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“A volte, sono le persone che nessuno
immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose… che nessuno può
immaginare”
Imitation Game
2.1 HUMINT e Antiterrorismo
Durante la seconda guerra mondiale per reclutare un
agente, soprattutto da parte degli Alleati, si faceva leva soprattutto sui
sentimenti patriottici e di resistenza contro l’invasore delle persone
individuate. Ovviamente, questo comportava un certo rispetto verso l’agente da
parte dell’agenzia che lo aveva reclutato, nonché l’instaurazione di un buon
rapporto di fiducia e collaborazione tra l’agente e l’operatore. Successivamente
durante la guerra fredda, si fece più largo uso del denaro come mezzo di
persuasione, in quanto, le scelte di reclutamento ricadevano molto spesso su
impiegati e funzionari governativi, che in buona parte decidevano di
collaborare in cambio di denaro. La storiografia specialistica è ricca di
esempi eclatanti di spie che hanno operato rispettivamente per i due blocchi,
sotto pagamento di ingenti somme di denaro.
Dopo la caduta del muro di Berlino, la conseguente
caduta dell’U.R.S.S. e i successivi fenomeni economici e sociali della
globalizzazione, si sono venute a creare le condizioni per nuovi tipi di
conflittualità di tipo asimmetrico. I nuovi fenomeni di insorgenza non caratterizzano
più solamente piccole zone territoriali delimitate ma sono in grado di
destabilizzare intere aree. La nascita e lo sviluppo del terrorismo
internazionale ha segnato l’inizio di una nuova era per la sicurezza
internazionale, chiamata a contrastare una minaccia senza confini definiti.
Questo ha portato anche ad un’evoluzione nelle tecniche di reclutamento da
parte degli operatori humint, che hanno iniziato a basarsi sul mind penetration, ovvero, la ricerca e lo sfruttamento delle
debolezze intrinseche dell’individuo[1].
Il terrorismo, così come la guerriglia, per
raggiungere i propri scopi, ha bisogno di informazioni, sia per una migliore
copertura delle attività clandestine sia per reperire informazioni, per
pianificare ed eseguire azioni eversive. La differenza fondamentale è il tempo,
poiché, per pianificare e condurre atti di guerriglia c’è bisogno di condizioni
sociali, territoriali ed economiche favorevoli; la maggior parte di esse
dipende dal consenso popolare, in cui si possono ottenere ad esempio:
-
Informazioni (ubicazione, entità, numerico e
spostamento delle truppe occupanti, o governative nel caso si parli di guerra
rivoluzionaria)
-
Supporto
logistico (acqua, viveri, vestiario, rifugio, diffusione di materiale
propagandistico, ecc.)
-
Eventuali aiuti finanziari (gruppi di
pressione favorevoli alla guerriglia, possono organizzare raccolte fondi, anche
attraverso attività illecite, per finanziare gli insorti).
Per questo motivo, il consenso diventa un fattore
fondamentale, sia per le forze insorgenti che per le forze occupanti. Entrambe
le forze cercheranno di tutelare l’incolumità della popolazione civile per
guadagnarne il consenso, aiutandosi anche con attività di propaganda e di
contro-propaganda nei confronti dell’avversario. Soprattutto la guerriglia, la
quale, non potendo affrontare una guerra classica, ricorre a tecniche di guerra
non convenzionale e fa largo uso di propaganda. Di conseguenza, è di
fondamentale importanza il potenziamento delle attività di intelligence,
soprattutto della humint, che in questi contesti risulta essere il più efficace
strumento di raccolta informativa.
La missione principale della humint in funzione anti
guerriglia è quello di inserirsi all’interno del tessuto sociale, comprenderne
la cultura, la lingua, le usanze, i bisogni e le problematiche, entrando in
sintonia con le persone, comunicando le ragioni e gli scopi dell’intervento, ed
influenzando principalmente i gruppi che sostengono la guerriglia[2]. Così facendo si creerà attorno ad essa terra
bruciata a livello di consensi; nel frattempo si provvede a disarticolare la
rete informativa degli insorti.
Per eseguire attentati terroristici non sono
necessari lunghi periodi tra pianificazione ed esecuzione; quindi il terrorismo
non necessita di una elevata attività di ricerca informativa con relativa rete
di spionaggio, o una linea gerarchica e comunicativa ben definita (vedesi i
noti casi di “lupi solitari”), né è fondamentale per un gruppo terroristico
godere di un alto livello di consenso popolare, in quanto, spesso gli
obbiettivi sono luoghi affollati[3], essendo l’obbiettivo principale del terrorismo
quello di sovvertire l’ordine attraverso il caos e la paura. Inoltre, gli
strumenti per realizzare un attentato terroristico sono economici e, in buona
parte dei casi, di facile reperibilità e assemblaggio. A volte addirittura a
costo zero, come nei casi di attentatori che si lanciano sulla folla con un
autoveicolo o armati di coltello da cucina. In quest’ultimo caso diventa ancora
più complesso prevedere un’azione terroristica da parte di questi soggetti, a
volte insospettabili, non appartenenti a nessuna cellula terroristica, che
rivendicano semplicemente la loro appartenenza a determinate organizzazioni.
Essi, a seguito di processi di radicalizzazione subiti in determinati ambienti
o addirittura in rete, successivamente ad una fase formativa quasi da
autodidatta attraverso le pagine del dark web[4], agiscono da soli e con modalità quasi
imprevedibili.
