Elezioni in India Spettro ingovernabilità sulla cavalcata di Modi Daniele Grassi 06/04/2014 |
L'establishment economico-finanziario indiano ha individuato nel leader del Bharatiya Janata Party (Bjp), Narendra Modi, il proprio candidato alle prossime elezioni. Ma nemmeno l'ascesa dei nazionalisti e la disfatta annunciata del Partito del Congresso sembrano poter scongiurare l'ipotesi di un governo debole, con prevedibili conseguenze per la crescita del Paese.
Modi alla guida del Guangdong indiano
Tra il 7 aprile e il 12 maggio, quasi 815 milioni di indiani (circa 1/6 della popolazione mondiale) saranno chiamati a eleggere i membri della nuova Lok Sabha (Camera bassa) tra oltre 15 mila candidati nelle elezioni più costose nella storia dell'India.
L'impennata dei costi dipenderebbe in primo luogo dalla faraonica campagna elettorale di Modi, favorito a guidare il prossimo governo indiano. La sua candidatura è sostenuta con convinzione dalla classe economica indiana, appoggio che si è già tradotto nello stanziamento di centinaia di milioni di rupie e ha condizionato l'atteggiamento dei media nei confronti del leader del Bjp.
Sin dall'annuncio della sua candidatura, infatti, numerosi mezzi di informazione (molti dei quali controllati proprio dall'establishment economico-finanziario) hanno avviato una campagna mediatica tesa a sottolineare i successi ottenuti da Modi durante gli anni trascorsi alla guida dello stato del Gujarat e ad esaltarne le credenziali come possibile capo del governo di Nuova Delhi.
I dati sullo sviluppo economico del Gujarat appaiono, invero, incontrovertibili. Definito dall’Economist il “Guangdong indiano” (in riferimento a una tra le più ricche province della Repubblica popolare cinese), il Pil del Gujarat è cresciuto durante il suo governo a un tasso medio di circa il 10%, costantemente al di sopra di quello nazionale.
Con solo il 5% del totale della popolazione indiana, questo stato assorbe circa il 16% della produzione manifatturiera nazionale e 1/4 del totale delle esportazioni. Risultati resi possibili da una forte semplificazione delle procedure burocratiche e dalla grande attenzione del leader del Bjp nei confronti di ogni singolo investitore, atteggiamento che gli è valso anche il sostegno della comunità economica internazionale (a novembre l'agenzia americana Goldman Sachs ha alzato il rating dell'India proprio in previsione di una sua possibile affermazione alle prossime elezioni).
Congresso, Terzo fronte e Partito dell’uomo comune
Al momento, tuttavia, il leader del Gujarat non ha ancora delineato la sua agenda economica, limitandosi a rivendicare i successi ottenuti a livello locale. Se per alcuni si tratta di una scelta politica tesa a lasciare a Modi un margine di manovra per contrastare il populismo delle altre forze politiche, l'assenza di una precisa piattaforma economica dipenderebbe, per altri, dalla volontà di tenere assieme le varie anime del partito, una più spiccatamente liberista e un'altra più marcatamente nazionalista anche in ambito economico.
Il sostegno della classe economica indiana, dunque, sembra più dipendere dai timori di un'eventuale vittoria del Congresso o del cosiddetto “Terzo fronte” (coalizione che riunisce vari partiti regionali e altre formazioni di sinistra), che da una reale e cieca fiducia nei confronti di Modi.
Gli ultimi anni del governo guidato da Manmohan Singh, premier appartenente la partito del Congresso, infatti, sono stati contraddistinti da numerosi scandali per corruzione e da una lunga serie di mancate riforme, con un tasso di crescita del Pil più che dimezzatosi (si è passati dal +10% del 2010-2011 all'attuale +4,9%).
Allo stesso modo, la breve esperienza dell'Aam aadmi party (Aap, Partito dell'uomo comune) alla guida del governo dello stato di Nuova Delhi è stata segnata da una politica economica marcatamente populista che ha evidenziato la scelta di questa formazione di non assumersi reali responsabilità di governo, preferendo rimanere collocata nella più agevole, ed elettoralmente più proficua dimensione della protesta. L'eterogeneità del “Terzo fronte”, infine, lascia poche speranze circa l'attuazione di un programma economico chiaro e coerente.
