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mercoledì 26 luglio 2017

Master in Strategia e Sicurezza Globale

Parte I
MICHELE TAUFER

LE FORZE PER OPERAZIONI SPECIALI  ITALIANE: 
TRA GLOBAL SOF NETWORK E NATO

INTRODUZIONE
Negli ultimi 15 anni le Forze Armate nazionali hanno visto un sempre maggiore impiego, sia in ambito nazionale che soprattutto in un contesto multinazionale, di una particolare categoria di reparti: quello delle Forze per Operazioni Speciali. Il primo dicembre 2004 ha visto la nascita del Comando Operativo Forze Speciali: comando con lo status di Reparto Incursori paracadutisti interforze. Questa struttura, voluta dall’allora Capo di Stato Maggiore Amm. Di Paola è alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore della Difesa con la funzione di Comando di Pianificazione per la condotta delle Operazioni Speciali. Il baricentro delle attività è costituito da 4 Forze definite Speciali:
·         Il 9° Reggimento d’Assalto paracadutisti “Col Moschin” dell’Esercito Italiano;
·         Il Gruppo Operativo Incursori GOI della Marina Militare Italiana;
·         Il 17° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana;
·         Il Gruppo Intervento Speciale GIS dell’Arma dei Carabinieri.
L’azione di questi reparti è coadiuvata da quella di alcune unità definite di Supporto Operativo:
·         Il 26° Reparto Elicotteri per le Operazioni Speciali REOS dell’Esercito Italiano;
·         Il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti dell’Esercito Italiano;
·         Il 185° Reggimento paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore” dell’Esercito Italiano;
·         L’11° Reggimento Trasmissioni dell’Esercito Italiano;
·         Il 28° Reggimento “Pavia” dell’Esercito Italiano.
Se in ambito interforze ed operativo il comando e la direzione spetta al COFS, l’approntamento, l’addestramento e l’allocazione dei fondi destinati ai reparti summenzionati spetta alle singole Forze Armate d’appartenenza.[1] Fondi che potrebbero però in un prossimo futuro venire messi a rischio; infatti, contestualmente al sempre maggiore impiego di queste Forze si è assistito ad una continua diminuzione delle risorse economiche assegnate al Bilancio della Difesa attraverso sempre più numerosi tagli lineari. Un trend che fino ad ora non ha intaccato le Forze Speciali ma che potrebbe però mutare subendo un’accelerazione con la diminuzione degli impegni fuori area del Paese, quali ad esempio la fine della missione in Afghanistan. Questo breve studio si propone di aprire un dibattito, all’interno del sistema politico istituzionale-accademico italiano, sulle Operazioni Speciali, i reparti militari deputati a condurle e sul ruolo che queste debbano avere nella Strategia Nazionale.
Nella stesura dello studio è stato seguito un approccio analitico di tipo qualitativo basato sull’utilizzo della letteratura disponibile in materia, la quale peraltro non sempre è di facile reperibilità vista la delicatezza di alcuni temi trattati. Letteratura quest’ultima quasi totalmente di origine anglosassone e che fa perno sui filoni statunitense e britannico. Una delicatezza ed una segretezza in merito alle Operazioni Speciali che, se ampiamente giustificata nei confronti del «Chi» (quindi mi riferisco a composizioni numeriche, rintracciabilità dei reparti ecc.) e del «Come» debba svolgere questo tipo di operazioni potrebbe forse essere, almeno in parte attenuata nei confronti del «Cosa» siano queste operazioni. Il rischio è quello di mantenere e di far rimanere queste particolari operazioni avvolte ed imprigionate in una serie di miti e stereotipi che ne pregiudicano la reale comprensione da parte dei non addetti ai lavori inficiandone l’impiego al massimo delle potenzialità. Una comprensione e conoscenza dell’argomento che costituisce una precondizione essenziale per colui che in ultima analisi è chiamato ad usarle in maniera efficace: il decisore politico.

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