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martedì 16 settembre 2014

Euro: una riglessione

conomia
L’introduzione dell’Euro, i vincitori e i vinti
Alessandro Giovannini
05/08/2014
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Con l'introduzione dell'euro non si è deciso solo di creare la prima e unica unione monetaria non legata ad un solo Stato. Dietro, vi è una scelta politica più profonda che ha portato i paesi membri a trasferire gradualmente la loro autonomia sulle politiche fiscali e a perdere sempre più il controllo su molte dinamiche finanziarie, produttive e salariali interne.

Dopo più di dieci anni dalla sua introduzione e soprattutto durante la crisi del debito sovrano, il dibattito sui costi e benefici dell’euro è più che mai intenso. È quindi opportuno tentare una parziale analisi sul tema che sia il più possibile rigorosa e completa.

Gli effetti redistributivi dell’euro tra paesi
La maggior parte della letteratura economica si è finora focalizzata sulla valutazione degli effetti redistributivi dell’euro a livello nazionale, vale a dire come l'euro ha avuto un impatto sulla disuguaglianza tra stati membri.

L'introduzione di una moneta comune in Europa è stata trainata dalla fede idealistica che il conseguente aumento del commercio e una più sana politica monetaria avrebbero portato gli stati membri a godere di sempre maggiori livelli di prosperità, ad accelerare il processo di convergenza e a favorire la creazione di un unico comune e il mercato più efficiente.

Allo stesso tempo, questo avrebbe favorito un processo di catch up - raggiungimento - tra gli stati membri, beneficiando quindi di più i paesi relativamente meno sviluppati.

L’analisi economica finora non ha raggiunto tuttavia una risposta univoca sull’effettività di questo processo. Nel periodo tra il 2000 e il 2007 vi è stato un notevole grado di convergenza delle variabili nominali, suggerendo forti progressi nel benefico processo di convergenza già in corso prima del 1999. La crisi, tuttavia, sembra aver invertito questo meccanismo: considerando in tutto il periodo 2000-2014, i paesi con il più alto livello iniziale di Pil pro capite sono infatti cresciuti relativamente di più.

Gli effetti redistributivi dell’Euro all’interno dei paesi
È ora giusto chiedersi se l'euro ha aumentato la parità economica all'interno degli stati, cioè la distribuzione del reddito all'interno degli stessi paesi. Analizzando l'andamento delle disparità di reddito nella zona euro nel suo insieme, dopo il 1999, il coefficiente di Gini che misura la diseguaglianza di una distribuzione è aumentato da 0,28 nel 2000 a 0,30 del 2007, un livello che in qualche modo uguale rispetto all’indicatore medio Gini dei paesi dell'Ocse.

Tuttavia, il solo indicatore aggregato non è necessariamente corretto, dal momento che esso nasconde importanti differenze interne. Consideriamo i due paesi che ora appaiono più lontani dal punto di vista di performance economica, Grecia e Germania.

Nel primo, tutti i decili (le dieci frazioni in cui è stata divisa la popolazione) hanno visto il loro reddito crescere più di quanto ogni decile tedesco ha visto fare negli ultimi dieci anni. La crescita del reddito disponibile è stata molto bassa in quasi tutta la distribuzione in Germania, ma in particolar modo nei decili più bassi: questo è particolarmente evidente dalla partenza del processo di convergenza al 2008 quando il 30% dei tedeschi più poveri ha subito una crescita negativa del reddito reale.

In direzione opposta, è il caso della Grecia, dove i decili più bassi hanno guadagnato nello stesso periodo rispetto al resto della popolazione.

Inoltre, osservando la quota di reddito nazionale equivalente di ciascun quintile, emerge come nel periodo 1999-2007 (barra blu), il quintile superiore della popolazione tedesca ha guadagnato circa il 4 per cento, nonostante una diminuzione in tutti gli altri quintili di reddito.

In Grecia, invece, il primo, il secondo e il quinto quintile hanno tutti guadagnato prima dello scoppio della crisi. Considerando anche il periodo della crisi (barra rossa), emerge come in Grecia i quintili centrali della distribuzione (2-4) sono riusciti a guadagnare relativamente il massimo in termini di quota di reddito nazionale, compensando i guadagni degli altri prima del 2007.

Questa tendenza di contro-bilanciamento delle evoluzioni 1999-2007 non è presente in Germania, dove negli ultimi anni il guadagno relativo del quintile superiore è diminuito solo parzialmente.

Un più serio dibattito sull’Euro
Queste mere statistiche necessitano un’analisi più attenta e completa per determinare vincitori e vinti dell’introduzione dell’euro. Tuttavia, essi suggeriscono come sia necessario un dibattito diverso e più completo di quello a cui abbiamo assistito negli ultimi anni e che ha portato a forti contrapposizioni ideologiche alquanto inconcludenti.

Solo grazie ad un’analisi simile, accompagnata dalla definizione dei componenti principali attraverso i quali la moneta comune ha avuto un impatto sulla distribuzione del reddito, sarà possibile ottenere indicazioni utili su quelle politiche necessarie per migliorare il funzionamento della zona euro e assicurare una maggiore prosperità condivisa.

Alessandro Giovannini è Associate Researcher al Centre for European Policy Studies.
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