Sebbene l'affermazione del Bjp come primo partito appaia fuori discussione (secondo i sondaggi, potrebbe addirittura far registrare la migliore performance di sempre, superando i 182 seggi ottenuti nel 1998), rimangono dubbi sulle sue capacità di mettere assieme una coalizione di governo (per la maggioranza occorrono 273 seggi), tanto da non consentire nemmeno di escludere l'ipotesi di un governo guidato da uno dei leader del “Terzo fronte”, con l'appoggio esterno del Congresso.
Resta, dunque, lo spettro di un esecutivo troppo debole per adottare quelle riforme strutturali di cui il paese necessita e offrire agli investitori stranieri le necessarie garanzie di stabilità.
Corte Suprema indiana e corruzione
La diffidenza di molti partiti nei confronti di Modi è dovuta a uno stile di governo ritenuto eccessivamente autoritario e accentratore, dunque poco incline all'arte del compromesso e della mediazione.
Il leader del Bjp è senza dubbio uno dei personaggi più controversi della recente storia indiana. Una figura fortemente divisiva, la cui storia politica resterà sempre macchiata dalle violenze che si verificarono nel 2002 nel “suo” Stato, il Gujarat, quando un attentato contro un treno che trasportava pellegrini indù di ritorno da Ayodhya scatenò la dura reazione della popolazione locale contro la comunità musulmana, con un bilancio di oltre mille vittime.
Nel 2012 una speciale commissione d’inchiesta nominata dalla Corte Suprema indiana ha assolto Modi (ma non alcuni dei suoi più stretti collaboratori) dall'accusa di aver in qualche modo appoggiato le violenze perpetrate dai nazionalisti indù. Di recente, anche la comunità internazionale ha messo da parte ogni perplessità di carattere etico (nel 2005, gli Usa gli hanno negato il visto di ingresso), stabilendo legami diretti con quello che potrebbe essere il futuro leader dell'India.
Toccherà adesso agli elettori decidere se assecondare la trionfale cavalcata di Modi ai vertici del potere o se invece consegnare alle autorità un mandato poco chiaro, compromettendo, almeno nel breve periodo, le possibilità di ripresa economica del Paese.
Daniele Grassi è security analyst per Infocer
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Modi alla guida del Guangdong indiano
Tra il 7 aprile e il 12 maggio, quasi 815 milioni di indiani (circa 1/6 della popolazione mondiale) saranno chiamati a eleggere i membri della nuova Lok Sabha (Camera bassa) tra oltre 15 mila candidati nelle elezioni più costose nella storia dell'India.
L'impennata dei costi dipenderebbe in primo luogo dalla faraonica campagna elettorale di Modi, favorito a guidare il prossimo governo indiano. La sua candidatura è sostenuta con convinzione dalla classe economica indiana, appoggio che si è già tradotto nello stanziamento di centinaia di milioni di rupie e ha condizionato l'atteggiamento dei media nei confronti del leader del Bjp.
Sin dall'annuncio della sua candidatura, infatti, numerosi mezzi di informazione (molti dei quali controllati proprio dall'establishment economico-finanziario) hanno avviato una campagna mediatica tesa a sottolineare i successi ottenuti da Modi durante gli anni trascorsi alla guida dello stato del Gujarat e ad esaltarne le credenziali come possibile capo del governo di Nuova Delhi.
I dati sullo sviluppo economico del Gujarat appaiono, invero, incontrovertibili. Definito dall’Economist il “Guangdong indiano” (in riferimento a una tra le più ricche province della Repubblica popolare cinese), il Pil del Gujarat è cresciuto durante il suo governo a un tasso medio di circa il 10%, costantemente al di sopra di quello nazionale.
Con solo il 5% del totale della popolazione indiana, questo stato assorbe circa il 16% della produzione manifatturiera nazionale e 1/4 del totale delle esportazioni. Risultati resi possibili da una forte semplificazione delle procedure burocratiche e dalla grande attenzione del leader del Bjp nei confronti di ogni singolo investitore, atteggiamento che gli è valso anche il sostegno della comunità economica internazionale (a novembre l'agenzia americana Goldman Sachs ha alzato il rating dell'India proprio in previsione di una sua possibile affermazione alle prossime elezioni).
