Sicurezza marittima Flotte mediterranee contro Pirati Barbareschi Fabio Caffio 10/03/2015 |
Si delinea l'azione internazionale contro l'anarchia delle coste libiche ed i connessi traffici illeciti di armi, petrolio ed esseri umani.
L'opzione dell'embargo navale appare non più rinviabile in quanto il controllo del mare è un presupposto necessario dell'intervento sul suolo libico. Parecchi sono tuttavia i problemi tecnico-operativi relativi all'impiego di Forze navali sotto egida dell'Onu, non ultimo quello del salvataggio dei migranti.
Ritorno al passato
Nel dna libico vi è la tendenza a sottoporre il mare a dominio esclusivo. Sono note le vessazioni al traffico commerciale dei pirati (c.d. barbareschi) stanziati lungo le coste libiche che indussero Venezia, Napoli e gli Stati Uniti a cannoneggiare Tripoli.
Lo stesso Gheddafi aveva sfidato la libertà dei mari: prima nel 1973 con l'annessione del Golfo della Sirte e poi con la proclamazione di una zona di protezione della pesca in cui più volte nostri pescherecci sono stati aggrediti da motovedette libiche.
Naturale quindi che il Consiglio di sicurezza dell'Onu (Cds) dopo la caduta di Gheddafi si fosse preoccupato dell'uso dei porti libici per il contrabbando di armi. La Risoluzione 1973 (2011) aveva perciò autorizzato un embargo navale coercitivo contro i mercantili implicati nel traffico.
Lo stesso era stato fatto nel 2014 con la Risoluzione 2146 volta ad impedire il contrabbando di petrolio dalla Cirenaica con cui il sedicente Califfato cercava di finanziarsi.
Esercitazioni Marina Italiana
In questo contesto s'inseriscono le manovre navali iniziate il 2 marzo dalla Marina Militare Italiana in acque internazionali prossime alla Libia.
Le operazioni non sono state messe in rapporto alla crisi in atto, ma un loro obiettivo dichiarato è quello di accrescere la sicurezza dell'area dove cospicui sono gli interessi italiani negli impianti estrattivi di Bouri gestiti dall'Eni, da cui parte, sino a Gela, il gasdotto Greenstream.
L'esercitazione mira anche a scoraggiare episodi pirateschi come quello del 15 febbraio in cui alcuni scafisti hanno costretto la nostra Guardia costiera a consegnare un'imbarcazione sotto sequestro.
La situazione politica libica (fonte: Corriere della Sera).
Nuovo embargo o blocco navale?
La soluzione embargo navale è comparsa dopo che il Gruppo di esperti sulla Libia ha presentato al Cds un proprio rapporto in cui raccomandava l'impiego di Forze navali per "assistere il governo libico nel rendere sicure le sue acque territoriali per prevenire l'ingresso e l'uscita dalla Libia di armi, crude oil o altre risorse naturali".
Tobruk ed il Cairo si sono anche mosse congiuntamente richiedendo al Cds un blocco navale che impedisca qualsiasi traffico marittimo con porti in mano alle milizie estremiste di Tripoli e Misurata.
Non è ancora chiaro quale sarà la scelta del Cds. Forse si stabilirà in alto mare un embargo navale selettivo contro specifiche imbarcazioni sospette segnalate dal governo di Tobruk, simile a quello della Ris. 2146 (2014).
Il blocco di singole zone costiere non sembra un'opzione praticabile, a meno di non immaginare che sia Tobruk a decretarlo nell'ambito di quello che è oramai un conflitto internazionale, dopo l'intervento militare dell'Egitto. Si pensi a quanto fatto da Israele nelle acque antistanti il Libano nel 2006 ed a Gaza nel 2009.
L'embargo in alto mare ed il blocco costiero potrebbero integrasi. Così si realizzerebbe una sinergia tra Tobruk e l'alleato Egitto e le Forze che agiranno su autorizzazione del Cds. Le unità della Nato saranno certamente tra queste, ma è auspicabile che esse si integrino, per la prima volta, con una componente navale europea.
Anche altri attori mediterranei come la Tunisia o Israele potrebbero partecipare. Nulla esclude che la Russia intervenga unilateralmente, come avviene nel Corno d'Africa per l'antipirateria.
Salvataggio migranti
Si potrebbero con il blocco navale fermare le partenze di migranti dalle coste libiche? La questione è mal posta perché lo scopo di un blocco non è questo, tenuto anche conto dei risvolti umanitari. Invece si deve parlare di espatri illegali, organizzati da avidi trafficanti su imbarcazioni non atte a navigare, che le autorità locali hanno il potere di impedire.
Tali autorità (Tobruk ed il suo alleato?) potrebbero effettuare interventi di salvataggio nelle acque territoriali o nella zona Sar riportando i migranti in Libia in vista della loro successiva presentazione di richieste di asilo ad organismi internazionali presenti in loco.
Eventuali soccorsi prestati in alto mare dalle Forze navali rientrerebbero invece nelle responsabilità dei singoli Stati di bandiera che poi dovrebbero trasportare i migranti in un idoneo "luogo sicuro" (ma quale, visto che solo l'Italia accetta di accoglierli?). Riaccompagnarli in Libia costituirebbe una violazione dei diritti di persone aventi titolo a protezione internazionale.
