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giovedì 20 gennaio 2022

Lapo Loris. UN’AREA STRATEGICA VULNERABILE. Le linee difensive nel Friuli-Venezia Giulia durante la Guerra Fredda I Parte.

   

                                           

Il Friuli-Venezia Giulia occupa una posizione geografica e strategica di straordinaria importanza nel contesto dell’Europa centro-meridionale ed è un fondamentale punto di accesso alla penisola italiana. La catena alpina, che lo separa a Nord dai paesi del centro Europa, pone in realtà una barriera tutt’altro che insormontabile grazie a delle cime non particolarmente elevate e ai numerosi valichi, primo fra tutti quello di Sella di Camporosso. Da est invece la pianura friulana è facilmente raggiungibile grazie alla ampia valle del Vipacco, da sempre varco percorribile da e verso l’aerea danubiana e balcanica. Attraverso questa straordinaria posizione, che apre all’acceso al Mare Adriatico e alla pianura Padana, centro nevralgico di tutta la penisola, si sono sviluppati interscambi commerciali, culturali, politici, etnico-linguistici ma anche movimenti di eserciti in uscita ed in entrata, come le frequenti invasioni subite hanno dimostrato.

Un breve accenno agli eventi storici, specificamente quelli militari connessi al territorio della regione, è doveroso. Partendo dalla dominazione romana, il Friuli fu un’aerea fondamentale per difendere la penisola dalle incursioni di popolazioni barbariche. Sin dal II secolo a.C. Roma, ormai padrona del nord-est peninsulare, respinse vari assalti, come quello dei Gallo-Carni del 186 a.C. Allo stesso tempo il Friuli fu trampolino di lancio per le campagne delle legioni contro popolazioni balcaniche come i Giapidi e gli Istri. Cesare poi svernò con le sue legioni presso Aquileia, città divenuta centro strategico e snodo fondamentale della rete viaria romana verso nord-est. Nacquero altri centri difensivi e commerciali come Cividale e Zuglio mentre una linea fortificata lungo le Alpi Carniche e Giulie fu istituita sotto Marco Aurelio.

Dal III secolo d.C. il territorio regionale fu la vera porta d’ingresso delle varie ondate barbariche che si succedettero, culminando con le invasioni dei Visigoti di Alarico nel 410 e poi con gli Unni di Attila nel 452, che portarono alla definitiva distruzione di Aquileia. A Goti e Longobardi seguirono Franchi e Ungari fino al periodo patriarcale, durante il quale furono rafforzate le difese ed i castelli del territorio friulano. Dal 1420 la Repubblica di Venezia pose fine alle guerre fra feudatari e rafforzò la difesa dei propri territori edificando la fortezza di Palmanova. Con il tramonto di Venezia, le campagne Napoleoniche, che attraversarono il Friuli durante la lotta con l’Austria, portarono alla annessione del Friuli stesso nel Lombardo-Veneto asburgico.

Le Guerre di Indipendenza prima nel 1848 poi nel 1866 stabilizzarono la situazione del confine orientale, lasciando in mano all’Austria Ungheria fino al 1915 le aree di Gorizia e Trieste.
La Prima Guerra Mondiale, che si svolse esclusivamente nel nord est della penisola, vide il territorio friulano teatro principale delle operazioni belliche. Il fronte dell’Isonzo e le appendici carsiche furono scenario delle reiterate offensive italiane che tentarono di sfondare il fronte austro ungarico. In questa situazione il Friuli fu anche retrovia e base logistica di uno sforzo bellico mai visto fino ad allora, che coinvolse centinaia di migliaia di uomini e grandissime quantità di materiali. Tuttavia, la pianura friulana patì le maggiori sofferenze dopo lo sfondamento avvenuto a Caporetto nell’ottobre del 1917. Molto è stato scritto sul disastro di Caporetto, dagli errori di sottovalutazione da parte italiana, alle nuove tattiche usate dai reparti tedeschi giunti sul fronte italiano per cercare di risolvere una situazione che per l’Austria-Ungheria si stava ormai deteriorando. Dopo il ritiro ordinato il 27 ottobre del 1917 alla 2a e alla 3a armata italiana, il Friuli rimase alla mercé dell’invasore e questo causò danni e sofferenze indicibili alla popolazione civile rimasta. Il trauma di questa invasione rimase impresso per decenni nel popolo friulano.