Congresso, Terzo fronte e Partito dell’uomo comune
Al momento, tuttavia, il leader del Gujarat non ha ancora delineato la sua agenda economica, limitandosi a rivendicare i successi ottenuti a livello locale. Se per alcuni si tratta di una scelta politica tesa a lasciare a Modi un margine di manovra per contrastare il populismo delle altre forze politiche, l'assenza di una precisa piattaforma economica dipenderebbe, per altri, dalla volontà di tenere assieme le varie anime del partito, una più spiccatamente liberista e un'altra più marcatamente nazionalista anche in ambito economico.
Il sostegno della classe economica indiana, dunque, sembra più dipendere dai timori di un'eventuale vittoria del Congresso o del cosiddetto “Terzo fronte” (coalizione che riunisce vari partiti regionali e altre formazioni di sinistra), che da una reale e cieca fiducia nei confronti di Modi.
Gli ultimi anni del governo guidato da Manmohan Singh, premier appartenente la partito del Congresso, infatti, sono stati contraddistinti da numerosi scandali per corruzione e da una lunga serie di mancate riforme, con un tasso di crescita del Pil più che dimezzatosi (si è passati dal +10% del 2010-2011 all'attuale +4,9%).
Allo stesso modo, la breve esperienza dell'Aam aadmi party (Aap, Partito dell'uomo comune) alla guida del governo dello stato di Nuova Delhi è stata segnata da una politica economica marcatamente populista che ha evidenziato la scelta di questa formazione di non assumersi reali responsabilità di governo, preferendo rimanere collocata nella più agevole, ed elettoralmente più proficua dimensione della protesta. L'eterogeneità del “Terzo fronte”, infine, lascia poche speranze circa l'attuazione di un programma economico chiaro e coerente.
Sebbene l'affermazione del Bjp come primo partito appaia fuori discussione (secondo i sondaggi, potrebbe addirittura far registrare la migliore performance di sempre, superando i 182 seggi ottenuti nel 1998), rimangono dubbi sulle sue capacità di mettere assieme una coalizione di governo (per la maggioranza occorrono 273 seggi), tanto da non consentire nemmeno di escludere l'ipotesi di un governo guidato da uno dei leader del “Terzo fronte”, con l'appoggio esterno del Congresso.
Resta, dunque, lo spettro di un esecutivo troppo debole per adottare quelle riforme strutturali di cui il paese necessita e offrire agli investitori stranieri le necessarie garanzie di stabilità.
Corte Suprema indiana e corruzione
La diffidenza di molti partiti nei confronti di Modi è dovuta a uno stile di governo ritenuto eccessivamente autoritario e accentratore, dunque poco incline all'arte del compromesso e della mediazione.
Il leader del Bjp è senza dubbio uno dei personaggi più controversi della recente storia indiana. Una figura fortemente divisiva, la cui storia politica resterà sempre macchiata dalle violenze che si verificarono nel 2002 nel “suo” Stato, il Gujarat, quando un attentato contro un treno che trasportava pellegrini indù di ritorno da Ayodhya scatenò la dura reazione della popolazione locale contro la comunità musulmana, con un bilancio di oltre mille vittime.
Nel 2012 una speciale commissione d’inchiesta nominata dalla Corte Suprema indiana ha assolto Modi (ma non alcuni dei suoi più stretti collaboratori) dall'accusa di aver in qualche modo appoggiato le violenze perpetrate dai nazionalisti indù. Di recente, anche la comunità internazionale ha messo da parte ogni perplessità di carattere etico (nel 2005, gli Usa gli hanno negato il visto di ingresso), stabilendo legami diretti con quello che potrebbe essere il futuro leader dell'India.
Toccherà adesso agli elettori decidere se assecondare la trionfale cavalcata di Modi ai vertici del potere o se invece consegnare alle autorità un mandato poco chiaro, compromettendo, almeno nel breve periodo, le possibilità di ripresa economica del Paese.
Daniele Grassi è security analyst per Infocer
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