1. Guerra. Concetto e Definizione.
La guerra è
un fenomeno sociale, che esiste da quando l’uomo è su questa terra. Un fenomeno
che, promuovendo la fabbricazione di armi, è stato anche considerato come uno
dei più potenti ed incisivi stimoli al progresso dell’uomo stesso.
Dare una
definizione di “Guerra” che sia esatta e scientifica appare quanto mai
azzardato; già numerosi studiosi ed esperi, oggi e ieri, ci hanno provato con
risultati sempre opinabili. Conviene, quindi, proporre l’approccio, aperto a
tutto, che considera la “Guerra” come un fenomeno naturale innato nell’uomo,
una sua caratteristica genetica, limitandoci,
a richiamare alcuni concetti essenziali, che nel corso della trattazione
citeremo, al fine di avere, al termine di questo ciclo di lezioni, un quadro
abbastanza approssimativo di che cosa è la guerra da cui ognuno può formulare
la sua idea di “Guerra”, che potrà poi confrontare con le varie definizioni che
i vari autori e studiosi, in gran parte citati in bibliografia, hanno formulato
nel tempo.
Primo
concetto che si propone di prendere in esame che può essere utile alla
definizione di “Guerra”, è che la “Guerra” è un evento biunivoco (ovvero si
manifesta sempre tra due soggetti o parti)
di vaste proporzioni, con enormi interessi in gioco che, pur nei suoi
aspetti peculiari, di cui poi diremo ( guerra classica, guerra rivoluzionaria,
guerra sovversiva) e nei modi di condurla (classica, guerriglia, terrorismo,
asimmetrica) si manifesta sempre in due forme distinte:
. l’offensiva, nella quale una delle due
parti si assume l’iniziativa per imporre la propria volontà all’altra parte,
ovvero all’avversario;
. la difensiva, nella quale una delle due
parti rinuncia, almeno temporaneamente, a prendere ogni iniziativa offensiva o
per necessità, o per vero e proprio stato di inferiorità, o per opportunità,
determinata dalla situazione contingente.
Altro
concetto è che la “Guerra” non si basa sul diritto, ma sulla forza, per cui non
è in sé né giusta né ingiusta, né etica, né non etica, né morale né immorale,
mentre sono le cause, sia quelle lontane o remote, che quelle apparenti e
quelle reali, di chi opera che possono renderla tale. Non manca, la “Guerra”, però, di una propria etica o di
una propria morale, formatasi entrambe
naturalmente nel corso dei secoli perché l’uomo, incivilendo, non ha saputo
rinunciare alla lotta armata come mezzo di risoluzione delle controversie
interne o esterne alla società di riferimento, ma ha avvertito la necessità,
per impulsi religiosi, o di coscienza, o sotto la spinta del sentimento delle
opinioni pubbliche nei paesi più sviluppati, di mitigare gli orrori che la “Guerra”
genera stabilendo delle regole di comportamento.
Risale, ad
esempio, a tempo immemorabile l’usanza di concordare tregue per lo sgombero dei
ammalati e dei feriti in combattimento, nel dare onorata e degna sepoltura ai
morti. Dalla seconda metà dell’ottocento, prima in Europa, in un mondo
eurocentrico, per poi estendersi a tutto il Pianeta, sono stati stipulati
accordi internazionali per attenuare gli orrori e le conseguenze della Guerra.
Dopo la
battaglia di Solferino, in Italia, durante la II Guerra di Indipendenza
combattuta da Sardi e Francesi contro gli Austriaci, nel 1859, nasce l’idea di
soccorre e rispettare i feriti, che quattro anni dopo darà vita alla Croce
Rossa Internazionale, che poi si organizzerà in ogni stato come Croce Rossa
nazionale.
