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venerdì 13 dicembre 2019

Materiali per Analisi Parametrale 7


MALATTIA ENDEMICHE  HIV/AIDS e sanità

Valentina Trogu

Fattori di rischio che servono da parametri per valutare la capacità economica di uno Stato sono legati alla sanità. Malattie ed alta mortalità, infatti, influiscono notevolmente sullo sviluppo economico di una regione come ad esempio in Africa Sub-sahariana. Qui, il tasso di infezione HIV/AIDS è il più alto del mondo ed è una minaccia economica rilevante per la regione stessa. Dati relativi al 2016 riferiscono come il paese con il più alto tasso di prevalenza su un adulto sia lo Swaziland, seguito da Lesotho, Botswana, Sud Africa, Namibia, Zimbabwe, Zambia, Mozambico, Malawi, Uganda, Guinea Equatoriale, Kenya, Tanzania, Repubblica Centrafricana, Cameroon e Gabon. Le prime sedici posizioni di una classifica mondiale sono ricoperte da paesi africani ma la lista dei paesi afflitti dall’HIV e dall’AIDS in Africa è molto più lunga.
Cifre generali indicano la presenza di 19 milioni di persone con HIV/AIDS in Africa meridionale e orientale, 6 milioni e mezzo in Africa centrale e occidentale per una stima di 800 mila decessi nel 2015 solo in Africa Sub Sahariana. L’intervento da mettere in atto precede lo sviluppo dell’infezione di HIV che se supera specifiche soglie, poi, diventa AIDS, malattia che emargina e indebolisce progressivamente l’individuo. L’emergenza, per essere combattuta, necessita di trattamenti con farmaci antiretrovirali e campagne di informazione sui rischi dell’HIV/AIDS  e sulle modalità di prevenzione del contagio; soluzioni apparentemente semplici ma che i paesi più poveri del mondo non possono permettersi. Occorre strutturare strategie per portare i servizi sanitari alle persone e tentare di distruggere definitivamente l’HIV. Il primo passo è procedere con uno screening per l’HIV ma non è semplice convincere i locali a recarsi nelle poche strutture sanitarie presenti. In Tanzania, il 5% della popolazione è sieropositivo ma solo il 70% sa di esserlo perché ha effettuato il test. La riluttanza nel fare lo screening deriva dal fatto che, mentre nei paesi cosiddetti occidentali parlare di HIV e AIDS non è più un tabù e si è arrivati alla consapevolezza che non bisogna averne paura, in Africa, soprattutto nelle zone più rurali, essere sieropositivi comporta l’esclusione sociale per ragioni antropologiche e culturali. In altri casi la scelta è determinata dalla considerazione che, volendo evitare di fare il test nel centro più vicino al luogo in cui si vive per paura della reazione della comunità difronte al rischio di essere malati, si dovrebbe intraprendere un viaggio che comporterebbe una spesa economica difficile da sostenere. Ecco perché bisogna portare i servizi ai cittadini e coinvolgerli direttamente nella prevenzione. Le organizzazioni internazionali stanno fornendo un importante aiuto collaborando, dove possibile, con le autorità e i governi. Una delle problematiche più rilevanti riguarda l’incapacità di autonomia del continente africano della gestione dell’HIV e delle malattie in generale a causa del fragile sistema sanitario.
Il tema della sanità, per quanto gli ultimi anni abbiano visto un’evoluzione nel campo, rimane, infatti, una questione scottante in Africa. Le risorse richieste per l’assorbimento di malattie come l’AIDS, l’ebola, la tubercolosi, sono ingenti e difficilmente sanabili autonomamente. Intanto il numero dei morti è elevato. Nel 2015, secondo i dati riportati dal “Global tuberculosis report”, la Nigeria è stato uno dei paesi più colpiti dalla tubercolosi, malattia che causa ogni anno in Africa circa 281 nuovi casi di tubercolosi ogni 100 mila abitanti. La malaria è un’altra malattia che conta 214 milioni di casi e 438 mila decessi in un anno. La zona del mondo più colpita da questa malattia è stata l’Africa subsahariana; si sono registrati l’88 per cento dei casi di malaria e il 90% dei decessi.
Oltre alle malattie citate, nel continente africano ne sono presenti molte altre a fronte della presenza, invece, di pochi medici. In Africa si stima che operi solo il 3%di tutto il personale sanitario mondiale pur essendo caratterizzata dal maggior numero di malattie del mondo intero. In Liberia, nella Guinea e in Sierra Leone si trova un sistema sanitario con 4,5 medici ogni 100 mila abitanti; rapportando alla media italiana di 376 medici ogni 10 mila persone la differenza è eclatante. L’accesso alle cure, poi, è limitato dalle capacità economiche dell’individuo con la conseguenza che 4 persone su 5 non possono accedere al sistema sanitario. E’ chiaro, adesso, come mai il 40% della popolazione africana muore a causa di malattie infettive quando in occidente la stima è dell’1%. Un cambiamento dei dati si potrà avere solo attraverso una forte volontà politica del governo degli stati africani. Un esempio positivo è dato dall’Etiopia, uno dei pochi paesi che ha preso seriamente in considerazione la problematica della salute ottenendo importanti risultati nella prevenzione delle malattie infettive. La maggior parte dei governi, invece, predilige altri interessi e spende i soldi non per la salute dei cittadini (diritto universale) ma per seguire altre strade. Parliamo di paesi “ricchi” come l’Angola (2 milioni di barili di petrolio al giorno), la Nigeria (1,75 milioni di barili al giorno), il Gabon (1,7 milioni di barili) e il Congo (300 mila barili).

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