Libano
Un duplice attentato terroristico a Beirut, nei pressi dell’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran in Libano, ha causato la morte di 23 persone, tra le quali l’addetto culturale della sede diplomatica, e ferito decine di passanti. La dinamica dell’attacco ha fatto subito pensare a un’azione da parte di un gruppo qaedista: a una prima esplosione, provocata da un attentatore suicida, è seguita, con il sopraggiungere dei primi soccorsi, una seconda deflagrazione causata da un’autobomba. A provocare la maggior parte delle vittime sarebbe stata proprio quest’ultima esplosione.
L’attentato è avvenuto nel quartiere a maggioranza sciita di Bir Hassan, roccaforte di Hezbollah, ed è stato rivendicato, alcune ore dopo, dalle Brigate Abdullah Azzam, gruppo jihadista attivo in diversi Paesi della regione e legato a doppio filo ad al-Qaeda. Nel testo della rivendicazione, il gruppo ha minacciato nuovi attacchi se l’Iran e Hezbollah continueranno ad appoggiare il Presidente siriano Bashar al-Assad. Il conflitto in Siria rischia di ripercuotersi su altri Paesi della regione quanto più si caratterizza sempre più come uno scontro di matrice settaria, nell’ambito del quale l’asse sciita Teheran-Damasco-Hezbollah si trova contrapposto alle forze di opposizione sunnita, tra le quali un ruolo di crescente incisività è ricoperto da gruppi legati ad al-Qaeda.
Dopo l’attentato, il Partito di Dio libanese ha comunque fatto sapere che non rinuncerà al proprio impegno a sostegno del regime di Assad. Di fatto, tale posizione rischia di esasperare ancora di più le tensioni in un Paese, il Libano, già caratterizzato da equilibri etno-religiosi assai fragili.
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