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lunedì 30 gennaio 2012

III La prospettiva Geopolitica

3.Il Potere Marittimo


A differenza delle teorie sul potere continentale che nascono dal filone degli studi geografici, le teorie sul potere marittimo sono il portato del pensiero strategico navale. Di seguito verranno affrontate due diverse concezioni della supremazia del mare sulla terra: la prima si riferisce all’analisi dell’ammiraglio americano Alfred Thayer Mahan mentre la seconda riporta l’opera dell’ammiraglio inglese Julian Corbett, ambedue storici e studiosi di strategia marittima.


A.T. Mahan (1840-1914)

“Il primo e il più ovvio aspetto sotto il quale il mare si presenta da un punto di vista politico e sociale è quello di una grande via di comunicazione o meglio, forse, di un ampio spazio attraverso il quale gli uomini possono muoversi in tutte le direzioni, ma sul quale alcune rotte ben battute dimostrano che motivi di controllo li hanno indotti a scegliere certe linee di movimento piuttosto di altre” .

In questo breve passaggio Mahan si riferisce alle rotte commerciali, e tale constatazione rappresenta il punto di partenza della sua riflessione. Il trasporto marittimo, sia in termini di capacità sia in termini di costi, risulta estremamente vantaggioso rispetto a quello terrestre. Gli Stati Uniti, di contro a qualsiasi speculazione isolazionista, considerata la propria collocazione geografica, esprimono una necessità di controllo dei mari (sea control) realizzabile attraverso strumenti diversificati che vanno dalla potenza navale alla capacità di proiezione anfibia di tale potenza, dal possesso di basi strategiche all’ampiezza dei traffici commerciali . Date queste premesse, lo strumento navale americano deve garantire, nell’Oceano Pacifico, il controllo delle Filippine e delle Hawaii e, nell’Oceano Atlantico, quello di Cuba, base imprescindibile per la sicurezza dello snodo strategico del Canale di Panama. In una prospettiva di più ampio respiro, Mahan ritiene che il centro del potere mondiale sia costituito dall’emisfero Nord, compreso tra i Canali di Panama e Suez. La massa continentale di Eurasia, sebbene non influenzabile dal potere marittimo, è tuttavia ininfluente ai fini dell’egemonia mondiale. Viceversa, la fascia asiatica compresa tra il 30° e 40° parallelo viene considerata come area di instabilità che segna la separazione degli interessi russi ed inglesi . Da ciò consegue l’indicazione di un’alleanza con la Gran Bretagna eventualmente estesa a Germania e Giappone in funzione antirussa.

Al di là del dibattito circa il preteso navalismo di Mahan in contrapposizione al marittimismo di Corbett e quantunque risentano in modo assai evidente del periodo in cui sono state elaborate, le teorie dell’ammiraglio americano hanno influenzato a più riprese la condotta strategica statunitense. A parte l’elaborazione dei piani di guerra americani della fine degli anni trenta, si può ricordare la cosiddetta “strategia di coalizione”, mirante alla sconfitta della Germania nazista attraverso un intervento sul continente europeo e basata sul presupposto del controllo delle linee di comunicazione euro-atlantiche (strategia protratta anche nel corso della Guerra fredda con lo schieramento avanzato di forze aeroterrestri statunitensi).



J. Corbett (1854-1922)

Il pensiero di Corbett viene normalmente messo in relazione con le concezioni di Mahan laddove si sottolinea come questi sia un convinto assertore dell’autonomia della strategia navale mentre il primo sostenga la subordinazione delle dottrina navali alla strategia generale. Se la sola potenza navale non è in grado di decidere le sorti di un conflitto, essa è tuttavia un fattore determinante della vittoria poiché obbliga il nemico continentale, che opera per linee interne, a disperdere le forze per tutto lo sviluppo costiero . Dunque, lo strumento navale deve essere in grado di proiettare a terra la propria potenza intervenendo direttamente sul dispositivo avversario e indebolendo la capacità di resistenza delle popolazioni. Il pensiero di Corbett è in corso di rivalutazione in tutto l’Occidente in un momento in cui la priorità d’impiego dello strumento navale appare quello del forward from the sea piuttosto che il sea control. Del resto, ne sono una prova evidente le crisis response operations.

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