione per distogliere gli Stati Uniti dall’assegnare priorità ai problemi asiatici, è stata già mancata.

C’è da domandarsi dunque che cosa ancora si aspetti in Europa. Ricompare l’incubo della trattativa in materia di libero scambio tra Europa e Canada che durò sei anni. Ma se è vero che nell’Ue la materia è di competenza esclusiva della Commissione è anche vero che l’accordo euro-atlantico darebbe un forte contributo allo sviluppo economico dei Paesi europei: il che non dovrebbe sfuggire né al Consiglio europeo né ai differenti Consigli dei ministri dell’Ue, in cerca come sono di strumenti d’alimentazione della crescita.

Referendum sulla Brexit
Oltretutto un grande problema economico come questo si congiunge con un fondamentale evento politico: il referendum britannico sull’Europa previsto tra il 2016 e il 2017.

È già in corso il negoziato chiesto dal premier David Cameron per concedere a Londra clausole di favore che lo aiutino a battere l’idea del distacco. E sarà una storia penosa, perché è evidente che la posta è così alta da non poter pensare ad altro che a concedere più di qualcosa alla Gran Bretagna.

Ciò desterà inesorabilmente rumori e disordini nell’assetto già fragile dell’Unione. Né, d'altronde, può trattarsi di clausole così straordinarie da convincere vittoriosamente l’opinione pubblica dell’isola.

Ecco invece che un elemento di natura politica potrebbe, forse, fare meglio di ciò che difficilmente farà un negoziato strascinato. Il mercato euro-atlantico delineato dal Ttip porterebbe l’Europa a una condizione di forte connessione economica, ed inevitabilmente politica, con gli Stati Uniti. E altrettanto inevitabilmente lascerebbe la special partnership tra Gran Bretagna e Stati Uniti alquanto priva di vento nelle vele.

Il futuro della relazione Gran Bretagna-Stati Uniti 
Verrebbe colpita la concezione degli anti-europei britannici secondo la quale, dopo l’abbandono dell’Europa, il Regno Unito avrebbe come alternativa il rafforzamento della tradizionale relazione con l’America.

Sarebbe piuttosto l’Europa ad avere una special relationship con gli Stati Uniti. Se la Gran Bretagna uscisse dall’Ue troverebbe uno spazio occupato da una struttura più forte. E il costo che in ogni caso dovrebbe pagare per l’uscita diverrebbe assai maggiore.

Anche gli scozzesi più stolidi dovrebbero abbandonare questi terreni scivolosi. Esser fuori dall’Europa, isolati nel mondo, ma alle prese con i movimenti e le novità indotti dalla globalizzazione, non sembra una prospettiva che possa aiutare gli anti-europei del Regno Unito.

Può darsi che in una questione così vitale per il futuro del continente un impetuoso spirito politico trascini un’immagine vincente dell’Europa. Sarebbe un fatto nuovo.E un fatto nuovo è anche che la sua leader, la cancelliera Angela Merkel, sembra oggi avere parecchie difficoltà in Germania.

La immaginiamo esprimersi come il Riccardo II shakespeariano: un disegno, un disegno per il mio regno. Sembra in effetti averne bisogno, sia per riaffermare la posizione tedesca sia per portare l’Europa fuori dalla palude. Può riflettersi che sotto questo profilo Renzi potrebbe esserle molto utile.

Adolfo Battaglia, già Sottosegretario agli Esteri e Ministro dell’Industria.
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