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domenica 12 giugno 2016

LA proposta italiana per l'immigrazione

Hot spot in mare, ricetta italiana alla prova Ue
Fabio Caffio
09/06/2016
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Spinta dalla necessità di adottare misure per fronteggiare nuovi massicci arrivi via mare, l'Italia pensa di identificare i migranti su navi adibite ad hot spot galleggianti. Si vuole evitare l'ingresso di irregolari economici valutando subito i potenziali aventi titolo a protezione internazionale.

L'obiettivo è condivisibile, ma riserve possono essere espresse da differenti punti di vista, compreso il radicato convincimento dell'Unione europea, Ue, che l'Italia sia, per posizione e vocazione, il principale hub delle persone salvate in mare provenienti da Libia ed Egitto.

Soluzione tattica
Il piano italiano va correlato alla ricerca e soccorso (Sar) dei migranti, obbligo morale e giuridico che l'Italia assolve da sempre a pieno (più di 600.000 persone assistite dal 1991, di cui 300.000 negli ultimi due anni).

L'imbarco su nostri hot spot galleggianti equivarrebbe infatti, secondo le Linee guida dell'Organizzazione marittima internazionale, al raggiungimento di un "luogo sicuro" (place of safety) in territorio italiano, cui consegue, in termini di concessione di asilo, l'attuale sistema di Dublino.

Le limitazioni logistiche di una nave sia pur grande, la presenza di minori, il carattere coercitivo dell'identificazione in funzione di successivi rimpatri, potrebbero tuttavia intaccare il principio che è "sicuro il luogo (...) dove possono essere soddisfatte le necessità umane di base e definite le modalità di trasporto dei sopravvissuti verso la destinazione successiva o finale tenendo conto della protezione dei loro diritti fondamentali nel rispetto del principio di non respingimento...".

Contenziosi giuridici sono quindi ipotizzabili. Ma ad essere sul banco degli accusati della Corte europea dei diritti dell'uomo sarebbe l’Italia, mentre nessun addebito verrebbe mosso ai Paesi che hanno preso su proprie navi le persone in pericolo, trasportandole poi su quella italiana.

Salvataggio garantito: attrazione per i migranti?
Il dislocamento di una nave hot spot vicino alla Libia ricalca, in un certo senso, il modulo dell'Operazione Mare Nostrum. Proprio per questo, non bisogna dimenticare l'accusa rivolta all'Italia di aver inconsapevolmente determinato, con il proprio impegno umanitario, un "fattore di attrazione" (pull factor). Nel 2014, esponenti politici britannici osservarono cinicamente che Mare Nostrum incoraggiava a tentare una pericolosa traversata foriera di tragedie.

La questione è ovviamente viziata in partenza, se si considera che l'altissimo numero di persone perite drammaticamente in mare non può essere il frutto di un semplice azzardo.

Vero è, invece, che i trafficanti di esseri umani hanno adattato le loro strategie criminali alla possibilità che migranti, lasciati alla deriva vicino alla Libia o all’Egitto, richiedano con un cellulare l'intervento dell'autorità Sar italiana, certi di contare sul suo intervento anche al di fuori dell'area di nostra competenza regolamentata dal DPR 662/1994.

In rosso i limiti delle zone SAR di Tunisia, Libia e Grecia, nonché di quella pretesa da Malta che ingloba parte della zona italiana.

Europeizzare il Sar
L'Ue è refrattaria a considerare il soccorso in mare come una sua funzione, ritenendolo esclusiva responsabilità nazionale, poiché il salvataggio dei migranti, benché atipico, si inquadra nel normale soccorso ai naviganti a carico dei singoli Stati.

Il massimo sforzo europeo è stato assegnare compiti Sar alle forze marittime di Triton (sulla base del Regolamento Frontex 35/14) e di Eunavfor Med "Sophia", a condizione che le navi di entrambe le operazioni trasportassero in Italia i migranti salvati.

In realtà, il Parlamento europeo, nella sua Risoluzione del 12 aprile 2016 sulla situazione nel Mediterraneo ha affrontato il problema trattandolo, assieme alla politica comune di asilo ed ai ricollocamenti, nell'ambito del principio di solidarietà stabilito dall'art. 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione, Tfue.

Il Parlamento europeo ha perciò suggerito che siano destinate più risorse ai servizi Sar nazionali "nel contesto di un'operazione umanitaria europea dedicata a trovare, salvare ed assistere migranti in pericolo trasportandoli nel più vicino luogo sicuro".

Navi hot spot non italiane 
Finché non si attiveranno canali di immigrazione legali o corridoi umanitari, il salvataggio in mare dei migranti sarà sempre la fondamentale priorità; anche perché la riduzione dei flussi non potrà venire in tempi brevi da Tripoli, che non accetta interferenze straniere nella lotta ai trafficanti, né è un interlocutore simile alla Turchia.

Il Parlamento europeo, consapevole di questo, ha adottato una policy che presuppone, da parte dei Paesi membri, un impegno in mare non necessariamente collegato al trasporto in Italia delle persone salvate.

Qualche giorno fa, un barcone proveniente dall'Egitto, con circa 300 persone a bordo, è affondato a sud di Creta. Cosa impedisce che sia collocato uno hot spot non italiano sulle rotte che dal Mediterraneo orientale passano attraverso le zone Sar greche e maltesi?

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina militare in congedo, esperto di diritto internazionale marittimo.

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