Cambogia
Soldati appartenenti all’Unità Commando Speciale 911 sono intervenuti venerdì tre gennaio per sedare le proteste organizzate da un gruppo di lavoratori del settore tessile davanti alla fabbrica Yak Jin, nella periferia di Phon Penh, uccidendo quattro persone e arrestandone 23. Lo sciopero di massa dei lavoratori del tessile era iniziato a fine dicembre, in seguito alla decisione del governo di non accordare l’aumento del minimo salariale richiesto dai sindacati. La risolutezza dell’intervento delle Forze di sicurezza cambogiane e la temporanea messa al bando di qualsiasi forma di manifestazione pubblica, formulata dal Ministro dell’Interno, Sar Kheng, nelle ore successive agli scontri, hanno suscitato molte critiche nei confronti del governo: le Nazioni Unite hanno sollecitato le autorità ad accertare la responsabilità delle violenze ed annunciato l’arrivo, nei prossimi giorni, dell’Inviato Speciale dell’Ufficio Diritti Umani d! ell’ONU per la Cambogia, Surya Subedi.
Il malcontento sociale registrato nelle ultime settimane si va ad inserire in un contesto già fortemente destabilizzato dalle contemporanee manifestazioni del Cambodia National Rescue Party (CNRP), partito di opposizione che contesta i risultati delle ultime elezioni, tenutesi lo scorso 18 luglio, da cui è emerso vincitore il Cambodian People’s Party (CCP), il partito del Primo Ministro Hun Sen. A fine dicembre, il lavoratori in sciopero si sono uniti ai manifestanti del CNRP nel chiedere le dimissioni del Primo Ministro Hun Sen. In un momento in cui la popolarità del CCP è ai minimi storici, un’eventuale convergenza tra le manifestazioni politiche antigovernative e le proteste dei lavoratori potrebbe portare a un’ulteriore erosione del consenso di cui beneficia il partito di governo: già alle ultime elezioni, lo scarto tra CCP e CNRP era stato di soli 300 mila voti. |
Iraq
Nel corso dei primi giorni di gennaio, una vasta offensiva qaedista – appoggiata da una forte componente tribale sunnita in lotta contro le autorità di Baghdad – ha portato lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) a prendere il controllo di Falluja e di parte di Ramadi, nella provincia occidentale di Anbar. All’origine di questi ultimi sviluppi vi è la decisione del governo iracheno di ordinare lo sgombero, il 30 dicembre scorso, di un campo di dimostranti a Ramadi: i manifestanti accusavano l’esecutivo guidato da Nouri al-Maliki di discriminare la comunità sunnita irachena in favore della minoranza sciita, della quale lo stesso Premier fa parte. A gennaio, i dimostranti hanno ricevuto il sostegno dei miliziani dell’ISIS, molti dei quali di rientro dalla Siria, dove il gruppo ha recentemente dovuto abbandonare alcune delle proprie più importanti postazioni.
Largamente favorita dal controllo qaedista di buona parte de! i punti di frontiera con la Siria, l’avanzata dell’ISIS in Iraq si è così innestata sul retroterra delle sempre più acute tensioni settarie che caratterizzano lo scenario del Paese. Nel contempo, un ruolo non marginale è rivestito dai leader tribali della provincia di Anbar, alcuni schieratisi apertamente con i miliziani qaedisti, altri – gli stessi che negli anni delle operazioni americane avevano collaborato con il generale David Petraeus, all’epoca capo delle Forze Armate statunitensi in Iraq, contribuendo a fiaccare l’insurrezione jihadista – rimasti a sostegno di Baghdad. È proprio su questi ultimi che il Governo Maliki punta ora per riprendere il controllo di Falluja. Qualora la mediazione tribale dovesse fallire, l’Esercito procederà nei prossimi giorni al lancio di un’offensiva militare. A Ramadi, dove la presenza dell’ISIS appare meno radicata, le Forze Armate irachene sono già passate all’azione recuperando terreno nei confronti dei qaedist! i. | |
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