La costante dell’intelligence
L’attività HUMINT potrebbe essere vista come un
aspetto di tante branche di intelligence, quasi una costante negli anni dello
spionaggio.
Essa, al fine di rendere il miglior prodotto
informativo possibile, negli anni ha seguito un persistente mutamento. Alcuni
esempi storici su come l’attività Humint abbia sfruttato le tecnologie, ci viene
offerto dal sito della difesa online, dove si trovano chiari aneddoti su come
la Humint viene applicata in vari modi.
Si pensi al campo dell’elettronica, già alla fine
della seconda guerra mondiale, “l’ingenuo” regalo all’ambasciatore degli Stati
Uniti a Mosca[1], era in realtà meno ingenuo del previsto: una
riproduzione in legno intarsiato dello stemma araldico degli Stati Uniti,
appeso nel suo ufficio, fornì per ben 7 anni preziose informazioni a
sconosciuti. Solo nel 1952 si è scoperto che dentro quell’artistico oggetto era
stato nascosto un rudimentale microfono spia costituito da una lamina metallica
ad U che vibrava per effetto delle onde sonore prodotte dalle voci delle
persone nella stanza. Sul lato opposto della strada, in una camera di fronte la
finestra dell’ufficio dell’ambasciatore, i servizi segreti, forse sovietici,
avevano fatto installare un sensibilissimo radar a onda continua che, puntato
esattamente sulla lamina ad U, ne captava le vibrazioni che poi venivano
riconvertite in parole.
Alcuni anni dopo nella primavera del 1964 fu
scoperto, sempre nell’ambasciata americana a Mosca, un altro caso singolare di
infiltrazione elettronica assai più elaborata; all’interno di alcune pareti era
stata sistemata una capillare rete di microfoni il cui impianto destò la
meraviglia dei pur esperti tecnici dei servizi di sicurezza statunitensi.
Il fattore umano è sempre presente e privilegiato,
come il meteorologo non si occupa degli interventi che verranno adottati per
porre rimedio ai danni provocati dal maltempo, così non rientrano nei compiti
di un agente segreto la cattura di un terrorista o l’arresto di un funzionario
statale disonesto, tutti provvedimenti che vengono ascritti ad altri organi
competenti. Questo lavoro è iniziato con il mondo dei social media e dei social
network, poi abbiamo raggiunto il profondo universo dell’intelligence,
successivamente è stato approfondita l’attività Humint, a questo punto ci sono
tutti gli elementi necessari per comprendere come la combinazione di questi
argomenti risponda alla domanda se anche l’attività Humint si possa adattare al
mondo di oggi, un mondo che vede un uso e degli effetti sempre maggiori della
virtualità.
Si evidenza ancora una volta che il VH non
sostituisce la fondamentale e inevitabile attività HUMINT, ma contribuisce in
maniera evidente alle relazioni tra HCO e fonte.
Sappiamo che sul piano operativo la disinformazione
opera attraverso la falsificazione, che mira a deformare in modo occulto
l'informazione, stravolgendone il messaggio attraverso l'alterazione di fatti
considerati in generale autentici. Detto ciò si pensi alla facilità con la
quale si possa diffondere una campagna di propaganda, attraverso l’uso dei
social media.
Il VH, o in generale possiamo definire Virtual
Intelligence, come nel caso dello Humint focalizza l’attenzione
sull’identificazione, reclutamento e gestione della fonte umana, ma attraverso
le tecniche e metodologie essa può essere usata nel mondo virtuale. Oltre
profili personali dei social possono essere anche analizzati i messaggi
all’interno dei gruppi social; intesa nella sua forma classica, essa non potrà
mai essere sostituita dalle tecnologie online, poiché c’è la necessità di avere
fonti umane in grado di accedere ad informazioni anche molto riservate. Si deve
però considerare l’ausilio del mondo virtuale che, combinato anche ad altre
nuove tecnologie che offrono nuove tecniche, funge da fattore potenziante.
L’HC, che come detto, lavora con fonti umane, essendo
un esperto di comunicazioni deve necessariamente tenere conto di come questa si
sia spostata anche nel mondo virtuale. Possiamo dire che accanto a dei buoni
manuali di comunicazione e del linguaggio del corpo dovrebbe averne uno
sull’impiego e potenzialità dei social media.
La comunicazione globalizzata ha attivato nuovi
canali d’interazione che scindono dalla locazione geografica. Azzerando le
barriere fisiche e temporali, la rete consente di gestire dei rapporti virtuali
e se l’intera comunità mondiale di Intelligence è ossessivamente interessata
agli sviluppi tecnologici, l’attività di Human Intelligence deve considerare di
applicare e ADATTARE le varie tecniche classiche di comunicazioni, alle
modalità di linguaggio (anche visivi) utilizzati durante le varie operazioni.
Se il limite è non avere feedback diretti durante l’interazione, il punto forte
è che non ci sono vincoli alla creatività degli HC, essi possono usare leve di
persuasione in tutte le dimensioni senza confini geografici; il fine è di
adattarsi al mondo virtuale.
La ricerca, l’identificazione, il reclutamento e la
gestione delle fonti umane, dove possibile, deve essere supportata dai social
media. Allo stesso tempo, necessariamente bisogna evidenziare
l’insostituibilità della gestione dei rapporti “face-to-face”.
Va precisato che le attività di Intelligence
all’interno dei social, in generale all’interno del Cyberspace, non
rappresentano lo strumento prioritario di riferimento per la conduzione ottimale
di questa tipologia di attività. Si pensi alle operazioni di Cyber Espionage
condotte contro il Daesh, che hanno fornito un contributo prezioso in termini di
riflessione dovuta all’esperienza, infatti i risultati prodotti non sono stati
eccezionali.[2]
Da che punto della storia si parla di operazioni di
interazioni virtuali ai fini di acquisizione informativa?
In generale l’VH o Cybernetic Humint, prende vita
nella prima metà del decennio scorso, attraverso l’analisi dei vari forum
online effettuata grazie all’impiego di pseudonimi e nickname. Allo stesso
tempo la nascita di fake identities, fornendo riservatezza agli operatori in un
mondo dove non vi è certezza dell’identità da entrambi i lati delle tastiere,
ha consentito spazio di manovra tra gli strumenti forniti dalla rete, offrendo
inoltre la sperimentazione di varie tecniche psicologiche. Se si hanno dubbi
sul potere persuasivo attraverso il mondo virtuale, è perché ancora non è stato
guardato il documentario “the Social dilemma”,[3] dove esperti del settore spiegano il potere
assuefatorio nascosto dietro la gratuità dei social.
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