di
Valentina
Trogu
Ogni
individuo presenta una volontà e una capacità decisionale propria che gli
consentono di compiere determinate scelte e di mettere in atto specifici
comportamenti. Nel momento in cui si segue un pensiero che esplora tutte le
soluzioni possibili e ne valuta le relative conseguenze si compie un piano di
azione completo che è possibile definire come metodo strategico. La strategia
permette di riconoscere le dinamiche del contesto in modo tale da scegliere gli
strumenti adatti a raggiungere con soddisfazione l’obiettivo del momento. Le
scelte strategiche, soprattutto quelle militari e politiche, risultano migliori
se a sostegno dello studio della situazione in cui si svolge il piano di azione
si aggiunge un approfondimento delle esperienze passate. Gianbattista Vico,
filosofo e storico italiano del XVII secolo, sosteneva che compito dell’uomo è
di individuare e documentare gli eventi
della storia e i fatti accaduti nel passato al fine di interpretarli per
ricercare le ragioni ideali ed eterne che sono destinate a ripresentarsi costantemente,
ripetutamente anche se a livelli diversi, in tutti i momenti della storia. I
corsi e ricorsi storici aiutano l’uomo di oggi ad identificare quelle analogie
con eventi già accaduti che possano evitare di commettere gli stessi errori e
che permettano di optare per strategie similari o differenti in base allo scopo
da perseguire: eguagliare o allontanarsi dal risultato raggiunto in passato. La
filosofia di Gianbattista Vico ci porta a considerare il doppio lavoro dello
stratega. Da una parte dovrà essere uno studioso, utilizzare la razionalità per
identificare gli strumenti dell’azione e l’uso che potrà fare di essi.
Dall’altra parte, allo stratega sarà richiesto di essere un artista e di
mettere in gioco la sua creatività per riuscire a manipolare a suo piacimento
gli strumenti a disposizione per “ingannare” l’altro, per convincerlo della
validità del suo intento e costringerlo a fare ciò che si desidera. In ambito
militare, il lato geniale della strategia si riconosce in una dote naturale che
permette di identificare in un contesto di estremo pericolo e di alta tensione
la strada corretta da intraprendere e la soluzione più efficace per scombinare
i piani dei nemici e volgere la situazione a proprio vantaggio.
La
dicotomia ragione/arte in ambito strategico si ritrova nell’identificazione dei
fattori che sono in grado di influenzare l’evolvere di una specifica situazione
a seconda dell’utilizzo che ne viene fatto. Nello specifico, è possibile
distinguere i fattori materiali e i fattori immateriali della strategia. I
fattori materiali sono elementi tangibili, definibili con esattezza.
Ricordiamo, tra i tanti, la posizione, le linee, il teatro o spazio strategico,
le forze in campo, la massa e l’adattabilità, tutti elementi indispensabili per
il calcolo strategico sistematico. I fattori immateriali, invece, sono non
misurabili e non quantificabili. E' difficile prevedere quando entreranno in
gioco e in che modo influiranno sull’esito degli eventi perché sono
strettamente connessi al fattore umano e ad altri elementi strategici relativi
a comportamenti individuali e collettivi legati alla cultura e all’identità. I
corsi e ricorsi storici, dunque, permettono di identificare dinamiche e ragioni
ideali che si ripetono ma non consentono di prevedere la tipologia di reazione
collettiva davanti ad una certa azione o al manifestarsi di un determinato
evento. I ricorsi non riguardano il ripetersi di forme politiche delle nazioni
ma il ripetersi di tutte le forme della cultura sociale ed umana. Ciò significa
che la strategia utilizzata per risolvere una situazione difficile in una
specifica nazione possa non essere adatta per appianare divergenze simili in un
altro contesto a causa delle differenze culturali ed ideologiche.
In
un ambito di studio delle politiche militari comparate e delle strategie che
leader e nazioni scelgono di attuare per raggiungere determinati obiettivi è
fondamentale approfondire le dinamiche sociali che influiscono sui
comportamenti e sulle scelte degli individui. Ogni persona, infatti, forma la
propria identità all’interno di uno specifico contesto sociale in cui sono
presenti schemi di riferimento che modellano un sistema stabile e coerente di
valori e norme indispensabili per percepire e comprendere il mondo. Oltre
all’identità personale, definita dalla psicologia sociale come il sentimento
che si struttura in ognuno di noi in ordine all’essenza, all’unicità e alla
qualità della propria persona, troviamo, dunque, il concetto di ruolo, definito
con l’insieme delle aspettative intese
come condotte, compiti, valori e attitudini, che si formano all’interno della
società nei confronti di ogni individuo in base alla posizione specifica che
occupa nella società stessa.
