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martedì 23 settembre 2014

Toccare i confini in Europa: un grosso rischio.

Referendum in Scozia
Bruxelles e il divorzio alla scozzese?
Flaminia Caprara
17/09/2014
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Partecipando al referendum per l’indipendenza, gli scozzesi mettono sotto esame un’unione nata oltre trecento anni fa. L’intenzione di Londra di non opporsi a un’eventuale decisione di divorzio non significa però che da una separazione non scaturiranno controversie.

La prospettiva di una Scozia indipendente, e di un Regno Unito ridimensionato, genererebbe nuove problematiche per l’architettura della geografia politica mondiale e soprattutto, per il complesso sistema di equilibri (e squilibri) politici dell’Unione europea (Ue).

Tra queste problematiche c’è anche l’incognita del possibile referendum sul divorzio tra Regno Unito (o ciò che di esso rimarrebbe) e Ue. Se gli scozzesi, più europeisti, abbandonassero Londra, l’eventualità di un’uscita del Regno Unito dall’Ue potrebbe diventare più verosimile, rendendo ancora più incerto il futuro di un’Ue già notevolmente propensa alla crisi.

Zizzania tra Londra ed Edimburgo
La spartizione di oneri e risorse tra la Scozia e il Regno dis-Unito potrebbe richiedere ben più tempo dei 18 mesi previsti dall’attuale primo ministro scozzese Alex Salmond, il cui piano di secessione, esposto in un Libro bianco pubblicato lo scorso novembre, è stato contestato dal governo di Westminster.

Il proposito dei separatisti di preservare la sterlina come valuta della Scozia indipendente ha suscitato numerose obiezioni, comprese quelle del Ministro delle finanze, George Osborne, e del governatore della Banca d’Inghilterra, Mark Carney, che temono che questo meccanismo possa innescare non solo problemi per la redistribuzione del debito pubblico tra i due stati, ma anche una crisi economica.

Tra i dossier che creano zizzania figurano anche la sorte dei missili nucleari Trident custoditi in Scozia nella base militare di Faslane, la riorganizzazione dell’esercito, la questione di una possibile limitazione del libero transito tra i paesi e la spartizione delle ingenti riserve di idrocarburi del Mare del Nord (l’80% delle quali si troverebbe in acque territoriali scozzesi).

Spagna osservatrice impaurita
La Scozia sarebbe il primo stato a ottenere l’indipendenza da un paese membro dell’Ue, un caso che porrebbe di fronte a numerose incognite anche gli altri 27 paesi dell’Unione. I trattati comunitari non dicono come procedere nell’eventualità in cui un membro ratifichi la secessione di una propria unità costitutiva intenzionata a rimanere nell’Ue.

In assenza di un solido terreno giuridico, i separatisti ritengono di potersi appellare all’articolo 48 del Trattato sull’Ue, che definisce l’iter attraverso il quale i governi degli stati membri possono proporre la modifica dei trattati comunitari. In quest’ottica, prima di raggiungere l’indipendenza, il governo di Edimburgo dovrebbe lavorare con Downing Street per ottenere l’approvazione dei paesi membri dell’Ue affinché la Scozia indipendente possa continuare a far parte dell’Unione.

Secondo il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, una Scozia indipendente dovrebbe presentare formale domanda di adesione. Per diventare parte dell’Ue, dovrebbe ottenere il favore dell’intero Consiglio. Cosa “estremamente difficile se non impossibile” chiosa Barroso. Almeno la Spagna - secondo quanto scritto da Enrico Letta sul Corriere della Sera di martedì - si opporrebbe, per via dell’evidente legame tra l’indipendenza scozzese e quella della Catalogna.

Scozia europea?
I negoziati per raggiungere un accordo sull’eventuale futuro della Scozia nell’Ue potrebbero poi protrarsi ben oltre la data in cui il Partito nazionale scozzese auspica di proclamare l’indipendenza, il 24 marzo 2016. Anche qualora i 28 paesi membri concordassero con l’adesione scozzese, la negoziazione delle modalità di ingresso genererebbe ulteriori dibattiti.

Molto probabilmente la Scozia non potrebbe più permettersi di contare sulle stesse deroghe all’acquis comunitario di cui gode in qualità di unità costituente del Regno Unito. Purché ciò non contrasti con gli eventuali accordi di separazione tra Londra ed Edimburgo, l’Ue potrebbe pretendere l’entrata del nuovo stato sia nell’eurozona che nell’area Schengen. Un percorso ancora più complicato e inverosimile di quello di riapertura di un negoziato di adesione all’Ue.

Flaminia Caprara è stagista per la comunicazione presso lo IAI.
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