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LIMES, Rivista Italiana di Geopolitica

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martedì 21 gennaio 2014

Un quadro poco rassicurante

Cambogia
Cambogia 133
Soldati appartenenti all’Unità Commando Speciale 911 sono intervenuti venerdì tre gennaio per sedare le proteste organizzate da un gruppo di lavoratori del settore tessile davanti alla fabbrica Yak Jin, nella periferia di Phon Penh, uccidendo quattro persone e arrestandone 23. Lo sciopero di massa dei lavoratori del tessile era iniziato a fine dicembre, in seguito alla decisione del governo di non accordare l’aumento del minimo salariale richiesto dai sindacati. La risolutezza dell’intervento delle Forze di sicurezza cambogiane e la temporanea messa al bando di qualsiasi forma di manifestazione pubblica, formulata dal Ministro dell’Interno, Sar Kheng, nelle ore successive agli scontri, hanno suscitato molte critiche nei confronti del governo: le Nazioni Unite hanno sollecitato le autorità ad accertare la responsabilità delle violenze ed annunciato l’arrivo, nei prossimi giorni, dell’Inviato Speciale dell’Ufficio Diritti Umani d! ell’ONU per la Cambogia, Surya Subedi.
Il malcontento sociale registrato nelle ultime settimane si va ad inserire in un contesto già fortemente destabilizzato dalle contemporanee manifestazioni del Cambodia National Rescue Party (CNRP), partito di opposizione che contesta i risultati delle ultime elezioni, tenutesi lo scorso 18 luglio, da cui è emerso vincitore il Cambodian People’s Party (CCP), il partito del Primo Ministro Hun Sen. A fine dicembre, il lavoratori in sciopero si sono uniti ai manifestanti del CNRP nel chiedere le dimissioni del Primo Ministro Hun Sen. In un momento in cui la popolarità del CCP è ai minimi storici, un’eventuale convergenza tra le manifestazioni politiche antigovernative e le proteste dei lavoratori potrebbe portare a un’ulteriore erosione del consenso di cui beneficia il partito di governo: già alle ultime elezioni, lo scarto tra CCP e CNRP era stato di soli 300 mila voti.