Capire le meccaniche dei processi di radicalizzazione
è necessario per prevenire soprattutto questo tipo di fenomeni. Per questo
motivo, negli ultimi anni, squadre di psicologi, sociologi e antropologi hanno
effettuato ricerche sul fenomeno, per tracciare il profilo dell’individuo che
più potrebbe essere soggetto a questo tipo di devianza, e trovare la soluzione
con tutti gli strumenti che la società civile può mettere in campo (scuola,
sanità, servizi sociali, ecc.), per evitare sul nascere questo tipo di fenomeno[5]. Oltre a luoghi comuni di ritrovo come centri
sportivi, bar, centri di preghiera non autorizzati (le così dette “moschee
garage”), una forte problematica inerente la radicalizzazione proviene dalle
carceri.
Paradossalmente il carcere dovrebbe essere il luogo
più sicuro da questo punto di vista, in quanto, all’interno delle sue mura il
controllo di determinati soggetti dovrebbe essere assicurato; ma gli eventi
terroristici ed eversivi degli ultimi anni ci hanno dimostrato il contrario.
Scavando nel passato di alcuni attentatori si è
scoperto che essi hanno subito un processo di radicalizzazione all’interno del
carcere dove erano detenuti per reati minori. Oppure, caso ben più eclatante,
quello che riguarda la maggior parte dei dirigenti dell’ISIS, in precedenza
detenuti in Iraq (Camp Bucca) e Giordania[6]. A questo proposito, sono diventate sempre più
insistenti le proposte per utilizzare agenti delle forze dell’ordine in
incognito negli istituti penitenziari o permettere ai servizi di informazione e
sicurezza di condurre operazioni con agenti sotto copertura anche nelle carceri,
al fine di identificare e isolare i sedicenti jihadisti. Queste proposte però,
si scontrano in molti casi con i diversi sistemi giudiziari, e al momento,
almeno in Italia, per quanto riguarda i servizi di informazione e sicurezza,
tale procedura non è possibile, in quanto, la legge 124 del 2007 vieta espressamente
agli apparati di intelligence di operare nelle carceri[7].
I conflitti non convenzionali rispetto alla guerra
classica hanno una durata di difficile definizione, come anche gli esiti. Per
questo motivo mettere in atto tutte le attività sopracitate richiede molto
tempo, e un lavoro fatto di pazienza e costanza. Come dimostrato anche dalle
ultime operazioni militari, condotte da forze armate convenzionali in
determinati territori contro forze ribelli, il tempo risulta essere l’elemento
determinante. Il protrarsi nel tempo di queste operazioni causa il logoramento
dal punto di vista psicologico del personale impiegato, con conseguente calo del
morale. Oltre a generare costi elevatissimi in termini economici e di vite
umane, che ha anche un effetto indiretto in patria, con il calo dei consensi e
il risentimento verso i decisori politici da parte della società civile.
Pertanto è necessario un addestramento ad hoc, riguardante la conoscenza del
contesto delle aree di operazione.
Grazie alle lezioni apprese nelle recenti operazioni
militari internazionali, il governo U.S.A., tramite i dicasteri dedicati, ha
disposto la formazione di appositi teams, impiegati in teatri operativi ad alto
rischio, nei quali, al personale humint sono affiancati specialisti in campo
sociologico, storico e antropologico. Questi specialisti hanno il compito di
raccogliere elementi culturali ed etnografici dell’area di operazione. La
conoscenza degli elementi culturali, quindi i processi sociali, politici,
economici, comportamentali e le tradizioni di un popolo sono fondamentali per
capire i loro modi di agire. Gli studi etnografici permettono di comprendere le
varie tribù, etnie, confessioni religiose presenti in quella nazione e i
rispettivi usi, costumi e forme di comunicazione tra i vari appartenenti alle
suddette realtà.
Queste ricerche e sono quindi necessarie per poter successivamente interagire
armonicamente con le popolazioni locali delle zone di operazione[8].
I progressi fatti in questo campo hanno dimostrato la
maggiore efficacia negli approcci con il personale autoctono, che permette la
formazione del rapporto di fiducia con il personale straniero in maniera più rapida.
In questo modo si riesce a fronteggiare la minaccia asimmetrica in maniera più
efficace, sottraendo risorse al nemico ma soprattutto risparmiando in termini
di vite umane.
[1] Teti Antonio, Virtual Humint la nuova frontiera
dell’intelligence, Rubbettino, p.80
[2] Masci Claudio – Piacentini
Luciano, Humint questa sconosciuta…Rubbettino,
pp. 153 - 157
[3] Ibid.
[4] Il dark web, o darknet (web
oscuro, rete oscura) è una piccola parte del deep web (web profondo), la parte
di web che non è indicizzata da motori di ricerca, a cui contenuti, si accede
via Internet con l’utilizzo di specifici software e specifiche configurazioni.
[5] https://www.difesaonline.it/evidenza/interviste/radicalizzazione-jihadista-nelle-carceri-cause-e-proposte-di-prevenzione
[6] Pagani Alberto, Manuale di Intelligence e Servizi Segreti,
Rubbettino, 2019, pp. 204 - 206
[7] https://www.poliziapenitenziaria.it/public-post-agenti-007-nelle-carceri-se-arrestati-potranno-nascondere-la-loro-identita-per-continuare-l8217-4417-asp/
[8] Masci Claudio – Piacentini
Luciano, Humint questa sconosciuta…Rubbettino, p. 203