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sabato 21 febbraio 2015

Svizzera: c'è del fumo sulla Confederazione

Svizzera
Tsunami Swissleaks sul fisco svizzero
Cosimo Risi
13/02/2015
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In origine fu Wikileaks, poi venne Vatileakes e ora irrompe Swissleaks, uno scoop a scoppio ritardato, nato in parte per lanciare il libro di Hervé Falciani e in parte per ribadire che c’è del fumo in Svizzera.

Già dalla primavera 2010 il caso Swissleaks era noto in Italia come “lista Falciani”, dal nome del funzionario della Hsbc Private Bank di Ginevra che fra il 2006 e il 2007 aveva movimentato circa 180 miliardi di euro, parte dei quali si sospettava frutto di evasione fiscale e altri illeciti.

La lista con i nomi di clienti italiani fu trasmessa dalle autorità francesi - che l’avevano inzialmente acquisita - a quelle europee in base alla direttiva 77/799/Cee in tema di reciproca assistenza nel settore delle imposte dirette. Le indagini in Italia furono affidate alla Guardia di Finanza e alla Procura di Torino e portarono a recuperare ingenti somme e perseguire numerosi responsabili.

Effetti della finanza oscura
L’unico motivo che spiega il clamore suscitato oggi dal rilancio della vecchia inchiesta è che questa riporta alla ribalta la finanza oscura dei paradisi fiscali e dell’industria off-shore. Secondo quanto scritto il 9 febbraio su La Repubblica da Thomas Pinketty, autore di Il Capitale nel XXI secolo, la finanza oscura mina la coesione sociale, è fonte di diseguaglianze e minaccia la tenuta delle istituzioni democratiche.

Che certe pratiche siano diffuse o quanto meno tollerate in seno all’Europa è ulteriore motivo di preoccupazione. Il tarlo ci rode dall’interno. Alcuni clienti sono nomi del jet set internazionale e la loro immagine generalmente glamorous non pare risentire di questo incidente di percorso. Il “dimenticare” di dichiarare certe fortune al paese di residenza, i cui servizi sociali essi non pagano o non pagano in misura adeguata, non pare motivo di disonore sociale.

Falciani, un eroe ricercato
Falciani è per alcuni un eroe o quanto meno un iconoclasta. Per altri, come la giustizia svizzera, è un ricercato da estradare. La Spagna, paese dove principalmente vive, respinge la richiesta di estradizione. In Svizzera il procuratore generale lo aveva indagato sin dal primo scandalo per accesso abusivo ai sistemi informatici della banca e appropriazione indebita. Falciani continua a collaborare con gli investigatori di vari paesi interessati a portare alla luce ulteriori aspetti dello scandalo.

Nel 2014 si è diffusa la notizia di un’altra lista Falciani con i nomi di oltre centomila clienti che, attraverso le filiali della banca, si distribuiscono fra Lussemburgo, Montecarlo, Isole del Canale, Ginevra. La notizia riguarda pure italiani che avrebbero scelto Lugano. Falciani guadagna in popolarità anche politica a misura delle rivelazioni.

Il movimento spagnolo Podemos lo insignisce di grande reputazione, si dice di una sua collaborazione con il partito greco di Syriza. La procura svizzera, appena qualche mese fa, ne chiede il rinvio a giudizio per spionaggio economico qualificato, acquisizione illecita di dati, violazione del segreto commerciale e del segreto bancario. Il processo dovrebbe compiersi a breve con l’imputato verosimilmente contumace.

Paradiso fiscale svizzero
La nuova inchiesta Swissleaks riporta la Svizzera nel calderone dei paradisi fiscali o quanto meno dei paesi fiscalmente poco collaborativi. Si minimizza il fatto che lo scandalo originario sia ormai datato e che nel frattempo qualcosa è accaduto nella Confederazione e nei suoi rapporti con il resto del mondo.

La strategia del denaro pulito (stratégie de l’argent propre) voluta dal governo federale sta producendo qualche frutto. Si aggiunga l’azione più penetrante della Finma, l’autorità di vigilanza dei mercati finanziari. Gli uffici delle banche adottano delle buone pratiche per intervistare i clienti sulle fonti delle loro fortune, scaricare gli istituti da certe responsabilità riversandole sul cliente, congelare conti correnti, impedire prelievi abnormi di denaro o trasferimenti verso mercati poco trasparenti. La due diligence si applica in maniera più incisiva.

Su tutto domina l’atteggiamento decisamente più aperto di Berna verso gli organismi multilaterali, specie Ocse e G20. Per non dire di quello nei confronti di certi stati membri come l’Italia, con cui è imminente la sottoscrizione dell’intesa fiscale dopo anni di laboriosa negoziazione.

Qualcosa di rilevante nel mondo della finanza d’oltralpe si muove. I risultati possono essere benefici per noi. Nell’immediato, perché fanno chiarezza nei rapporti reciproci; nel futuro, perché favoriscono i flussi di ritorno sotto forma di investimenti produttivi.

Cosimo Risi, Ambasciatore a Berna, è docente di Relazioni internazionali al Collegio europeo di Parma.
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