Nota a cura di Fabio Mariano
Cosa significa fare prevenzione della
radicalizzazione? Arrestare un individuo prima che commetta un attacco è già
repressione. Cresce il numero di individui pericolosi, aumentano gli obiettivi e le situazioni a rischio e si riduce il
tempo di reazione. Si consolida l’idea che la repressione da sola non
basti.
Prevenire significa intervenire a monte, prima che i
soggetti a rischio diventino pericolosi per la
comunità e perciò di
interesse per gli inquirenti. La prevenzione della radicalizzazione è come un
vaccino: evita la pandemia, riduce al minimo i soggetti contagiati che, essendo
in numero limitato, possono essere sottoposti a cure intensive. La figura che
segue mostra proprio l’importanza di integrare le azioni classiche
(militari/di polizia), efficaci soprattutto nella gestione del problema già
manifesto, con una strategia comunicativa che agisca soprattutto nel settore
della prevenzione del fenomeno. In questo dominio, l’esempio virtuoso della
strategia comunicativa della Gran Bretagna[1],
presentato nei capitoli precedenti, è la riprova di quanto sia importante
presidiare il dominio cognitivo per contrastare i fenomeni in esame.
La comunicazione, dunque,
è lo strumento principe per la prevenzione della radicalizzazione per la sua
intrinseca capacità di entrare a monte dei processi cognitivi, influenzare
percezioni e attitudini, incidere su scelte e comportamenti individuali e di
gruppo. Essa opera in uno spazio che è off-
limits per qualsiasi attività di repressione: il pensiero che guida scelte
e azioni.
La proposta analizzata in questo studio ha riguardato
una potenziale soluzione, in grado di integrare/razionalizzare le iniziative
già in atto fungendo da raccordo, da cabina di regia: una strategia integrata di comunicazione che, agendo nel dominio
cognitivo, intervenga principalmente nella prevenzione del fenomeno e, al
contempo, sostenga le iniziative già in atto che, come suddetto, sono più
efficaci nel settore del contrasto, contenimento e controllo.
L’analisi
del caso Daesh e della sua capacità di sfruttare il dominio cognitivo, il citato
virtuoso esempio inglese e lo studio sulle origini e prospettive del problema
migratorio, ci fanno comprendere lo stretto legame tra fenomeni così ampi e
complessi. Essi si materializzano nelle interazioni tra network umani, in cui i “cattivi”, sfruttando le criticità
strutturali di numerose aree dell’Africa che generano il “disagio dei deboli”,
agiscono quasi incontrollati alimentando un ciclo della criminalità, dei
traffici e del terrore che si autosostiene. Tale network, destinato a crescere a causa sia del perdurare di
problematiche socio-economiche ataviche, sia di una crescita demografica fuori
controllo, può essere contrastato soltanto attraverso la creazione di un network nazionale - sconfiggere il network
creando un network.
Pertanto,
appare necessario nel breve termine un approccio da parte italiana sempre più
integrato e coordinato che valorizzi le crescenti interazioni geopolitiche tra
Maghreb, Levante, Golfo Persico e Sahel; che interconnetta le diverse crisi e
le sfide della regione; che capitalizzi le potenzialità dell’intero bacino
Mediterraneo e che ponga ogni iniziativa sul suo futuro nel quadro di una
strategia di sviluppo sostenibile. A tal fine, è necessario strutturare un
piano interministeriale e inter agenzia che coordini e disciplini la condotta
di azioni sinergiche e multi dimensionali di prevenzione e contrasto,
attraverso “operazioni” congiunte politico-diplomatiche, di polizia e militari
condotte in Italia, ai confini, nel Mediterraneo fino a penetrare le aree dove
il problema ha origine.
Per
le ragioni sopra esposte, un piano nazionale strutturato di tale portata non
può prescindere dal sostegno di un elemento che funga da “collante e
propellente”, capace di supportare e integrare tutte le azioni: una
strategia di comunicazione fondata su programmi di monitoraggio, prevenzione e
intervento, che coordini e sostenga iniziative nuove o già esistenti concordate
nell’ambito di un board/cabina di
regia[2]
- Integrated
Communications Information Centre - facente capo alla Presidenza del
Consiglio. Tale strumento deve avere la licenza/capacità di analizzare le aree
obiettivo e sincronizzare le azioni/progetti[3]
di tutti i Dicasteri/Agenzie, ottimizzando gli sforzi (in termini di risorse
umane e finanziarie), in linea con gli indirizzi programmatici del Governo, al
fine di perseguire/difendere/sostenere gli obiettivi e gli interessi strategici
nazionali.
Concludendo,
si tratta di un progetto ambizioso, ma moderno e pragmatico, teso a
fronteggiare in maniera strutturata nel breve, medio e lungo termine gravi
fenomeni destinati, purtroppo, ad aggravarsi. In tale progetto, all’Italia è
richiesto di giocare, in un’Europa densa di competizioni e divergenze, un ruolo
guida, da protagonista, in un’area strategica per la sicurezza e l’economia
nazionale, alla quale ci unisce una vicinanza geografica, storica e culturale: in sintesi un progetto moderno, una sfida
da Sistema Paese.
[1] Per esempio,
il RICU (Research, Information and Communications Unit). Il RICU è una
unità interagency costituita nel 2007
con il compito di guidare le attività di comunicazione del governo (analisi,
consulenza, prevenzione, contrasto e gestione delle crisi) per far fronte alla
minaccia estremista e garantire la coesione della comunità nazionale.
[2] Che, a differenza di consessi esistenti (cabine di regia,
board, tavoli tecnici), affronti con
approccio sistematico e pragmatico le tematiche, coordini e faccia deconfliction delle azioni e produca un
piano strutturato di interventi attuabile e sostenibile.
[3] Tra
le iniziative rivolte al dominio della comunicazione, in ottica “prevenzione”,
da mettere a sistema, come detto, in un unico piano integrato, preme citare ad
esempio la pregevole iniziativa denominata “Cinemarena”, progetto avviato dal
ministero degli Esteri e dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo
Sviluppo (AICS)
in 200 villaggi africani[3] (Senegal, Costa d’Avorio,
Nigeria, Guinea, Gambia e Sudan) che affianca alla diffusione di classici di
animazione e del cinema muto, la sensibilizzazione ai rischi della migrazione
irregolare. Al pubblico, oltre alle proiezioni, saranno offerte anche altre
attività, tra cui workshop e spettacoli teatrali. Questa edizione è finanziata
con le risorse del Fondo Africa, realizzata insieme al Ministero dell’Interno e
in sinergia con la campagna “Aware
Migrants" dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim).
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