Innovazione tecnologica Fattore vincente e motore per lo sviluppo Michele Nones 25/06/2015 |
Nel mercato globale la competizione continua a crescere ed accelerare. Aumenta la domanda soprattutto grazie ai mercati in ascesa e aumenta l’offerta soprattutto grazie ai nuovi produttori. Nei settori ad elevata tecnologia permangono forti barriere all’ingresso, ma riescono solo a rallentare e selezionare l’arrivo di nuovi concorrenti, non ad impedirlo.
L’arrivo di nuovi concorrenti
Su quest’ultimo fronte giocano molteplici fattori:
1) La globalizzazione comporta un maggiore e più facile trasferimento delle conoscenze (comprese le tecnologie) e delle persone (comprese quelle ad elevata istruzione), anche grazie alla maggiore facilità di comunicazione e movimento.
2) L’innovazione tecnologica di prodotto e di processo lascia ampio spazio all’intervento umano sia direttamente sia attraverso il supporto informatico e, quindi, non sempre è richiesta la presenza di massicci investimenti fissi.
3) L’acquisto di prodotti ad elevata tecnologia è condizionato al trasferimento di capacità tecnologiche e industriali. Che questo avvenga per ragioni politiche o anche economiche è, da questo punto di vista, irrilevante. E che si tratti di centrali atomiche o di impianti per l’energia o di velivoli, elicotteri, navi militari o aerei passeggeri (solo per citare i casi più conosciuti), lo è altrettanto.
4) Le nuove potenze regionali spingono per entrare in questi settori perché importanti per la loro crescita (in ragione dell’effetto trainante), perché prestigiosi (il caso più eclatante è quello spaziale), perché fondamentali ai fini della loro sicurezza e difesa.
5) I Paesi più industrializzati limitano solo parzialmente i trasferimenti tecnologici (prodotti militari altamente sofisticati) soprattutto per la necessità di trovare nuovi mercati di sbocco per prodotti sempre più avanzati e costosi che i loro mercati interni non sono in grado di mantenere.
Solo gli Stati Uniti fanno eccezione a questa regola e, anche per questo, riescono a controllare meglio i trasferimenti tecnologici. La Russia è molto più disinvolta, come gli stessi Paesi europei, soprattutto in questo periodo di crisi o basso sviluppo economico e di taglio delle spese militari.
Nella competizione globale l’innovazione tecnologica è uno dei fattori vincenti ed è riconosciuta da tutti come il motore dello sviluppo.
Innovazione di prodotto e di processo, una valanga
L’opinione pubblica vede quasi esclusivamente e inevitabilmente l’innovazione di prodotto che permea la vita quotidiana. E questo vale ormai in tutto il mondo, escluse le sole aree ad altissima povertà.
Ma, in realtà, è ancora più importante l’innovazione di processo perché ne rappresenta la premessa, coinvolge tutti i settori (compresi quelli dove i prodotti apparentemente restano gli stessi e non sono considerati sofisticati) ed è completamente trasversale.
Anche per queste ragioni in tutti i paesi l’innovazione tecnologica è sostenuta direttamente o indirettamente dai governi, poco importa se attraverso politiche fiscali, della ricerca, della formazione, disponibilità di finanziamenti, realizzazione di infrastrutture, centri e istituti di ricerca.
Fra tutti gli altri, il settore forse più supportato è quello dell’aerospazio, sicurezza e difesa perché aggiunge alla componente tecnologica e industriale una caratteristica unica ed essenziale, quella della tutela e della difesa del proprio sistema-paese.
L’innovazione tecnologica assomiglia, in positivo, ad una valanga: aumenta continuamente la sua velocità e trova nuova energia nella sua corsa (e, simbolicamente, travolge ogni ostacolo): bisogna, quindi, starci davanti e anticiparne l’evoluzione, correndo come e, se possibile, più degli altri, se si vuole rimanere nel gruppo di testa o, per lo meno, non restare troppo distaccati: alle spalle si ingrossa e si avvicina il gruppo degli inseguitori.
Il caso Italia: ritardi e limiti
L’Italia costituisce un caso originale. È entrata in ritardo, rispetto ai Paesi concorrenti, nei settori ad elevata tecnologia. Ma le ridotte dimensioni del mercato nazionale e la dispersione dei finanziamenti pubblici su troppi fronti, hanno finito con il limitare il “tasso di sopravvivenza” delle nostre capacità di innovazione. Il risultato è che oggi, fra i pochi settori sopravvissuti, il principale è rappresentato dall’aerospazio, sicurezza e difesa.
Qui lo Stato italiano ha, oltre tutto, una doppia responsabilità: è, come tutti gli altri, “regolatore” del mercato, principale acquirente, sostenitore dell’export, finanziatore della ricerca tecnologica, ma è fra i pochi ad essere anche l’azionista di riferimento dei principali gruppi industriali nazionali, Finmeccanica e Fincantieri.
Il problema è che questa seconda funzione si estrinseca quasi esclusivamente con la nomina dei suoi vertici e non con la definizione e coerente attuazione di una politica di settore, anche a causa della mancanza di una cabina di regia che raccolga e superi le diverse competenze e gelosie ministeriali.
Questa azione di guida risulta ancora più importante di fronte all’integrazione del mercato europeo e all’inevitabile ripresa del processo di razionalizzazione e ristrutturazione dell’industria europea. Decidere dove vogliamo restare, dove possiamo accettare di essere interdipendenti coi partner europei, dove dobbiamo abbandonare il campo, è una responsabilità del Governo che non può essere elusa o delegata.
