Parte I
MICHELE TAUFER
LE FORZE PER
OPERAZIONI SPECIALI ITALIANE:
TRA GLOBAL
SOF NETWORK E NATO
INTRODUZIONE
Negli ultimi 15 anni le Forze Armate nazionali hanno
visto un sempre maggiore impiego, sia in ambito nazionale che soprattutto in un
contesto multinazionale, di una particolare categoria di reparti: quello delle
Forze per Operazioni Speciali. Il primo dicembre 2004 ha visto la nascita del
Comando Operativo Forze Speciali: comando con lo status di Reparto Incursori
paracadutisti interforze. Questa struttura, voluta dall’allora Capo di Stato
Maggiore Amm. Di Paola è alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore della
Difesa con la funzione di Comando di Pianificazione per la condotta delle
Operazioni Speciali. Il baricentro delle attività è costituito da 4 Forze definite
Speciali:
·
Il 9° Reggimento
d’Assalto paracadutisti “Col Moschin” dell’Esercito Italiano;
·
Il Gruppo Operativo
Incursori GOI della Marina Militare Italiana;
·
Il 17° Stormo
dell’Aeronautica Militare Italiana;
·
Il Gruppo
Intervento Speciale GIS dell’Arma dei Carabinieri.
L’azione di questi reparti è coadiuvata da quella di
alcune unità definite di Supporto Operativo:
·
Il 26° Reparto
Elicotteri per le Operazioni Speciali REOS dell’Esercito Italiano;
·
Il 4° Reggimento
Alpini Paracadutisti dell’Esercito Italiano;
·
Il 185° Reggimento
paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore” dell’Esercito
Italiano;
·
L’11° Reggimento
Trasmissioni dell’Esercito Italiano;
·
Il 28° Reggimento
“Pavia” dell’Esercito Italiano.
Se in ambito interforze ed operativo il comando e la
direzione spetta al COFS, l’approntamento, l’addestramento e l’allocazione dei
fondi destinati ai reparti summenzionati spetta alle singole Forze Armate
d’appartenenza.[1]
Fondi che potrebbero però in un prossimo futuro venire messi a rischio;
infatti, contestualmente al sempre maggiore impiego di queste Forze si è
assistito ad una continua diminuzione delle risorse economiche assegnate al
Bilancio della Difesa attraverso sempre più numerosi tagli lineari. Un trend
che fino ad ora non ha intaccato le Forze Speciali ma che potrebbe però mutare
subendo un’accelerazione con la diminuzione degli impegni fuori area del Paese,
quali ad esempio la fine della missione in Afghanistan. Questo breve studio si
propone di aprire un dibattito, all’interno del sistema politico istituzionale-accademico
italiano, sulle Operazioni Speciali, i reparti militari deputati a condurle e
sul ruolo che queste debbano avere nella Strategia Nazionale.
Nella stesura dello studio è stato seguito un approccio
analitico di tipo qualitativo basato sull’utilizzo della letteratura
disponibile in materia, la quale peraltro non sempre è di facile reperibilità
vista la delicatezza di alcuni temi trattati. Letteratura quest’ultima quasi
totalmente di origine anglosassone e che fa perno sui filoni statunitense e
britannico. Una delicatezza ed una segretezza in merito alle Operazioni
Speciali che, se ampiamente giustificata nei confronti del «Chi» (quindi mi
riferisco a composizioni numeriche, rintracciabilità dei reparti ecc.) e del «Come»
debba svolgere questo tipo di operazioni potrebbe forse essere, almeno in parte
attenuata nei confronti del «Cosa» siano queste operazioni. Il rischio è quello
di mantenere e di far rimanere queste particolari operazioni avvolte ed
imprigionate in una serie di miti e stereotipi che ne pregiudicano la reale
comprensione da parte dei non addetti ai lavori inficiandone l’impiego al
massimo delle potenzialità. Una comprensione e conoscenza dell’argomento che
costituisce una precondizione essenziale per colui che in ultima analisi è
chiamato ad usarle in maniera efficace: il decisore politico.
[1] Ministero della Difesa Italiano, www.difesa.it/SMD_/COFS/Pagine/Cosa.aspx e Esercito
Italiano, www.esercito.difesa.it/organizzazione/aree-di-vertice/stato-maggiore-esercito/Comando-delle-Forze-Speciali-dell-Esercito .
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