Ucraina Tra Europa e Eurasia, Kiev al bivio Gian Luca Bertinetto 14/01/2014 |
Le manifestazioni di Euro Maidan sono state scatenate dal voltafaccia finale del governo ucraino sull’accordo di libero scambio con l’Unione Europea, ma la protesta è il risultato anche di altri fattori.
Nei primi tre anni del governo del presidente ucraino Viktor Yanukovich non c’erano state proteste di massa, perché l’opinione pubblica era rimasta delusa dai seguiti della rivoluzione arancione del 2006.
Progressivamente però, il nuovo regime si era fatto prepotente, la corruzione più evidente. Era ripreso l’andazzo post sovietico di inchieste e condanne ordinate dal ministro degli Interni contro i leader scomodi dell’opposizione, a partire da Yulia Timoschenko.
La protesta covava ed è scattata come una ribellione di giovani e studenti, contro un regime visto come retrogrado e corrotto.Un elemento importante è stata la partecipazione in massa di piccoli e medi imprenditori.
Voglia di Europa
Le forze politiche che sostengono la protesta, come spesso avviene in Ucraina, sono abbastanza eterogenee, ma la richiesta di Europa, comune a tutti, è motivata dall’aspettativa che l’integrazione europea possa dare una spinta decisiva alle riforme economiche, sociali e politiche, necessarie per completare la trasformazione dell’Ucraina da paese post-sovietico in una moderna democrazia europea.
L’accordo con l’Ue, pronto per la firma il 29 novembre, era stato negoziato per due anni. Era stato accettato, non senza reticenze, dai maggiori paesi dell’Unione.Tutte le ambasciate ucraine in Europa si erano date da fare fino all’ultimo per facilitare la firma.
Che cosa ha determinato l’improvviso rifiuto di Yanukovich? Vi sono indicazioni che il presidente ucraino avesse forti riserve sull’accordo ed abbia utilizzato il negoziato con l’Ue per ottenere concessioni economiche dalla Russia.
Dal canto suo, il presidente russo Vladimir Putin esercitava da tempo forti pressioni per riportare l’Ucraina nell’orbita di Mosca e le aveva accentuate recentemente, per impedire ad ogni costo l’accordo con l’Ue. Gli elementi più filo russi nella compagine governativa sembrano aver preso il sopravvento al momento decisivo.
Asimmetria europea
Per questo, negli slogan di Euro Maidan l’appello all’Europa è unito alla rivendicazione dell’indipendenza ucraina. Il problema è che su questo punto gli ucraini non sono d’accordo fra di loro. Una consistente minoranza si sente più attratta dalla Russia che dall’Europa occidentalee, soprattutto nel sud-est del paese, teme i riflessi economici di un distacco.
Sono riemerse anche vecchie polemiche, in relazione ai movimenti indipendentisti ucraini della seconda guerra mondiale, ed al controverso loro leader Stepan Bandera.
Questi problemi interni ucraini si inseriscono in una situazione geopolitica europea asimmetrica. Da una parte la Russia di Putin è impegnata nello sforzo per recuperare o mantenere il suo status di “grande potenza” e da un paio d’anni è tornata in forze sulla scena internazionale. Dall’altra, l’Ue può trovare un’unità d’intenti nella sua azione esterna, soprattutto in questo momento di incertezza e di crisi, solo sulla base degli ideali da cui trae la sua ragione di essere.
Prospettive diverse
La prospettiva rischia spesso di essere diversa, da Mosca o da Bruxelles. L’espansione dell’Ue e dello Nata fino ai suoi confini, dopo la fine della guerra fredda, può essere apparsa alla Russia come una minaccia.
Dal punto di vista europeo però, i paesi dell’Europa orientale avevano diritto ad entrare nell’Ue, in quanto europei e democratici, in base ai Trattati di Roma e di Lisbona. L’ingresso di tutti questi paesi nella Nato non era altrettanto scontato, ma è risultato inevitabile, per l’attrattiva che aveva su di loro (per ovvie ragioni) un’alleanza difensiva che aveva dimostrato tale efficacia.
Vari incidenti di percorso, come il Kosovo e la Georgia, sono stati percepiti in maniera differente dalla Russia e dall’Occidente.
Visto da Mosca, lo spazio ex sovietico (pudicamente designato “estero vicino”) appare come un’area d’influenza esclusiva della Russia. Affiora facilmente nel senso nazionale dei russi la percezione che l’Ucraina appartenga a Mosca per ragioni storiche, culturali e religiose, oltre che economiche e strategiche.
Da parte europea, il caso dei paesi baltici, invasi dall’Urss nel 1939 a seguito del patto Ribbentrop-Molotov, è visto come analogo a quello dei paesi occupati dall’Urss dopo la seconda guerra mondiale, mentre l’Ucraina e tutte le altre Repubbliche europee ex sovietiche sono viste con maggiore distacco.
A nessuna di esse erano mai state fatte promesse di liberazione, anche solo implicite, ai tempi della guerra fredda. Anzi, la repressione sovietica nei territori occidentali dell’Ucraina ha potuto proseguire per tutti gli anni ’50 e oltre senza che l’Occidente fiatasse.
