Pakistan
Martedì 20 maggio, l’Aviazione pakistana ha condotto un’operazione militare nel Nord-Waziristan, all’interno della regione denominata FATA (Federal Administered Tribal Areas). I raid aerei si sono concentrati su Mir Ali, situata a circa 40 km dal confine afghano, e avrebbero provocato 60 vittime e 30 feriti tra gli insorti, presumibilmente appartenenti alle milizie talebane del TPP (Taliban Movement of Pakistan), organizzazione “ombrello” di ribelli di etnia Pashtun attiva nell’area sin dal 2007 e attualmente guidata dal leader talebano Maulana Fazlullah.
Le trattative intavolate tra una delegazione di ribelli talebani e i rappresentanti del Primo Ministro Nawaz Sharif vanno avanti da mesi senza esito, oscillando tra apparenti segnali di avvicinamento e marcate prese di distanza.
La differenza di vedute tra la politica oltranzista dei militari, propensi a continuare l’offensiva contro i ribelli nel Nord del Paese, e l�! �ala dialogante, rappresentata dal governo Sharif, segnala una divisione interna al potere centrale e rende complessa la definizione di una strategia univoca da parte delle istituzioni, in uno scenario come quella pakistano, nel quale le Forze Armate hanno storicamente detenuto una posizione di rilievo.
In questo senso, le recente presa di posizione di Fazlullah, il quale ha fatto sapere che la lotta portata avanti contro il governo di Islamabad andrà avanti sino a quando la Legge Islamica non sarà introdotta in Pakistan, sembra poter produrre l’effetto di acuire le divisioni interne tra le Forze Armate e il Governo Nazionale e di radicalizzare lo scontro in atto.
I contraddittori segnali che provengono dallo scenario pakistano lasciano supporre, quindi, che il conflitto in atto possa continuare a svolgersi sul “doppio binario” della diplomazia e del confronto militare, lasciando al momento irrisolta la fondamentale questione di sicurezza che allarma lo Stato! pakistano.
Le trattative intavolate tra una delegazione di ribelli talebani e i rappresentanti del Primo Ministro Nawaz Sharif vanno avanti da mesi senza esito, oscillando tra apparenti segnali di avvicinamento e marcate prese di distanza.
La differenza di vedute tra la politica oltranzista dei militari, propensi a continuare l’offensiva contro i ribelli nel Nord del Paese, e l�! �ala dialogante, rappresentata dal governo Sharif, segnala una divisione interna al potere centrale e rende complessa la definizione di una strategia univoca da parte delle istituzioni, in uno scenario come quella pakistano, nel quale le Forze Armate hanno storicamente detenuto una posizione di rilievo.
In questo senso, le recente presa di posizione di Fazlullah, il quale ha fatto sapere che la lotta portata avanti contro il governo di Islamabad andrà avanti sino a quando la Legge Islamica non sarà introdotta in Pakistan, sembra poter produrre l’effetto di acuire le divisioni interne tra le Forze Armate e il Governo Nazionale e di radicalizzare lo scontro in atto.
I contraddittori segnali che provengono dallo scenario pakistano lasciano supporre, quindi, che il conflitto in atto possa continuare a svolgersi sul “doppio binario” della diplomazia e del confronto militare, lasciando al momento irrisolta la fondamentale questione di sicurezza che allarma lo Stato! pakistano.
Fonte CEsi Roma
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