Certo è che una nuova risoluzione del Cds dedicata alla sicurezza marittima della Libia dovrebbe, questa volta, non tralasciare i problemi del traffico di esseri umani via mare.
Fabio Caffio, è ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto in diritto internazionale marittimo.
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Ritorno al passato
Nel dna libico vi è la tendenza a sottoporre il mare a dominio esclusivo. Sono note le vessazioni al traffico commerciale dei pirati (c.d. barbareschi) stanziati lungo le coste libiche che indussero Venezia, Napoli e gli Stati Uniti a cannoneggiare Tripoli.
Lo stesso Gheddafi aveva sfidato la libertà dei mari: prima nel 1973 con l'annessione del Golfo della Sirte e poi con la proclamazione di una zona di protezione della pesca in cui più volte nostri pescherecci sono stati aggrediti da motovedette libiche.
Naturale quindi che il Consiglio di sicurezza dell'Onu (Cds) dopo la caduta di Gheddafi si fosse preoccupato dell'uso dei porti libici per il contrabbando di armi. La Risoluzione 1973 (2011) aveva perciò autorizzato un embargo navale coercitivo contro i mercantili implicati nel traffico.
Lo stesso era stato fatto nel 2014 con la Risoluzione 2146 volta ad impedire il contrabbando di petrolio dalla Cirenaica con cui il sedicente Califfato cercava di finanziarsi.
Esercitazioni Marina Italiana
In questo contesto s'inseriscono le manovre navali iniziate il 2 marzo dalla Marina Militare Italiana in acque internazionali prossime alla Libia.
Le operazioni non sono state messe in rapporto alla crisi in atto, ma un loro obiettivo dichiarato è quello di accrescere la sicurezza dell'area dove cospicui sono gli interessi italiani negli impianti estrattivi di Bouri gestiti dall'Eni, da cui parte, sino a Gela, il gasdotto Greenstream.
L'esercitazione mira anche a scoraggiare episodi pirateschi come quello del 15 febbraio in cui alcuni scafisti hanno costretto la nostra Guardia costiera a consegnare un'imbarcazione sotto sequestro.
Nuovo embargo o blocco navale?
La soluzione embargo navale è comparsa dopo che il Gruppo di esperti sulla Libia ha presentato al Cds un proprio rapporto in cui raccomandava l'impiego di Forze navali per "assistere il governo libico nel rendere sicure le sue acque territoriali per prevenire l'ingresso e l'uscita dalla Libia di armi, crude oil o altre risorse naturali".
Tobruk ed il Cairo si sono anche mosse congiuntamente richiedendo al Cds un blocco navale che impedisca qualsiasi traffico marittimo con porti in mano alle milizie estremiste di Tripoli e Misurata.
Non è ancora chiaro quale sarà la scelta del Cds. Forse si stabilirà in alto mare un embargo navale selettivo contro specifiche imbarcazioni sospette segnalate dal governo di Tobruk, simile a quello della Ris. 2146 (2014).
Il blocco di singole zone costiere non sembra un'opzione praticabile, a meno di non immaginare che sia Tobruk a decretarlo nell'ambito di quello che è oramai un conflitto internazionale, dopo l'intervento militare dell'Egitto. Si pensi a quanto fatto da Israele nelle acque antistanti il Libano nel 2006 ed a Gaza nel 2009.
L'embargo in alto mare ed il blocco costiero potrebbero integrasi. Così si realizzerebbe una sinergia tra Tobruk e l'alleato Egitto e le Forze che agiranno su autorizzazione del Cds. Le unità della Nato saranno certamente tra queste, ma è auspicabile che esse si integrino, per la prima volta, con una componente navale europea.
Anche altri attori mediterranei come la Tunisia o Israele potrebbero partecipare. Nulla esclude che la Russia intervenga unilateralmente, come avviene nel Corno d'Africa per l'antipirateria.
Salvataggio migranti
Si potrebbero con il blocco navale fermare le partenze di migranti dalle coste libiche? La questione è mal posta perché lo scopo di un blocco non è questo, tenuto anche conto dei risvolti umanitari. Invece si deve parlare di espatri illegali, organizzati da avidi trafficanti su imbarcazioni non atte a navigare, che le autorità locali hanno il potere di impedire.
Tali autorità (Tobruk ed il suo alleato?) potrebbero effettuare interventi di salvataggio nelle acque territoriali o nella zona Sar riportando i migranti in Libia in vista della loro successiva presentazione di richieste di asilo ad organismi internazionali presenti in loco.
Eventuali soccorsi prestati in alto mare dalle Forze navali rientrerebbero invece nelle responsabilità dei singoli Stati di bandiera che poi dovrebbero trasportare i migranti in un idoneo "luogo sicuro" (ma quale, visto che solo l'Italia accetta di accoglierli?). Riaccompagnarli in Libia costituirebbe una violazione dei diritti di persone aventi titolo a protezione internazionale.
Certo è che una nuova risoluzione del Cds dedicata alla sicurezza marittima della Libia dovrebbe, questa volta, non tralasciare i problemi del traffico di esseri umani via mare.
Fabio Caffio, è ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto in diritto internazionale marittimo.
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