LE FORZE PER
OPERAZIONI SPECIALI ITALIANE: TRA GLOBAL
SOF NETWORK E NATO
INTRODUZIONE (pubblicata)
COMPRENDERE
PER MEGLIO DEFINIRE
Ma cosa sono le Operazioni Speciali? Sicuramente queste
operazioni sono state da sempre avvicinate, nel pensiero militare Occidentale,
a qualcosa di irregolare, di “insolito”, tendenti quasi a minare le regole di
quella che è la forma più nota di violenza politica: la guerra. Queste
operazioni sono sempre state circoscritte, condotte da forze autonome ed
indipendenti, operanti all’interno del territorio, o meglio nello spazio difeso
dal nemico. In particolare con il Secondo Conflitto Mondiale queste azioni
hanno assunto la denominazione di “commando” e si sono concretizzate attraverso
ricognizioni, sabotaggi, raid d’assalto, missioni coperte a livello divisionale
ecc.[2] Durante il conflitto tutte
le maggiori nazioni coinvolte hanno sviluppato e creato reparti in grado di
condurre queste azioni: il caso italiano ha visto ad esempio l’impiego della
figura degli Arditi per il Regio Esercito, gli ADRA per la Regia Aeronautica ed
in particolare quello della Regia Marina con la X MAS, almeno fino al 1943.[3] Infatti, l’utilizzo di
queste unità non si è dimostrato efficace in operazioni prolungate nel tempo,
cioè in quella che è stata definita la guerra di resistenza-partigiana. Le
operazioni di tipo commando, caratterizzate da una spiccata capacità offensiva
mal si adattano a difendere e in un contesto come quello della guerra
irregolare hanno dimostrato la loro bontà principalmente e limitatamente alla
conduzione di missioni di ricognizione e di intelligence su terreni non
permissivi, svolti però ad un livello tattico.[4]
Sicuramente quindi le Operazioni Speciali, lo dice anche
il nome, sono caratterizzate da una serie di attributi in grado di
differenziarle da quelle che invece sono operazioni convenzionali. Un primo
passo verso una maggior chiarezza sull’argomento potrebbe essere tentare di
definirle come: operazioni condotte da forze addestrate, equipaggiate e
supportate nei confronti di un particolare obiettivo, la cui distruzione,
eliminazione o liberazione nel caso trattasi d’ostaggi, costituisca un
imperativo militare o politico.[5] Lasciata così però la
definizione implicherebbe che qualsiasi forza possa condurre un’Operazione
Speciale. Per limitare il bacino di «Chi» possa condurre queste operazioni è
proficuo spostare lievemente il punto d’osservazione e pensare ad esse in
termini di “approccio mentale all’operazione”. Queste operazioni verrebbero
condotte da unità in grado di ragionare ed operare in maniera non ortodossa per
il raggiungimento dell’obiettivo: una non ortodossia nell’approccio, non
necessariamente nel metodo. Operazioni queste che costituirebbero quindi, una
via alternativa a quelle convenzionali, a pari effetto desiderato.
Ecco qui un’importantissima caratteristica: le
conseguenze di queste operazioni devono avere un effetto strategico. Ecco
perché queste operazioni costituiscono un vero e proprio strumento in mano al decisore,
sia che vengano svolte in supporto alla diplomazia, a complemento delle forze
regolari o in maniera singola: sono una delle opzioni da poter utilizzare in
politica estera. Le Operazioni Speciali e coloro i quali sono chiamati a
condurle sono altresì una delle branche del potere militare di una Nazione, al
pari del potere aereo, navale, spaziale, nucleare ecc.[6]
L’Ammiraglio William H. McRaven pone però enfasi su
un’altra caratteristica delle Operazioni Speciali: esse sono offensive. Queste
sono sempre effettuate nei confronti di posizioni fortificate, in altri termini
il nemico in un’Operazione Speciale mantiene un approccio difensivo e dato che
la forma difensiva è intrinsecamente più forte di quella offensiva in uno
scontro, si apre la strada a quello che è stato definito il “paradosso
dell’Operazione Speciale”: attaccare e vincere in inferiorità numerica contro
un nemico sulla difensiva. La chiave del successo in un’operazione sta nel
raggiungere e nel mantenere la superiorità relativa, soprattutto durante le
fasi iniziali. Più l’operazione si protrae nel tempo, più il rischio che questa
fallisca aumenta esponenzialmente.
Per McRaven la superiorità relativa può essere raggiunta
mediante l’applicazione di 6 principi sinergici ed interdipendenti:
·
Semplicità: Limitando
gli obiettivi a quelli essenziali, l’intelligence svolge un ruolo vitale nel
determinare e nel limitare le variabili indipendenti;
·
Sicurezza: Negare al
nemico le tempistiche dell’operazione;
·
Ripetizione: Durante
la pianificazione l’operazione deve essere provata e riprovata;
·
Sorpresa: Viene
raggiunta attraverso una deception,
ed in generale attraverso una massimizzazione delle debolezze dell’avversario;
·
Velocità: Essenziale
al fine di limitare la propria vulnerabilità;
·
Dedizione: Gli
obiettivi sono noti a tutti i componenti, i quali sono votati alla missione.
