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martedì 15 dicembre 2015

La difficile partita fra Nato e Russia

Alessandro Ugo Imbriglia
In concomitanza all’entrata in scena del Regno Unito e della Germania nella coalizione internazionale contro lo Stato Islamico il governo siriano ha accusato la coalizione militare guidata dagli Stati Uniti di aver colpito una base delle truppe lealiste, uccidendo tre soldati e ferendone altri tredici, vicino ad Ayyash, nell’est della Siria. Damasco ha inviato una lettera di protesta alle Nazioni Unite in cui denuncia il bombardamento. Gli Stati Uniti hanno sconfessato la ricostruzione del governo siriano. A tal proposito il colonnello Steve Warren ha dichiarato che  la coalizione ha effettuato quattro bombardamenti nella provincia di Deir Ezzor il 6 dicembre, escludendo categoricamente il  coinvolgimento di soldati o veicoli appartenenti alle forze lealiste. Gli attacchi sarebbero avvenuti 55 chilometri a sudest di Ayyash e avevano come unico obiettivo i pozzi petroliferi controllati dallo Stato Islamico. In u  n clima di perenne tensione le grandi potenze riunite a Vienna hanno definito una road map per avviare e consolidare un processo di pace in Siria, gettando le basi per un accordo tra le forze governative e le numerose fazioni degli oppositori al regime. I venti paesi che hanno partecipato al summit per la risoluzione del conflitto  hanno deciso che i colloqui tra regime e opposizione potrebbero cominciare il 1 gennaio; le tappe fondamentali di questo percorso prevedono una transizione di governo entro sei mesi e la successiva convocazione delle elezioni entro diciotto. Sul ruolo dell’attuale presidente Bashar al Assad, invece, persistono progetti al momento inconciliabili. L’Iran vuole che Bashar al Assad continui ad avere un ruolo nel governo di transizione, mentre le potenze occidentali, la Turchia e l’Arabia Saudita hanno accantonato qualsiasi ipotesi di coinvolgimento del leader siriano nella fase di transizione. In tanto Riyadh ospiterà un incontro preliminare fra i ribelli di Ahrar al Sham, che in passato erano affiliati al Fronte al nusra e quindi ad Al Qaeda, e novanta altri rappresentanti di gruppi di ribelli siriani, il cui fine è preparare un fronte d’opposizione coeso e unitario in vista dell’incontro del 18 dicembre a New York, a cui parteciperanno le grandi potenze sotto l’egida dell’Onu. Mosca non ha certamente gradito la mossa di Riyadh. La Russia non accetta che Ahrar al Sham faccia parte dei negoziati di pace sulla Siria, poiché è nella lista dei gruppi terroristici. Ad alimentare ulteriormente le preoccupazioni di Mosca è stato l’apertura dell’Alleanza Atlantica al Montenegro; agli occhi del Cremlino si tratta indubbiamente di un passo significativo verso il progressivo accerchiamento della Federazione Russa da parte delle forze Nato, che segue due episodi significativi: prima il taglio della corrente elettrica in Crimea ordinato dai proconsoli ucraini e, in seguito, l’abbattimento del su-24 al confine fra Turchia e Siria. Il fine di queste manovre strategiche è quello di provocare una reazione spropositata della Russia contro i paesi Nato e rafforzare le misure di isolamento internazionale nei confronti di Mosca. Intanto  la Russia ha rafforzato il contingente militare nei pressi di Aleppo schierando carri armati T-90 per difendersi dagli eventuali attacchi dei missili anti carri armati forniti dalla coalizione occidentale ai ribelli siriani.

                                                                                                          

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