MOVIMENTI INTERNI DI STRATI DELLA POPOLAZIONE
Valentina Trogu
L’Africa è il continente in cui si conta
il maggior numero di Internally displaced
persons. Si tratta di civili, in maggioranza donne e bambini, che a causa
di persecuzioni e violenze sono stati costretti ad abbandonare le loro case per
andare in cerca di una nuova sicurezza. Si stima che l’Africa ospiti approssimativamente 11,6 milioni di
IDPs, quasi la metà (il 46%) del numero totale di IDPs presenti nel mondo,
quantificato intorno ai 26 milioni. Il Sudan è il Paese nel quale vi è la più
grande popolazione di IDPs (circa 5 milioni) e solo nel 2016 sono stati
registrati 922 mila i nuovi sfollati a causa dei conflitti interni presenti
nell’Africa centrale. Una risoluzione alla problematica in questione è stata
tentata nel 2009 con la Convenzione di Kampara volta a favorire la protezione e
l’assistenza degli sfollati interni in Africa. Il quadro normativo si basa sul
presupposto che gli Stati hanno la responsabilità primaria di rispettare e
proteggere i diritti degli IDPs, senza alcun tipo di discriminazione. Il testo della
Convenzione impone, dunque, una serie di obblighi per gli Stati che vi hanno
aderito tra cui proibire o impedire lo sfollamento arbitrario, garantire il
rispetto dei diritti umani, assicurare la responsabilità penale individuale e
di attori non statali coinvolti in attività che causano o contribuiscono allo sfollamento
e mantenere il carattere civile ed umanitario della protezione e
dell’assistenza agli IDPs. Sapendo che i portatori primari di obblighi spesso
coincidono con gli stessi soggetti che direttamente o indirettamente provocano
lo sfollamento, gli Stati Parte hanno assegnato un ruolo particolare all’Unione
Africana. Nello specifico, l’articolo 8 stabilisce che l’Unione Africana deve
essere considerata come un meccanismo di coordinamento che, in circostanze
eccezionali (poniamo ad esempio uno Stato che non è in grado o non vuole far
fronte ad uno sfollamento all’interno del suo territorio) funga da supporto o
sostituto dell’azione statale. La Convenzione è entrata ufficialmente in vigore
nel 2012, dopo che 15 paesi l’hanno ratificata per arrivare nel 2014 a 20
paesi. La particolarità del trattato è che protegge non solo le persone che
fuggono dalla propria casa a causa di violenze, persecuzioni, guerre,
violazioni di diritti umani e politici, ma anche civili, donne e bambini che sono
costretti a lasciare le zone di origine a causa di calamità naturali, disastri
ambientali o eventi climatici estremi come la siccità o le inondazioni. Si
stima che nel 2012 sono stati 7,7 milioni gli sfollati interni per cause
ambientali nei paesi che hanno firmato la Convenzione di Kampara. Tra i paesi
più colpiti troviamo l’Etiopia, soprattutto il sud-est del paese, al confine
con la Somalia. Una gravissima siccità ha portato più di 600 mila persone verso
la regione “Somali” dove si trova una popolazione etnicamente somala ma di
nazionalità etiope distribuita in 264 villaggi.
Uno dei paesi da cui parte il numero
maggiore di sfollati è la Repubblica Democratica del Congo. Il contesto è
chiarificatore del motivo alla base della fuga. Parliamo di uno dei paesi più
poveri al mondo (al 178° posto su 188 nel 2017), in cui 1 bambino su 10 muore
prima di compiere i 5 anni, dove il reddito pro capite è di circa 485 dollari
all’anno; un paese in cui la corruzione dilaga così come i conflitti presenti
soprattutto nell’est del paese e in cui la stabilità politica è un lontano
miraggio. Questa tragica situazione si contrappone alla ricchezza della
Repubblica Democratica del Congo ma nello stesso tempo ne è conseguenza. Lo
sfruttamento delle risorse minerarie e naturali – oro, diamanti, cobalto, rame,
tungsteno, stagno – ha una rilevanza geo-politica talmente alta da far sì che
gli interessi delle elité e di alcuni attori internazionali siano di mantenere
il paese instabile e povero per non far alzare i costi. A causa di interessi
economici, la popolazione vive in un contesto di povertà e violenza e decide di
allontanarsi diventando sfollati interni pur provenendo da uno dei paesi con le
maggiori risorse naturali del continente.
I movimenti interni di strati della
popolazione sono un fattore di rischio rilevante per uno Stato e ne valutano la
capacità di coesione sociale.
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