Si
svilupperanno via via convenzioni e
trattati, tra cui la proibizione dell’uso di armi e aggressivi particolari (Convenzione dell’Aja del 1899, e di
Waschington nel 19125). Convenzioni sono state sottoscritte per codificare
alcuni principi morali tra i quali l’obbligo di non iniziare le ostilità senza
la preventiva dichiarazione di guerra (Convenzione
dell’Aja del 1907) e quelle riferite al trattamento dei prigionieri di
Guerra (Convenzione di Ginevra del 1929,
dopo la Prima Guerra Mondiale, e la Convenzione sempre di Ginevra, del 1949 ed
i protocolli aggiuntivi del 1977 dopo la Seconda Guerra Mondiale)[1]
Il limite di queste Convenzioni è palese: hanno come parti gli Stati; quando la guerra
è condotta non da Stati ma da elementi che sono il sottostato (Etnie, Tribù,
Clan, Movimenti ecc.) queste convenzioni, non essendo state sottoscritte dai
soggetti predetti, vengono ignorate.
La Guerra è
un fenomeno complesso, quindi, avente
carattere unitario, ma che, ai fini pratici, può essere esaminato
settorialmente secondo le tradizionali branche che formano specifiche materie
di studio e di attività, che però hanno sempre come base la guerra stessa nel
suo significato il più ampio possibile, ben oltre il contesto militare. Queste
branche concorrono anche loro a definire il fenomeno “Guerra”
Rimanendo in
questo ambito, abbiamo infatti:
. la strategia, come vedremo, che si
occupa della suprema direzione politica della guerra, sia dell’impostazione,
dell’organizzazione e della condotta delle operazioni militari su vasta scala;
. l‘organica, che fissa gli ordinamenti e
ripartisce il potenziale bellico dello Stato, o della Coalizione di Stati.
. la tattica, che si può definire come
l’arte di disporre e far muovere le truppe sul campo di battaglia;
. la logistica, che assicura il
funzionamento dei Servizi operando nei settori base dei rifornimenti, dei
recuperi e degli sgomberi
. l”intelligence” meglio definito in italiano come “servizio informativo”, che provvede sia
alla ricerca, alla raccolta ed alla valutazione delle notizie riguardanti il
nemico sia alla tutela del segreto (ovvero azione contro informativa, cioè il
controspionaggio)
Queste “branche” sono presenti in tutti tipi di guerra. Lo Stato
Islamico, che non è uno Stato, ma una entità sottostatale, nella guerra che
conduce contro il mondo occidentale ed in particolare contro l’Europa, non può
non avere una strategia, un ordinamento delle forze a disposizione, una
tattica, una logistica, un “intelligence”.
Altri esempio
possono essere fatti, ma a prescindere ai soggetti la “Guerra”, ripetiamo,
fenomeno complesso ma unitario, ha sempre questi elementi, che noi abbiamo
definito “branche”, ma che possono assumere altri nomi, ma i cui contenuti sono
i medesimi.
Un breve
cenno occorre dare per che cosa intendiamo per conflitto.
Il conflitto
ha diversi significati. Dal latino
“conflictus”, “urto, scontro”. E’ applicato in vari campi come urto, contrasto,
opposizione, ovvero conflitto di sentimenti, di passioni, conflitto fra due partiti, sindacale ecc. In sociologia, è inteso come la relazione
antagonista tra soggetti individuali o collettivi, tra genitori e figli; nel
campo sociale, abbiamo i conflitti di classe; in psicologia, conflitto
psichico, ovvero uno stato di tensione e di squilibrio in un individuo; in
diritto, conflitto di norme ecc.
Premesso
questo, per il momento, noi riportiamo il concetto di conflitto nell’ambito del
concetto di guerra “Guerra”, di cui sopra, riservandoci ulteriori affinamenti.
[1]Si parla,
quindi, di Diritto Umanitario, o di Diritto Bellico, branca del Diritto
Internazionale. Al Riguardo cfr. L’opera di M. Marchigiano, nel quadro delle
pubblicazioni del Ministero della Difesa in tema di diritto umanitario