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venerdì 23 gennaio 2015

Immigrazione: aperta un nuovo fronte

Immigrazione
Sempre più carrette della speranza salpano per la rotta Egeo-Jonica
Enza Roberta Petrillo
19/01/2015
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Izmir, Mersin, Antalya, Istanbul. La rotta est-mediterranea che punta all’area Schengen comincia in Turchia.

L’Ezadeen, il cargo bestiame battente bandiera della Sierra Leone approdato a Corigliano Calabro lo scorso 2 gennaio con 450 migranti a bordo, è soltanto l’ultimo dei mercantili soccorsi dalla Guardia Costiera dopo essere stati abbandonati a poche miglia dalle coste italiane cariche di migranti e senza equipaggio.

Tre giorni prima era stata la volta della Blue Sky, con 797 profughi a bordo. Sia l’Ezadeen che la Blue Sky erano partite dalla Turchia.

Proprio come il Merkur, il cargo stipato di 800 migranti, prevalentemente siriani, abbordato da una motovedetta costiera il 20 dicembre scorso a largo di Pozzallo. O il Carolyn Assense, arrugginito mercantile salpato da Mersin, in Anatolia e lasciato alla deriva a largo delle coste siciliane con 700 migranti a bordo.

Una sfilza di casi che le capitanerie di porto italiane rilevano per la prima volta il 28 settembre 2014, quando un mercantile senza codice navale, partito dalla Turchia approda a Crotone con 364 migranti siriani a bordo.

Da allora, le autorità costiere italiane e greche hanno contato 15 casi di navi mercantili decrepite e battenti bandiere disparate, tutte partite dalla Turchia, tutte stipate all’inverosimile di profughi e tutte abbandonate alla deriva in acque Sar (Search and Rescue) italiane.

Turchia, crocevia per l’ingresso in Europa
Già nel 2008, Frontex descriveva la Turchia come il crocevia per l’ingresso irregolare dei migranti in Europa.

Se però, fino al fino al 2012, il 40% degli sconfinamenti irregolari avveniva lungo la frontiera terrestre turco-greca, nell’ultimo biennio, l’inasprimento dei controlli predisposti da Atene con il sostegno di Frontex al confine con la Turchia, ha causato il progressivo spostamento della rotta verso aree meno presidiate come il confine terrestre turco-bulgaro e la rotta egea.

Secondo le autorità greche, soltanto nel 2014 più di 14 mila persone - di cui oltre il 90% in fuga dalla Siria - hanno cercato di raggiungere l’Europa salpando da piccole isole egee utilizzate dai trafficanti come basi logistiche e proseguendo il viaggio su piccole imbarcazioni attraverso il Mar Egeo.

È in questo contesto di continua ridefinizione delle rotte battute dai trafficanti che si inserisce la diramazione Egeo-Jonica emersa negli ultimi mesi. Un percorso nuovo, esclusivamente marittimo e senza pit-stop insulari intermedi, diventato fondamentale soprattutto da quando l’Egitto - fino a qualche mese fa principale paese di partenza dei profughi siriani - ha cominciato a inasprire i controlli lungo la frontiera orientale, rendendo più complicato il superamento del confine.

Da allora, i flussi sono tornati a orientarsi verso la Turchia, da dove si diramano due tragitti principali: quello marittimo che punta all’Italia e quello terrestre che, attraverso i Balcani, punta alla Germania.

A gestire il business delle traversate ci sono gruppi criminali turchi e siriani di media o piccola stazza attivi anche in Svezia, Germania e Italia e specializzati nel reclutamento dei migranti anche tramite internet e spavalde operazioni di web-marketing.

Le partenze, stando a quanto raccontato dai migranti siriani scesi dalla Blue Sky, si ripetono con cadenza regolare da ogni città portuale della Turchia, in particolare da Mersin, località costiera ben collegata con il porto siriano di Latakia. È da qui che comincia la traversata dei profughi siriani.

Libano, restrizioni ai profughi siriani 
Secondo Joel Millman, portavoce dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, “l’ovvia prevedibilità dei flussi di profughi intenzionati a fuggire dalla Siria sta consentendo ai trafficanti una pianificazione efficiente delle attività basata su un flusso garantito e certo di clienti”.

Una tendenza alimentata anche dalla recente decisione del Libano di introdurre l’obbligo di visto per i cittadini siriani che cercano rifugio nei dintorni di Beirut. Questa misura potrebbe aumentare la richiesta di servizi ai trafficanti che operano dalle città costiere turche.

Izabelle Cooper, portavoce di Frontex, ha provato a quantizzare il giro d’affari. Soltanto dai due mercantili intercettati nell’ultima settimana in acque italiane sarebbero stati ricavati circa 7 milioni di euro.

“In media i cargo in disarmo costano al massimo 300 mila euro. Consideriamo solo gli ultimi due casi: 797 persone a bordo della Blue Sky M e 450 sulla Ezadeem. Ogni passeggero ha pagato 6 mila euro, in totale i trafficanti hanno intascato quasi 7,5 milioni di euro. Sottraiamo i 600 mila euro - cifra ipotizzata al rialzo pagata per i due mercantili - e il guadagno è di 6,9 milioni di euro”.

Viminale parla con Grecia e Turchia 
Gli alti profitti e i bassi rischi di intercettazione rendono questa modalità operativa particolarmente allettante per i trafficanti.

Per questo il Viminale ha avviato una cabina di regia per fronteggiare il fenomeno puntando a due obiettivi principali: obbligare Ankara a fermare i mercantili sospetti che salpano dalla Turchia e spingere la Grecia a un pattugliamento più efficace delle proprie acque territoriali.

Linea che è valsa l’endorsment di Dimitri Avramopoulos, commissario Ue per l’immigrazione che ha ribadito la necessità stringente di “un’azione decisa e coordinata a livello europeo”.

Dichiarazione che sa di déjà vu e che non ha fatto alcun riferimento al dato più evidente di questo nuovo flusso: la provenienza delle persone che pagano migliaia di dollari per salpare su cargo arrugginiti alla volta dell’Italia.

Quasi tutti profughi siriani della classe media, disposti a spendere cifre ragguardevoli pur di scampare all’eccidio siriano. Una tendenza che l’UNHCR, a giugno 2014, ha stimato complessivamente intorno ai 3 milioni e che ha portato i siriani a diventare il primo gruppo di rifugiati su scala mondiale.

Enza Roberta Petrillo è ricercatrice post-doc, Università La Sapienza di Roma; esperta di politica e geopolitica est-europea, si occupa dell’analisi dei flussi migratori con particolare attenzione al ruolo svolto dalla criminalità organizzata transnazionale nei traffici illeciti transfrontalieri (enzaroberta.petrillo@uniroma1.it).
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