Le Operazioni Speciali potrebbero quindi venire definite
come operazioni condotte su piccola scala, clandestine, caratterizzate da un
approccio di missione non ortodosso e caratterizzate da un elevato rischio, le
unità operano all’interno del territorio nemico, svolte con lo scopo di
conseguire significativi obiettivi militari o politici a supporto della
Politica Estera di una Nazione.[7]
L’arma principale di questi reparti, le forze chiamate a
condurre le Operazioni Speciali così definite, sta nell’eccellenza raggiunta nel loro livello
d’addestramento (le cui tattiche si basano sempre e sono mutuate su metodi di
guerra convenzionale), nella pianificazione e nell’improvvisazione.
Non tutte le operazioni svolte da forze adibite ad
operazioni che non sono convenzionali diventano però Operazioni Speciali.
Sempre all’interno di queste azioni militari fuori dal convenzionale ricadono
quelle che sono le attività di resistenza e le guerriglie. Sono operazioni
protratte nel tempo caratterizzate da circospezione e pazienza nell’approccio
di missione, nella maggior parte delle volte queste operazioni richiedono il
supporto della popolazione locale e l’impiego di forze armate
militari/paramilitari per il raggiungimento degli obiettivi. Cosa forse più
importante gli operatori chiamati a condurle devono possedere differenti
qualità ed abilità rispetto a quelli chiamati a condurre Operazioni Speciali,
così come una maggior comprensione e conoscenza del contesto socio-culturale
del proprio avversario, o meglio: dell’ambiente umano nel quale opera
l’avversario. Lo scopo ultimo è infatti quello di negare o di creare un
ambiente non favorevole al nemico: in particolare in un contesto di insorgenza.
Si potrebbe quasi giungere ad una macro-divisione di
questo grande insieme di operazioni basata su: operazioni dirette,
quelle cioè condotte senza l’intervento o il supporto di terzi; e operazioni indirette,
che prevedono invece l’intervento di terzi nel loro svolgimento, con le forze
qui esaminate in funzione di direzione, o in altri termini di mentori.
Il problema di coordinamento tra queste forze è stato
affrontato in maniera diversa da Paese a Paese: ad esempio gli Stati Uniti
hanno incorporato le capacità indirette e le relative forze chiamate ad
esercitarle all’interno della definizione stessa di Forze per Operazioni
Speciali, mentre altri non definiscono nulla al di fuori delle unità chiamate
ad eseguire le Operazioni Speciali propriamente dette.[8] In estrema sintesi, le
“forze non convenzionali”, quelle che negli Stati Uniti vengono definite SOF,
sono a loro volta caratterizzate da diverse peculiarità che le
contraddistinguono e diverse abilità, competenze e approccio mentale necessari
per poter portare a termine la loro particolare missione.
[1] Ministero della Difesa Italiano, www.difesa.it/SMD_/COFS/Pagine/Cosa.aspx e Esercito
Italiano, www.esercito.difesa.it/organizzazione/aree-di-vertice/stato-maggiore-esercito/Comando-delle-Forze-Speciali-dell-Esercito .
[2] Ronny
Modigs, Special Forces Capabilities of
the European Union Military Forces, Fort Leavenworth, School of Advanced Military
Studies United States Army Command and General Staff College, 26/05/2004.
[3] Esercito Italiano, http://www.esercito.difesa.it/organizzazione/aree-di-vertice/stato-maggiore-esercito/Comando-delle-Forze-Speciali-dell-Esercito/9-Reggimento-dAssalto-Paracadutisti-Col-Moschin/Pagine/La-Storia.aspx, Marina
Militare Italiana, http://www.marina.difesa.it/uominimezzi/corpispeciali/subinc/ilgoi/storia/Pagine/default.aspx e Jean-Pierre
Husson, Il 17°Stormo incursori, Chiavari,
Rivista Italiana Difesa, Maggio 2010, pag.24-30.
[4]
Ronny Modigs, Special Forces
Capabilities of the European Union Military Forces, Fort Leavenworth,
School of Advanced Military Studies United States Army Command and General
Staff College, 26/05/2004.
[5] Gli esempi
storici sono numerosi: basti pensare all’azione della X Flottiglia MAS del
dicembre 1941 nei confronti delle unità inglesi ad Alessandria d’Egitto, all’Operazione
Jonathan, ovvero Raid di Entebbe condotto dalle IDF il 4 luglio 1976 o ancora
all’operazione Neptune Spear del 2 maggio 2011 condotta da DEVGRU e CIA.
[6] Ronny
Modigs, Special Forces Capabilities of the European Union Military Forces, Fort
Leavenworth, School of Advanced Military Studies United States Army Command and
General Staff College, 26/05/2004.
[7] Ibidem e William H.
McRaven, The Theory of Special Operation,
Monterey, Naval Postgraduate School, 1993.
[8] Ivi.
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