Alessandro Ugo Imbriglia
In concomitanza all’entrata in scena del Regno Unito e
della Germania nella coalizione internazionale contro lo Stato Islamico il
governo siriano ha accusato la coalizione
militare guidata dagli Stati Uniti di
aver colpito una base delle truppe lealiste, uccidendo tre soldati e ferendone
altri tredici, vicino ad Ayyash, nell’est della Siria. Damasco ha inviato una
lettera di protesta alle Nazioni Unite in cui denuncia il bombardamento. Gli
Stati Uniti hanno sconfessato la ricostruzione del governo siriano. A tal
proposito il colonnello Steve Warren ha dichiarato che la coalizione ha effettuato quattro bombardamenti
nella provincia di Deir Ezzor il 6 dicembre, escludendo categoricamente il coinvolgimento di soldati o veicoli
appartenenti alle forze lealiste. Gli attacchi sarebbero avvenuti 55 chilometri
a sudest di Ayyash e avevano come unico obiettivo i pozzi petroliferi
controllati dallo Stato Islamico. In u n
clima di perenne tensione le grandi potenze
riunite a Vienna hanno definito una road map per avviare e consolidare un
processo di pace in Siria, gettando le basi per un accordo tra le forze
governative e le numerose fazioni degli oppositori al regime. I venti paesi che
hanno partecipato al summit per la risoluzione del conflitto hanno deciso che i colloqui tra regime
e opposizione potrebbero cominciare il 1 gennaio; le tappe fondamentali di
questo percorso prevedono una transizione di governo entro sei mesi e la successiva
convocazione delle elezioni entro diciotto. Sul ruolo dell’attuale presidente
Bashar al Assad, invece, persistono progetti al momento inconciliabili. L’Iran
vuole che Bashar al Assad continui ad avere un ruolo nel governo di
transizione, mentre le potenze occidentali, la Turchia e l’Arabia Saudita hanno
accantonato qualsiasi ipotesi di coinvolgimento del leader siriano nella fase
di transizione. In tanto Riyadh ospiterà un incontro preliminare fra i ribelli
di Ahrar al Sham, che in passato erano affiliati al Fronte al nusra e
quindi ad Al Qaeda, e novanta altri rappresentanti di gruppi di ribelli
siriani, il cui fine è preparare un fronte d’opposizione coeso e unitario in
vista dell’incontro del 18 dicembre a New York, a cui parteciperanno le grandi
potenze sotto l’egida dell’Onu. Mosca non ha certamente gradito la mossa di
Riyadh. La Russia non accetta che Ahrar al Sham faccia parte dei negoziati di
pace sulla Siria, poiché è nella lista dei gruppi terroristici. Ad alimentare
ulteriormente le preoccupazioni di Mosca è stato l’apertura dell’Alleanza
Atlantica al Montenegro; agli occhi del Cremlino si tratta indubbiamente di un
passo significativo verso il progressivo accerchiamento della Federazione Russa
da parte delle forze Nato, che segue due episodi significativi: prima il taglio
della corrente elettrica in Crimea ordinato dai proconsoli ucraini e, in
seguito, l’abbattimento del su-24 al confine fra Turchia e Siria. Il fine di
queste manovre strategiche è quello di provocare una reazione spropositata
della Russia contro i paesi Nato e rafforzare le misure di isolamento
internazionale nei confronti di Mosca. Intanto
la Russia ha rafforzato il contingente militare nei pressi di Aleppo
schierando carri armati T-90 per difendersi dagli eventuali attacchi dei
missili anti carri armati forniti dalla coalizione occidentale ai ribelli
siriani.
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