Iraq
Iraq 133
Nel corso dei primi giorni di gennaio, una vasta offensiva qaedista – appoggiata da una forte componente tribale sunnita in lotta contro le autorità di Baghdad – ha portato lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) a prendere il controllo di Falluja e di parte di Ramadi, nella provincia occidentale di Anbar. All’origine di questi ultimi sviluppi vi è la decisione del governo iracheno di ordinare lo sgombero, il 30 dicembre scorso, di un campo di dimostranti a Ramadi: i manifestanti accusavano l’esecutivo guidato da Nouri al-Maliki di discriminare la comunità sunnita irachena in favore della minoranza sciita, della quale lo stesso Premier fa parte. A gennaio, i dimostranti hanno ricevuto il sostegno dei miliziani dell’ISIS, molti dei quali di rientro dalla Siria, dove il gruppo ha recentemente dovuto abbandonare alcune delle proprie più importanti postazioni.
Largamente favorita dal controllo qaedista di buona parte de! i punti di frontiera con la Siria, l’avanzata dell’ISIS in Iraq si è così innestata sul retroterra delle sempre più acute tensioni settarie che caratterizzano lo scenario del Paese. Nel contempo, un ruolo non marginale è rivestito dai leader tribali della provincia di Anbar, alcuni schieratisi apertamente con i miliziani qaedisti, altri – gli stessi che negli anni delle operazioni americane avevano collaborato con il generale David Petraeus, all’epoca capo delle Forze Armate statunitensi in Iraq, contribuendo a fiaccare l’insurrezione jihadista – rimasti a sostegno di Baghdad. È proprio su questi ultimi che il Governo Maliki punta ora per riprendere il controllo di Falluja. Qualora la mediazione tribale dovesse fallire, l’Esercito procederà nei prossimi giorni al lancio di un’offensiva militare. A Ramadi, dove la presenza dell’ISIS appare meno radicata, le Forze Armate irachene sono già passate all’azione recuperando terreno nei confronti dei qaedist! i.
Siria
Siria 133
Il Presidente del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, ha annunciato in un discorso alla nazione di aver sventato un colpo di Stato del suo ex Vice Presidente Riek Machar, uscito dal governo a luglio. A Juba tra lunedì e martedì ci sono stati violenti scontri tra soldati ribelli e forze regolari, che hanno causato la morte di circa 500 persone secondo fonti ONU. Le forze di sicurezza governative affermano di avere il controllo della capitale, di aver arrestato diversi politici coinvolti nel golpe e di essere alla ricerca di Machar. Nonostante ciò la lotta tra le due fazioni continua: una sede della missione ONU ad Akobo – città al confine con l’Etiopia – è stata attaccata dai ribelli provocando tre morti tra i caschi blu. Dopo appena due anni dalla indipendenza dal Sudan, sancita da un referendum secessionista, le tensioni all’interno della elite al potere sono sfociate nella violenza settaria. Nonostante Kiir e Machar siano gli esponent! i di punta del Sudan People's Liberation Movement (SPLM) - il più importante partito indipendentista -  sono divisi da appartenenze tribali. Il Presidente fa capo alla tribù dinka, la maggioritaria nel Paese, mentre l’ex Vice Machar proviene dalla numerosa tribù di nuer. Entrambe sono stanziate nel Sud Sudan centro settentrionale, principalmente tra la regioni di Bahr al-Ghazal e Kordofan. In queste aree vi sono i più importanti giacimenti petroliferi dello Stato e la loro gestione diviene fonte di problemi. Le tensioni claniche si acuiscono poi maggiormente quando, durante la stagione secca, i sottogruppi familiari dei due clan invadono le corrispettive aeree durante le migrazioni. La ripartizione di potere si è sempre dimostrata più difficile tra le due più importanti tribù, arrivando a sfociare nel tentativo di colpo Stato. Il clan nuer sta cerando con la violenza di arrivare all’apice del potere scalzando i dinka che dominano la politica sud-sudanese dal 2! 005.

 
Turchia
Turchia 133
Il Parlamento dello Yemen ha votato a favore del divieto dell'uso dei droni statunitensi che sorvolano il Paese per il contrasto al terrorismo internazionale. La motivazione data dall’Assemblea è stata l’ultima incursione di un aereo a pilotaggio remoto nella città di Radaa, nel governatorato di al-Baydaa, area con forte presenza di militanti di al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP). Il raid ha colpito un corteo nuziale uccidendo 17 persone, tra le quali si sospettava vi fosse la presenza di esponenti del network qaedista. Questo metodo di contrasto al terrorismo da parte degli USA, è motivo di malcontento da parte della società civile poiché i raid hanno provocato vittime civili In tutto ciò gli attacchi di AQAP si susseguono.  Una settimana prima dell’attacco del drone al corte nuziale, infatti, un commando qaedista aveva colpito con un duplice attentato dinamitardo il Ministero della Difesa, provocando oltre 50 morti. Gli at! tacchi terroristici sono la risposta di AQAP all’azione repressiva del governo di Sanaa. La decisione finale sul divieto di sorvolo dei droni spetterà però solo al Presidente Abd Rabbo Mansur Hadi. Quest’ultimo è chiamato alla difficile mediazione tra esigenze di sicurezza interna e consenso elettorale. Da una parte le proteste per le vittime civili sono un problema di politica interna che le autorità yemenite devono affrontare per non perdere credibilità di fronte agli elettori; dall’altra l’aiuto militare dato dagli USA permette a Sanaa di contrastare il consolidamento del potere qaedista nella parte meridionale dello Yemen, impedendo la destabilizzazione del Paese.

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