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Il valzer delle indiscrezioni e negoziati sui nomi dei candidati alle massime cariche dell’Unione europea (Ue) si è concentrato essenzialmente sul Presidente della Commissione, del Consiglio europeo e del Parlamento di Strasburgo. Solo in questi ultimi giorni l’attenzione si è spostata sull’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune.
In Italia se ne parla soprattutto per l’indiscrezione su una possibile candidatura del Ministro degli esteri Federica Mogherini, altrove per il gusto del gioco delle caselle da riempire, in un’ottica di lottizzazione nazional-partitica. Questa visione di corto respiro è davvero stupefacente, poiché la carica di Alto Rappresentante ha un potenziale enorme per il futuro dell’Ue: se ben sfruttato può offrire all’Europa un elemento non secondario di ulteriore integrazione politica. Compiti dell’Alto rappresentante Forse è bene ricordare che cosa significhi oggi fare l’Alto rappresentate. Il Trattato di Lisbona, come è ben noto, ha innovato profondamente, con il Titolo V°, i meccanismi della politica estera e di sicurezza. In breve, l’Alto rappresentante ha la responsabilità quasi esclusiva per la gestione delle politiche e azioni nel campo delle relazioni internazionali, della sicurezza e anche della difesa dell’Ue. Presiede in modo continuativo, per cinque anni, il Consiglio affari esteri: il che significa gestirne l’agenda, proporre iniziative, individuare le priorità. Ha poi a disposizione un notevole apparato burocratico, il Servizio europeo per l’azione esterna, Seae, composto oggi da oltre 3mila unità (ma in crescita fino al limite di 6/7 mila) provenienti dai ministeri nazionali, dalla Commissione e dal Consiglio: un apparato diplomatico barocco, che non è facile far lavorare in modo coerente, anche a causa delle contese fra le tre diverse anime che lo compongono. L'Alto rappresentante si occupa direttamente anche dell’Eda, l’agenzia per la difesa europea, nucleo cruciale per il coordinamento fra le diverse difese nazionali nel campo strategico e industriale. Ha poi il comando delle missioni civili e militari dell’Ue nelle varie aree di crisi. E infine, per completare il quadro, è anche vicepresidente della Commissione con il compito di assicurare la coerenza fra la politica estera in senso stretto e le altre politiche esterne dell’Ue che giocano un ruolo non secondario nel proiettare l’immagine dell’Europa nel mondo. Gestione crisi internazionali Una missione impossibile, verrebbe da dire, anche perché tutti questi poteri sono in gran parte sulla carta, dal momento che gli stati mantengono gelosamente nelle loro mani un diritto di veto e interposizione che frena, quando non blocca, l’azione dell’Alto rappresentante. Lo si vede quando il gioco internazionale si fa duro e cioè nella gestione delle grandi crisi, dalla Siria all’Ucraina, dalla Libia all’Iraq: l’Alto rappresentante normalmente scompare. Lo si è sperimentato con Xavier Solana alcuni anni fa nel caso della Georgia. E ancor più con Catherine Ashton che pure godeva delle nuove regole e dei nuovi poteri stabiliti dal Trattato di Lisbona. A trattare sull’Ucraina con il presidente russo Vladimir Putin o con il suo ministro degli esteri Sergei Lavrov ci pensano Angela Merkel o David Cameron, non certo Ashton. L'incarico di Alto rappresentante impone quindi una continua battaglia contro l’arroganza e l’ingerenza dei governi dei grandi paesi e richiede una notevole velocità di azione e di iniziativa per anticiparne le mosse. Vicinato europeo in ebollizione Va ancora una volta ribadito che il futuro dell’Ue si giocherà moltissimo sullo scacchiere internazionale. Infatti, mentre in questi ultimi anni l’Europa si è quasi unicamente concentrata sulla gestione della crisi economico-finanziaria, intorno a noi il mondo è profondamente cambiato. Rispetto al 2009, anno di inizio dei guai dell’euro, il nostro Vicinato è oggi quasi irriconoscibile: Mediterraneo, Africa subsahariana, Medio Oriente, Caucaso meridionale e Russia si sono trasformati in un arco di crisi potenzialmente destabilizzante per l'Ue. A preoccupare è l’assenza di strategie e azioni concrete da parte dell’Unione in quanto tale. Centralità politica estera europea La scelta dell’Alto rappresentante è quindi di importanza cruciale, molto più di alcune altre cariche oggi in discussione. Ci saremmo aspettati un’analisi puntuale della job description e delle sfide future, fatta con la stessa intensità e approfondito dibattito che ha riguardato la figura del Presidente della Commissione. Si dovrà scegliere un candidato all’altezza della sfida, giovane o vecchio che sia, e al contempo decidere una volta per tutte di collocare la politica estera e di difesa al centro delle preoccupazioni europee riformando un meccanismo ancora inadeguato al compito che deve assolvere. Una nomina staccata da questi obiettivi e contenuti essenziali rischia di affossare ogni ambizione di trasformare l’Ue in un “credibile attore internazionale”, come si auspica ormai da troppo tempo, senza che ciò realmente si avveri. Gianni Bonvicini è vicepresidente vicario dello IAI. | ||||||||
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