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sabato 17 settembre 2016

Europa: da Bratislava attese concrete

Ue e brexit
Le tre giornate dell’Unione europea
Giampiero Gramaglia
14/09/2016
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Le tre giornate dell’Unione europea (Ue): in 72 ore, tra oggi e il vertice di Bratislava venerdì, l’Ue cerca di scrollarsi di dosso quella patina d’impotenza e di rassegnazione al declino che le si è posata su dopo il sì alla Brexit.

Per farlo con successo, ci vorrebbe, forse, il piglio risorgimentale suggerito dal nostro titolo, mentre il discorso sullo stato dell’Unione, che Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, pronuncia a Strasburgo, nell’aula gremita del Parlamento europeo, è pieno di buone intenzioni corrette e condivisibili, ma privo di slancio e di energia e raccoglie solo applausi tiepidi. Non quelli di Nigel Farage, il leader secessionista britannico, che segue in cuffia con aria distratta - ma che ci fa ancora al suo seggio?.

Ne prende di più, di applausi, il capogruppo socialista Gianni Pittella, che promuove nei contenuti Juncker, lo ringrazia per non avere pronunciato la parola ‘austerità e ci mette enfasi mediterranea nel proclamare che “il pericolo è la paura”: quella paura che rende i leader dei Paesi dell’Ue “sonnambuli nel cuore della notte dell’Europa”; e che induce il premier britannico TheresaMay, quasi tre mesi dopo il referendum, a continuare “a tenere in scacco l’Europa”.

Londra, non presentando la richiesta di uscita dall’Ue, non consente l’avvio del negoziato sulla ‘secessione’ e, quindi, prolunga indefinitamente lo stato di incertezza e di confusione.

Tanta carne al fuoco
Nel suo discorso, Juncker mette tanta carne al fuoco: l’applicazione del Patto di Stabilità senza ostacolare la crescita; il contrasto alla disoccupazione puntando sull’Europa sociale; l’attenzione ai giovani (e ai minori che, nel flusso dei migranti, si ritrovano soli nell’Unione); l’immigrazione (con il programma d’investimenti nei Paesi africani da cui partono più migranti); e ancora la solidarietà, la sicurezza dalle minacce del terrorismo, una strategia europea per la Siria, una difesa europea.

Proprio sulla difesa europea, che è la nuova frontiera dell’integrazione, Juncker insiste molto: situa gli sprechi causati dall’esistenza e dalla sovrapposizione di 27 difese nazionali auna cifra oscillante fra i 20 e i 100 miliardi di euro l’anno - il bilancio dell’Ue è di circa 140 miliardi di euro l’anno - prospetta un ‘quartier generale’ unico, insiste sulla piena complementarità del progetto con la Nato, afferma che “più difesa europea non vuole dire meno difesa atlantica”; e propone di perseguire l’obiettivo nell’ambito delle cooperazioni rafforzate, senza che cioè tutti i Paesi debbano aderirvi fin dall’inizio - un po’ quello che già avviene con l’euro o con Schengen.

Proteggersi dai populismi
Ma Juncker cerca anche di evitare conflitti con gli Stati membri - “l’Unione si fa con loro, non contro di loro” -, di non dare un’immagine invasiva dell’iniziativa comunitaria - “concentriamoci sui temi dove la dimensione comunitaria ha un valore aggiunto” - e di rafforzare il profilo politico della Commissione europea: d’ora in poi, i commissari potranno partecipare senza doversi dimettere alle competizioni elettorali nei rispettivi Paesi e, anzi, saranno incoraggiati a confrontarsi con le loro opinioni pubbliche. Il presidente lo motiva così: come non c’è incompatibilità tra l’essere ministro e l’essere deputato, non c’è motivo che ci sia con l’essere commissario.

Dei populismi - e qui Farage inarca un sopracciglio -, Juncker dice: "Non risolvono i problemi, ma li creano": "dobbiamo proteggerci" dalle sirene che promettono “soluzioni facili a questioni complesse". Ma le soluzioni vanno trovate, se no i populismi avranno sempre più spazio.

La chiusa è un monito più che uno sprone: “Non rendiamoci colpevoli di errori che metteranno fine al disegno europeo”. Parole che dovrebbero fare fischiare le orecchie ai leader dei 27 che, venerdì, si riuniranno a Bratislava per discutere del ‘dopo Brexit’ e di immigrazione, ma anche di crescita e occupazione. Dell’agenda di Juncker, che cosa resterà nelle loro discussioni?, e che cosa ne germoglierà?

Anche il Gattopardo nella lettera di Tusk
La lettera che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha ieri mandato ai capi di Stato o di governo è particolarmente elaborata e si articola in sette punti: la Brexit, la paura, l’immigrazione, la lotta contro il terrorismo, l’economia e l’occupazione, la globalizzazione, le prospettive dell’integrazione.

L’ultimo paragrafo mette i brividi: il polacco Tusk cita Tomasi di Lampedusa ed il suo “Gattopardo”, evoca lo spettro del cambiare tutto per non cambiare nulla: quello che aleggia in molte delle dichiarazioni enfaticamente forti, ma politicamente vuote, dei vertici scenografici dell’estate trascorsa. Ci vuole, invece, il coraggio e la determinazione di cambiare almeno qualcosa perché si cominci davvero a cambiare.

Giampiero Gramaglia è consigliere per la comunicazione dello IAI.

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