La
dialettica tra individuo e società e il senso di appartenenza degli individui
ad una comunità sono stati oggetto di studio da parte di diversi studiosi che
hanno indirizzato il loro lavoro definendo un approccio sociologico alla
cultura. Quest’ultima, all’interno della sociologia classica, assume un posto
rilevante per l’interpretazione dei fenomeni sociali e diventa una componente
centrale dell’analisi della società. In questa ottica, la cultura deve
diventare uno strumento di analisi della realtà che ci circonda perché solo
conoscendo “il sapere, le credenze, l’arte, il diritto, la morale, il costume e
ogni altra competenza e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una
società” (definizione del termine cultura data dall’antropologo inglese Tyler)
è possibile capire le scelte sociali, economiche, politiche e militari messe in
atto da un popolo.
Talcott
Parsons, sociologo statunitense, all’interno di una prospettiva teorica dello
struttural-funzionalismo ha definito il carattere normativo della cultura
identificandola come l’insieme dei modelli di comportamento che la comunità
sociale ritiene validi e che i membri di quella società devono rispettare e
trasmettere alle generazioni successive. L’aspetto normativo riscontrato da
Parsons connette automaticamente la cultura con le componenti motivazionali
dell’azione, fornendo alle persone i criteri da seguire per orientare il
proprio comportamento, per scegliere tra le differenti alternative d’azione e
per dare un significato all’esistenza. La funzione regolativa della cultura per
essere svolta efficacemente deve mostrare coerenza e organizzazione e si deve
fondare su un sistema di valori. I valori sono astratti, non osservabili
empiricamente e per poter riscostruire un sistema che li comprenda sarà
necessario formulare ipotesi e trovare i giusti indicatori per procedere con la
ricostruzione.
La
cultura, dunque, ha un ruolo fondamentale nell’azione sociale ma non dobbiamo
dimenticare altri sottosistemi che intervengono nel sistema generale
dell’azione. Parsons, nello specifico, identifica altri tre sottosistemi, la
personalità, il sistema sociale e l’organismo biologico. Ognuno di essi svolge
una funzione diversa che li differenzia. La personalità rappresenta la funzione
del conseguimento dato che mobilita energie e risorse psichiche indispensabili
per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il sistema sociale svolge una funzione
di integrazione nel senso che stabilisce le forme della coesione e della
solidarietà mentre l’organismo biologico ha una funzione di adattamento in
quanto stabilisce un rapporto con l’ambiente fisico. La cultura, infine, svolge
la funzione della latenza perché fornisce all’attore sociale il senso
dell’azione e la giusta motivazione fornendo norme, valori, idee apprese ed
interiorizzate durante la fase della socializzazione.
Le
considerazioni che si possono trarre dalle affermazioni precedentemente
elaborate pongono al centro dell’interesse lo studio delle nazioni. Il nesso
che si cerca di cogliere è tra l’appartenenza ad una specifica cultura,
l’apprendimento di uniformità sociali e psicologiche e la configurazione di
tipici tratti di personalità definibili come caratteri nazionali in base ai
quali si creerebbe la distinzione con l’altro, con il diverso. Le relazioni
interetniche possono essere spiegate attraverso l’analisi della costruzione
sociale dell’idea di nazionalità e risultano utili, in ambito politico e
militare, per soddisfare il bisogno di capire il nemico al fine di interpretare
ed anticipare le sue mosse ma anche per creare rapporti duraturi con paesi
alleati o per aumentare il senso di coesione del proprio gruppo. Se le singole
persone sono portate a sentirsi parte integrante di un gruppo aumenterà
l’impegno volto a mantenere i valori del proprio gruppo di appartenenza e
crescerà la loro vulnerabilità rispetto a pressioni di tipo normativo. Ecco che
l’agire sociale risulterà influenzato dal fattore umano, dalla cultura appresa
e dalle norme interiorizzate e sarà poco prevedibile se alle spalle dello
studioso (sia che si tratti di un sociologo, un politico, uno storico o un
antropologo) mancherà un lavoro di approfondimento dei fattori immateriali
della strategia accanto allo studio dei fattori materiali.
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