Coerenza con il Libro Bianco
Non a caso il recente Libro Bianco della Difesa prevede una collaborazione interministeriale volta a rafforzare le nostre capacità tecnologiche e industriali attraverso l’elaborazione di un Piano, mantenuto periodicamente aggiornato, che individui le attività strategiche nel campo della difesa e della sicurezza, anche tenendo conto delle potenziali applicazioni duali delle relative tecnologie.
Primo obiettivo da perse
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Su quest’ultimo fronte giocano molteplici fattori:
1) La globalizzazione comporta un maggiore e più facile trasferimento delle conoscenze (comprese le tecnologie) e delle persone (comprese quelle ad elevata istruzione), anche grazie alla maggiore facilità di comunicazione e movimento.
2) L’innovazione tecnologica di prodotto e di processo lascia ampio spazio all’intervento umano sia direttamente sia attraverso il supporto informatico e, quindi, non sempre è richiesta la presenza di massicci investimenti fissi.
3) L’acquisto di prodotti ad elevata tecnologia è condizionato al trasferimento di capacità tecnologiche e industriali. Che questo avvenga per ragioni politiche o anche economiche è, da questo punto di vista, irrilevante. E che si tratti di centrali atomiche o di impianti per l’energia o di velivoli, elicotteri, navi militari o aerei passeggeri (solo per citare i casi più conosciuti), lo è altrettanto.
4) Le nuove potenze regionali spingono per entrare in questi settori perché importanti per la loro crescita (in ragione dell’effetto trainante), perché prestigiosi (il caso più eclatante è quello spaziale), perché fondamentali ai fini della loro sicurezza e difesa.
5) I Paesi più industrializzati limitano solo parzialmente i trasferimenti tecnologici (prodotti militari altamente sofisticati) soprattutto per la necessità di trovare nuovi mercati di sbocco per prodotti sempre più avanzati e costosi che i loro mercati interni non sono in grado di mantenere.
Solo gli Stati Uniti fanno eccezione a questa regola e, anche per questo, riescono a controllare meglio i trasferimenti tecnologici. La Russia è molto più disinvolta, come gli stessi Paesi europei, soprattutto in questo periodo di crisi o basso sviluppo economico e di taglio delle spese militari.
Nella competizione globale l’innovazione tecnologica è uno dei fattori vincenti ed è riconosciuta da tutti come il motore dello sviluppo.
Innovazione di prodotto e di processo, una valanga
L’opinione pubblica vede quasi esclusivamente e inevitabilmente l’innovazione di prodotto che permea la vita quotidiana. E questo vale ormai in tutto il mondo, escluse le sole aree ad altissima povertà.
Ma, in realtà, è ancora più importante l’innovazione di processo perché ne rappresenta la premessa, coinvolge tutti i settori (compresi quelli dove i prodotti apparentemente restano gli stessi e non sono considerati sofisticati) ed è completamente trasversale.
Anche per queste ragioni in tutti i paesi l’innovazione tecnologica è sostenuta direttamente o indirettamente dai governi, poco importa se attraverso politiche fiscali, della ricerca, della formazione, disponibilità di finanziamenti, realizzazione di infrastrutture, centri e istituti di ricerca.
Fra tutti gli altri, il settore forse più supportato è quello dell’aerospazio, sicurezza e difesa perché aggiunge alla componente tecnologica e industriale una caratteristica unica ed essenziale, quella della tutela e della difesa del proprio sistema-paese.
L’innovazione tecnologica assomiglia, in positivo, ad una valanga: aumenta continuamente la sua velocità e trova nuova energia nella sua corsa (e, simbolicamente, travolge ogni ostacolo): bisogna, quindi, starci davanti e anticiparne l’evoluzione, correndo come e, se possibile, più degli altri, se si vuole rimanere nel gruppo di testa o, per lo meno, non restare troppo distaccati: alle spalle si ingrossa e si avvicina il gruppo degli inseguitori.
Il caso Italia: ritardi e limiti
L’Italia costituisce un caso originale. È entrata in ritardo, rispetto ai Paesi concorrenti, nei settori ad elevata tecnologia. Ma le ridotte dimensioni del mercato nazionale e la dispersione dei finanziamenti pubblici su troppi fronti, hanno finito con il limitare il “tasso di sopravvivenza” delle nostre capacità di innovazione. Il risultato è che oggi, fra i pochi settori sopravvissuti, il principale è rappresentato dall’aerospazio, sicurezza e difesa.
Qui lo Stato italiano ha, oltre tutto, una doppia responsabilità: è, come tutti gli altri, “regolatore” del mercato, principale acquirente, sostenitore dell’export, finanziatore della ricerca tecnologica, ma è fra i pochi ad essere anche l’azionista di riferimento dei principali gruppi industriali nazionali, Finmeccanica e Fincantieri.
Il problema è che questa seconda funzione si estrinseca quasi esclusivamente con la nomina dei suoi vertici e non con la definizione e coerente attuazione di una politica di settore, anche a causa della mancanza di una cabina di regia che raccolga e superi le diverse competenze e gelosie ministeriali.
Questa azione di guida risulta ancora più importante di fronte all’integrazione del mercato europeo e all’inevitabile ripresa del processo di razionalizzazione e ristrutturazione dell’industria europea. Decidere dove vogliamo restare, dove possiamo accettare di essere interdipendenti coi partner europei, dove dobbiamo abbandonare il campo, è una responsabilità del Governo che non può essere elusa o delegata.
Coerenza con il Libro Bianco
Non a caso il recente Libro Bianco della Difesa prevede una collaborazione interministeriale volta a rafforzare le nostre capacità tecnologiche e industriali attraverso l’elaborazione di un Piano, mantenuto periodicamente aggiornato, che individui le attività strategiche nel campo della difesa e della sicurezza, anche tenendo conto delle potenziali applicazioni duali delle relative tecnologie.
Primo obiettivo da perse
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