Durante la II G.M. il Friuli fu teatro, a partire dal settembre 1943, dell’occupazione tedesca e della conseguente cruenta lotta partigiana che vide protagoniste anche formazioni iugoslave.
Finita la guerra, si sviluppò lungo il confine un periodo di forte attrito con la Iugoslavia di Tito per le pretese territoriali di quest’ultimo su Trieste e parte del Friuli. Vi fu, in seguito alla minaccia di una prova di forza iugoslava, la prima grande mobilitazione postbellica del nuovo esercito italiano.

I confini settentrionali italiani furono già al centro della attenzione dei nostri vertici, politici e militari, durante gli anni più critici della storia europea del ‘900. Si trattò infatti di aumentare le possibilità di difesa già in parte facilitate dalla catena alpina. Le minacce non riguardarono solo il settore orientale, ma visto il fermento che agitò le cancellerie europee principalmente durante la prima parte del secolo, in maniera estensiva, anche tutto l’arco montano settentrionale.

Per questa ragione nacque la prima vera linea difensiva statica italiana, chiamata linea Cadorna ed edificata a ridosso del confine svizzero nel 1915. Lunga 72 Km. fu eretta per timore di un attacco tedesco attraverso la Svizzera. Costata l’equivalente di 150 milioni di euro, fu dotata di 88 postazioni per cannoni, di cui 11 in caverna, decine di chilometri di trinceramenti e centinaia di chilometri di strade1. Venne dismessa nel 1919 ma alcune sue fortificazioni furono inglobate nella nuova imponente serie di sbarramenti che presero il nome, nella loro totalità, di Vallo Alpino del Littorio.

Iniziato nel 1931, questo nuovo ridotto difensivo fu edificato per volontà di Mussolini al fine di difendere il confine con la Francia, ma fu poi esteso a tutta la chiostra alpina fino al confine iugoslavo. Fu un’opera enorme e costosa. Sviluppata su una linea di resistenza principale con una profondità di 3/400mt. con centri di resistenza in cemento o in caverna, prevedeva anche una linea antistante per l’osservazione e una serie di postazioni di artiglieria a tergo della linea principale.

Vi furono tutta una serie di direttive per la realizzazione di quest’opera titanica comprese quelle per un efficace mascheramento, mentre il Vallo fu diviso un 28 settori numerati a partire dal più occidentale. Per dare un’idea della grandiosità dell’opera basti ricordare che a supporto di essa furono aperti 1978 Km. di strade e furono utilizzati 40.000 operai. I cantieri furono chiusi nell’ottobre 1942. L’opera fu edificata tra alti e bassi, problemi tecnici di costruzione e dubbi di natura strategica. Effettivamente non ebbe modo di dimostrare la sua validità, visto che dopo il settembre 1943 iniziò un’opera di saccheggio da parte dei civili e poi sporadicamente partigiani e tedeschi la utilizzarono come rifugio o deposito. Fu parzialmente smantellata dopo la guerra, in ossequio al Trattato di Parigi del 1947, ma solamente ad ovest e unicamente per le opere di difesa attiva, non quelle riguardanti un uso logistico. Alcune opere, vista la mutata linea di confine postbellica, passarono sotto la Francia. Ad est invece le opere del Vallo disposte in montagna ripresero vita, venendo adeguate ed integrate nelle difese Nato. È interessante ricordare che per il presidio di quest’opera fu creato nel 1934 un apposito Corpo chiamato Guardia di Frontiera (GaF). Suddivisa in 28 settori di copertura era composta da 8 comandi con 63.000 uomini, poteva contare su 1000 fortificazioni, 7000 mitragliatrici, 1000 mortai, 2000 pezzi di artiglieria (2). Sciolta dopo la guerra i compiti della GaF passarono prima ai battaglioni di posizione e poi alla fanteria d’arresto.

Dopo la guerra, con l’entrata dell’Italia nella Nato, il confine nordorientale italiano assunse nuova importanza e le opere del vallo furono riadattate e modernizzate adeguandole con protezioni NBC3 e armamenti più recenti. Le opere furono divise in 2 gruppi, quelle di Tipo A presidiate e pronte e quelle di tipo B non presidiate ma mantenute efficienti.





Tavola 1. Il Vallo Alpino.

https://www.associazionenazionalefantiarresto.itopere-e-armiarmindividualiopere.jpg 15.03.202

(continua  La II parte sarà pubblicata il 31 gennaio 2022 su questo blog)

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