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LIMES, Rivista Italiana di Geopolitica

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mercoledì 11 settembre 2019

MIgrazione in Italia


Nota a cura di Fabio Mariano 


Cosa significa fare prevenzione della radicalizzazione? Arrestare un individuo prima che commetta un attacco è già repressione. Cresce il numero di individui pericolosi, aumentano gli obiettivi e le situazioni a rischio e si riduce il tempo di reazione. Si consolida l’idea che la repressione da sola non basti.
Prevenire significa intervenire a monte, prima che i soggetti a rischio diventino pericolosi per la comunità e perciò di interesse per gli inquirenti. La prevenzione della radicalizzazione è come un vaccino: evita la pandemia, riduce al minimo i soggetti contagiati che, essendo in numero limitato, possono essere sottoposti a cure intensive. La figura che segue mostra proprio l’importanza di integrare le azioni classiche (militari/di polizia), efficaci soprattutto nella gestione del problema già manifesto, con una strategia comunicativa che agisca soprattutto nel settore della prevenzione del fenomeno. In questo dominio, l’esempio virtuoso della strategia comunicativa della Gran Bretagna[1], presentato nei capitoli precedenti, è la riprova di quanto sia importante presidiare il dominio cognitivo per contrastare i fenomeni in esame.
La comunicazione, dunque, è lo strumento principe per la prevenzione della radicalizzazione per la sua intrinseca capacità di entrare a monte dei processi cognitivi, influenzare percezioni e attitudini, incidere su scelte e comportamenti individuali e di gruppo. Essa opera in uno spazio che è off- limits per qualsiasi attività di repressione: il pensiero che guida scelte e azioni.
La proposta analizzata in questo studio ha riguardato una potenziale soluzione, in grado di integrare/razionalizzare le iniziative già in atto fungendo da raccordo, da cabina di regia: una strategia integrata di comunicazione che, agendo nel dominio cognitivo, intervenga principalmente nella prevenzione del fenomeno e, al contempo, sostenga le iniziative già in atto che, come suddetto, sono più efficaci nel settore del contrasto, contenimento e controllo.
L’analisi del caso Daesh e della sua capacità di sfruttare il dominio cognitivo, il citato virtuoso esempio inglese e lo studio sulle origini e prospettive del problema migratorio, ci fanno comprendere lo stretto legame tra fenomeni così ampi e complessi. Essi si materializzano nelle interazioni tra network umani, in cui i “cattivi”, sfruttando le criticità strutturali di numerose aree dell’Africa che generano il “disagio dei deboli”, agiscono quasi incontrollati alimentando un ciclo della criminalità, dei traffici e del terrore che si autosostiene. Tale network, destinato a crescere a causa sia del perdurare di problematiche socio-economiche ataviche, sia di una crescita demografica fuori controllo, può essere contrastato soltanto attraverso la creazione di un network nazionale - sconfiggere il network creando un network.
Pertanto, appare necessario nel breve termine un approccio da parte italiana sempre più integrato e coordinato che valorizzi le crescenti interazioni geopolitiche tra Maghreb, Levante, Golfo Persico e Sahel; che interconnetta le diverse crisi e le sfide della regione; che capitalizzi le potenzialità dell’intero bacino Mediterraneo e che ponga ogni iniziativa sul suo futuro nel quadro di una strategia di sviluppo sostenibile. A tal fine, è necessario strutturare un piano interministeriale e inter agenzia che coordini e disciplini la condotta di azioni sinergiche e multi dimensionali di prevenzione e contrasto, attraverso “operazioni” congiunte politico-diplomatiche, di polizia e militari condotte in Italia, ai confini, nel Mediterraneo fino a penetrare le aree dove il problema ha origine.
Per le ragioni sopra esposte, un piano nazionale strutturato di tale portata non può prescindere dal sostegno di un elemento che funga da “collante e propellente”, capace di supportare e integrare tutte le azioni: una strategia di comunicazione fondata su programmi di monitoraggio, prevenzione e intervento, che coordini e sostenga iniziative nuove o già esistenti concordate nell’ambito di un board/cabina di regia[2] - Integrated Communications Information Centre - facente capo alla Presidenza del Consiglio. Tale strumento deve avere la licenza/capacità di analizzare le aree obiettivo e sincronizzare le azioni/progetti[3] di tutti i Dicasteri/Agenzie, ottimizzando gli sforzi (in termini di risorse umane e finanziarie), in linea con gli indirizzi programmatici del Governo, al fine di perseguire/difendere/sostenere gli obiettivi e gli interessi strategici nazionali.

Concludendo, si tratta di un progetto ambizioso, ma moderno e pragmatico, teso a fronteggiare in maniera strutturata nel breve, medio e lungo termine gravi fenomeni destinati, purtroppo, ad aggravarsi. In tale progetto, all’Italia è richiesto di giocare, in un’Europa densa di competizioni e divergenze, un ruolo guida, da protagonista, in un’area strategica per la sicurezza e l’economia nazionale, alla quale ci unisce una vicinanza geografica, storica e culturale: in sintesi un progetto moderno, una sfida da Sistema Paese.








[1] Per esempio, il RICU (Research, Information and Communications Unit). Il RICU è una unità interagency costituita nel 2007 con il compito di guidare le attività di comunicazione del governo (analisi, consulenza, prevenzione, contrasto e gestione delle crisi) per far fronte alla minaccia estremista e garantire la coesione della comunità nazionale.
[2] Che, a differenza di consessi esistenti (cabine di regia, board, tavoli tecnici), affronti con approccio sistematico e pragmatico le tematiche, coordini e faccia deconfliction delle azioni e produca un piano strutturato di interventi attuabile e sostenibile.
[3] Tra le iniziative rivolte al dominio della comunicazione, in ottica “prevenzione”, da mettere a sistema, come detto, in un unico piano integrato, preme citare ad esempio la pregevole iniziativa denominata “Cinemarena”, progetto avviato dal ministero degli Esteri e dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo Sviluppo (AICS) in 200 villaggi africani[3] (Senegal, Costa d’Avorio, Nigeria, Guinea, Gambia e Sudan) che affianca alla diffusione di classici di animazione e del cinema muto, la sensibilizzazione ai rischi della migrazione irregolare. Al pubblico, oltre alle proiezioni, saranno offerte anche altre attività, tra cui workshop e spettacoli teatrali. Questa edizione è finanziata con le risorse del Fondo Africa, realizzata insieme al Ministero dell’Interno e in sinergia con la campagna “Aware Migrants" dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim).


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