Il 2008 è stato un anno importante e in un certo modo storico per la regione dell’Europa Sud Orientale e può essere visto come uno spartiacque tra il prima ed il dopo.. Tra gli elementi più significativi da mettere in evidenza c’è sicuramente la dichiarazione dell’indipendenza del Kosovo e la spaccatura che quest’atto unilaterale ha provocato nella regione, nonché le conseguenze sulla situazione interna in Serbia e Bosnia Erzegovina.
Non bisogna dimenticare che durante l’estate un’importante conflittualità è emersa nel Caucaso in un’area che rappresenta un importante faglia geopolitica tra Europa Sud Orientale e Asia. Il conflitto georgiano è in qualche modo collegato sia al processo d’indipendenza del Kosovo sia al recuperato ruolo assertivo della Russia nella regione. Recentemente il Presidente russo Medvedev, in visita a Belgrado, ha sottoscritto un ulteriore impegno finanziario a sostegno delle finanze serbe, sostegno particolarmente gradito a causa delle crescenti difficoltà in cui si è venuta a trovare la dirigenza serba.
Accanto al Kosovo, importanti sono stati gli sviluppi interni della Bosnia Erzegovina che è riuscita a firmare l’accordo di Stabilizzazione e Associazione con la UE, un traguardo non facile per un Paese ancora bloccato sugli accordi di Deyton (1995) e attraversato da tensioni nazionaliste e indipendentiste. Forse la considerazione più importante da fare sulla regione è constatare che essa ha complessivamente “tenuto” ai due più importanti scossoni geopolitici registratisi dal 1999 ad oggi, nonostante che molti analisti, anche con dati di fatto, erano dell’opinione che “il fuoco covava sotto la cenere” e che da un momento all’altro potesse divampare e generare processi incontrollabili. Tutto questo processo, che è positivo per la tenuta, ma di “stallo” per la prospettiva, incide sugli anni a venire in quanto non può rimanere senza conseguenze ulteriori. Occorre quindi aspettarsi nel breve periodo una recrudescenza di questa problematica. Ne sia avviso gli ultimi tentativi di superare questa mancanza di prospettiva.
Sono, ad esempio, falliti gli interventi sia UE che Statunitensi di ridurre la tensione politica tra le parti. In un incontro a Butmir, il sobborgo di Sarajevo sede delle forze di pace, che doveva servire per appianare le differenze esistenti è miseramente fallito e non ha potuto che registrare l’inconciliabilità delle posizioni e concludere amaramente che l’unica soluzione è il ritorno al testo di Deyton, ovvero sia all’impossibilità di procedere con cambiamenti politici senza il consenso di tutte e tre le nazionalità costituzionali bosniache.
Segnali non rassicuranti sono anche quelli che provengono dal Montenegro, in cui l’effetto “indipendenza” è terminato e si prende coscienza sempre più della propria dimensione, che s’incammina a sviluppare un non facile percorso d’avvicinamento alla UE. La tensione sta salendo per via di una definizione di confini tra il Kosovo e lo stesso Montenegro, che crea tensione con gli Albanesi. E, sempre sul problema dei confini, cresce la tensione tra Slovenia e Croazia. Le tensione sta crescendo per via della delimitazione delle acque territoriali del Golfo di Pirano (la questione è sull’ordine di 200 chilometri) quadrati di mare,[1] innescando complicazioni.
Un elemento di novità, in chiave di stabilizzazione, è stato l’ingresso della Croazia e dell’ Albania nella NATO. Un evento che a prima vista poteva sembrare azzardato se non addirittura “inquinante” per l’Alleanza, ma che nella realtà dei fatti ha emarginato tutte quelle componenti interne “torbide”che rappresentavano la fonte di ogni instabilità. Nonostante che ancora i due Paesi debbono percorrere una lunga strada per raggiungere tutti gli standard dell’Alleanza, si può dire che il più è fatto e che per gli anni a venire la stabilità e, in qualche settore, lo sviluppo sembrano arridere a questi due paesi.
Nel quadro della regione spicca anche la situazione di isolamento in cui si è venuta a trovare la Macedonia, che continua a conoscere una difficile situazione interna unita ad un non positivo rapporto con i Paesi contermini.[2]
Ma le problematiche che si innescano di continuo, la tensione per problemi come quello dei confini che nella loro dimensione sono veramente di basso livello rispetto sulla scena del mondo alimentano sempre più quel disinteresse per un area che non vuole assolutamente stabilità e che sembra la più consona a produrre instabilità ed incertezza, cose queste di cui non si sente assolutamente bisogno. Ovvero i balcani rappresentano il problema irrisolto della sicurezza europea.
[1] In sostanza si tratta della cessione di una fascia di acque nazionali croate alla Slovenia, che creerebbe un corridoio che permetterebbe a Lubiana di accedere liberamente alle acque internazionali senza essere costretta al transito per acque territoriali croate. In cambio la Croazia avrebbe avuto il via libera sloveno all’adesione di Zagabria alla UE. Diatribe interne fra partiti , in particolare il partito socialdemocratico, d’opposizione ha ritirato il suo assenso all’ultimo momento, ha messo in difficoltà Zagabria e fatto crescere la tensione.
[2] Cfr. per questo aspetto, Mini F., Assimmetrie balcaniche, in Limes “Kosovo, non solo Balcani”, anno 2008, n. 2; Lekic M., Ombre russe su Serbia e Montenegro, ibidem; Agnew J., Niente confini, niente nazioni, fare la Grecia in Macedonia, idibem. Quercia P., Prospettiva: Regione Adriatico-Danubiana-Balcanica,in Osservatorio Strategico, Roma, Ministero della Difesa, Centro Alti Studi per la Difesa, CeMISS, Dicembre, 2008;
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