Il crescente utilizzo del renminbi negli scambi e nei pagamenti internazionali nell’ultimo quinquennio riflette una successione di azioni ben coordinate, tese all’affermazione globale della moneta cinese.
Alla cautela che aveva inizialmente guidato le autorità monetarie cinesi è presto seguita una fase di impetuosa accelerazione del processo. Dopo Hong Kong, sono stati creati nuovi centri off-shore a Singapore e Londra, le piazze di maggior rilievo, ma anche a Bangkok, Doha, Francoforte, Kuala Lumpur, Lussemburgo, Parigi, Seul, Sydney e Toronto.
Una rete in continua espansione di accordi swap sta contribuendo a intensificare l’uso del renminbi (Rmb) come valuta di regolamento dell’interscambio mondiale. Tali accordi delineano chiaramente una mappa degli interessi geopolitici della Cina, che vanno dai paesi asiatici confinanti ai produttori di materie prime energetiche e più in generale includono tutti i paesi strategicamente rilevanti.
Il Rmb è oggi presente nelle riserve valutarie di un vasto e crescente numero di paesi e si profila un suo ingresso nel paniere delle valute che compongono il diritto speciale di prelievo, l’unità di conto del Fondo monetario internazionale, nel prossimo futuro.
Questi sviluppi segnalano una forte e chiara motivazione della Cina nei confronti dell’internazionalizzazione della propria moneta, ponendo le questione delle motivazioni sottostanti uno sforzo così cospicuo.
Le motivazioni sottostanti Di fronte al problema di quantificare i benefici dell’internazionalizzazione di una moneta la letteratura accademica limita per lo più l’analisi a fattori misurabili quali la riduzione dei costi di transazione e dell’incertezza che discende dalle fluttuazioni della moneta di un paese terzo, nonché ai benefici che discendono dal signoraggio, visto come un prestito senza interesse da parte dei paesi stranieri che detengono la valuta nazionale.
Studi recenti basati sull’esame di tali fattori concludono che, come nel caso del dollaro, la principale valuta internazionale, i benefici finanziari che gli Stati Uniti ne deriverebbero sono di entità al più modesta. Secondo alcuni autori potrebbe addirittura essere auspicabile per l’economia americana un minore ruolo internazionale del dollaro.
Se alla luce di siffatte conclusioni si giungesse a scartare l’internazionalizzazione di una moneta come un’opzione vantaggiosa per il paese che la detiene, rimarrebbe del tutto irrisolta la questione del perché le autorità cinesi pongano l’internazionalizzazione del Rmb tra le proprie priorità.
Considerazioni geopolitiche e di affermazione egemonica possono fornire l’ingrediente mancante per un esame pienamente soddisfacente del processo di internazionalizzazione del Rmb.
Per il suo apporto in termini di realismo e di sofisticazione concettuale, l’analisi dell’interazione tra una valuta internazionale e l’influenza geopolitica di chi la emette e controlla appare di fatto particolarmente rilevante nella spiegazione della volontà cinese di rafforzare il prestigio internazionale del Rmb.
Considerazioni geopolitiche e affermazione egemonica Si può in generale argomentare che se l’impiego internazionale di una moneta è spinto oltre un certo limite, esso può innescare un circolo virtuoso basato sulla reciproca interazione tra dominanza monetaria e dominanza politica.
Un paese dominante può incentivare l’uso della propria moneta da parte dei paesi subalterni; per contro, emettere una valuta dominante consente di rafforzare il prestigio e l’influenza di un paese consolidandone la posizione rispetto ai paesi subalterni.
Alla luce di tali considerazioni, il processo di internazionalizzazione del Rmb può essere inscritto in una strategia tesa a creare una comunità Est-asiatica con la Cina al proprio centro.
In tale prospettiva, l’ascesa del Rmb sarebbe un importante caposaldo del più vasto disegno strategico e diplomatico per conseguire il sogno asiatico, più volte enunciato dal presidente cinese Xi Jinping, di creare un’Asia per gli asiatici.
In coerenza con la sua grand strategy regionale, la Cina sta oggi cercando di ottenere il supporto e l’amicizia dei Paesi vicini, pur mantenendo posizioni intransigenti su vitali questioni strategiche quali la sovranità territoriale e i diritti e gli interessi marittimi.
Piuttosto che come un processo autonomo, la spinta verso l’internazionalizzazione del Rmb può dunque essere meglio compresa se letta come un elemento funzionale della strategia di potere della Cina per rafforzare il proprio ruolo regionale.
Una grande strategia regionale In questa prospettiva, la spinta verso l’internazionalizzazione del renminbi, l’istituzione e il finanziamento di istituzioni finanziarie regionali di ampia portata (quali la Asian Infrastructure Investment Bank, Aiib-, la New Development Banke il Silk Road Fund), l’accrescimento del proprio soft power attraverso la capacità di creare infrastrutture e finanziare governi in difficoltà in aree diverse del mondo quali l’Africa e l’America latina, il continuo e incessante rafforzamento delle proprie capacità strategiche e militari, rappresentano elementi strettamente intrecciati di una complessa e articolata agenda cinese.
Pochi anni or sono, l’eminente statista Lee Kuan Yew, padre della moderna Singapore, suggeriva che “i cinesi vorranno condividere questo secolo con gli americani su un piede di parità”.
Mentre gli Stati Uniti appaiono decisamente riluttanti di fronte alla prospettiva di cedere una quota della propria leadership mondiale alla Cina, il recente fallimento diplomatico americano sul terreno della Aiib ha dimostrato come i tempi stiano cambiando: molti Paesi, tra i quali numerosi alleati storici degli Stati Uniti, hanno dato l’impressione di essere meno disposti che in passato a conformarsi a un mondo esclusivamente dominato da Washington, propendendo per un approccio multilaterale ai temi economici globali.
La rapida ascesa del Rmb come valuta internazionale mostra quanto rapidamente possano oggi evolvere le relazioni economiche globali. Se la spinta verso l’internazionalizzazione del Rmb dovesse proseguire al passo dell’ultimo quinquennio, la valuta cinese potrebbe un giorno affiancare il dollaro come moneta di riserva mondiale.
Ma quello che più conta nel breve periodo è che il Rmb ha probabilità molto elevate di divenire la principale valuta regionale nell’Asia orientale, costituendo un veicolo efficiente e dinamico per il commercio internazionale e gli investimenti in quell’area. Piuttosto che come un rischio o una minaccia, un tale sviluppo è da vedersi come un’opportunità desiderabile a livello regionale, e una fonte di stabilità per il sistema monetario globale.
Juan Carlos Martinez Oliva è Direttore, Direzione generale economica, statistica e di ricerca della Banca d’Italia. Le opinioni espresse sono strettamente personali e non coinvolgono l'Istituto di appartenenza.
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