Bruxelles prudente
Da oltre venti anni l’Ucraina è però un paese indipendente e ha mostrato di volersi avvicinare all’Europa. Bruxelles si è mosso con prudenza. Solo recentemente aveva acconsentito ad aprire negoziati con l’Ucraina e le altre quattro Repubbliche europee dell’ex Urss, nel quadro del Partenariato orientale.
I media russi hanno denunciato interferenze inaccettabili da parte di esponenti americani ed europei, soprattutto polacchi e baltici, ma in realtà i responsabili delle istituzioni europee hanno rilasciato solo dichiarazioni piuttosto caute, per non suscitare la suscettibilità di Mosca.
Spetta all’Ucraina scegliere liberamente se impegnarsi nella prospettiva europea, realizzando le necessarie riforme sul piano della democrazia, del sistema giudiziario, del governo dell’economia.
Quando l’Armenia ha posto improvvisamente fine al negoziato del Partenariato orientale, dopo un incontro del presidente armeno con Putin, l’Europa non ha fiatato. Per l’Ucraina, all’appuntamento di Vilnius tutto era pronto per la firma. Era stata concordata anche una scappatoia per il problema Tymoschenko.
La conclusione, per ora, sembra essere che il voltafaccia del governo di Kiev ha fatto perdere all’Ucraina una grande occasione.
L’opposizione filo-europea punta sulle prossime elezioni presidenziali, ma le clausole implicite negli accordi fra Putin e Yanukovich potrebbero rendere difficilmente reversibile, entro 12 o 18 mesi, l’inclusione dell’Ucraina nella “unione euro-asiatica”.
Gian Luca Bertinetto è Ambasciatore d’Italia.
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Nei primi tre anni del governo del presidente ucraino Viktor Yanukovich non c’erano state proteste di massa, perché l’opinione pubblica era rimasta delusa dai seguiti della rivoluzione arancione del 2006.
Progressivamente però, il nuovo regime si era fatto prepotente, la corruzione più evidente. Era ripreso l’andazzo post sovietico di inchieste e condanne ordinate dal ministro degli Interni contro i leader scomodi dell’opposizione, a partire da Yulia Timoschenko.
La protesta covava ed è scattata come una ribellione di giovani e studenti, contro un regime visto come retrogrado e corrotto.Un elemento importante è stata la partecipazione in massa di piccoli e medi imprenditori.
Voglia di Europa
Le forze politiche che sostengono la protesta, come spesso avviene in Ucraina, sono abbastanza eterogenee, ma la richiesta di Europa, comune a tutti, è motivata dall’aspettativa che l’integrazione europea possa dare una spinta decisiva alle riforme economiche, sociali e politiche, necessarie per completare la trasformazione dell’Ucraina da paese post-sovietico in una moderna democrazia europea.
L’accordo con l’Ue, pronto per la firma il 29 novembre, era stato negoziato per due anni. Era stato accettato, non senza reticenze, dai maggiori paesi dell’Unione.Tutte le ambasciate ucraine in Europa si erano date da fare fino all’ultimo per facilitare la firma.
Che cosa ha determinato l’improvviso rifiuto di Yanukovich? Vi sono indicazioni che il presidente ucraino avesse forti riserve sull’accordo ed abbia utilizzato il negoziato con l’Ue per ottenere concessioni economiche dalla Russia.
Dal canto suo, il presidente russo Vladimir Putin esercitava da tempo forti pressioni per riportare l’Ucraina nell’orbita di Mosca e le aveva accentuate recentemente, per impedire ad ogni costo l’accordo con l’Ue. Gli elementi più filo russi nella compagine governativa sembrano aver preso il sopravvento al momento decisivo.
Asimmetria europea
Per questo, negli slogan di Euro Maidan l’appello all’Europa è unito alla rivendicazione dell’indipendenza ucraina. Il problema è che su questo punto gli ucraini non sono d’accordo fra di loro. Una consistente minoranza si sente più attratta dalla Russia che dall’Europa occidentalee, soprattutto nel sud-est del paese, teme i riflessi economici di un distacco.
Sono riemerse anche vecchie polemiche, in relazione ai movimenti indipendentisti ucraini della seconda guerra mondiale, ed al controverso loro leader Stepan Bandera.
Questi problemi interni ucraini si inseriscono in una situazione geopolitica europea asimmetrica. Da una parte la Russia di Putin è impegnata nello sforzo per recuperare o mantenere il suo status di “grande potenza” e da un paio d’anni è tornata in forze sulla scena internazionale. Dall’altra, l’Ue può trovare un’unità d’intenti nella sua azione esterna, soprattutto in questo momento di incertezza e di crisi, solo sulla base degli ideali da cui trae la sua ragione di essere.
Prospettive diverse
La prospettiva rischia spesso di essere diversa, da Mosca o da Bruxelles. L’espansione dell’Ue e dello Nata fino ai suoi confini, dopo la fine della guerra fredda, può essere apparsa alla Russia come una minaccia.
Dal punto di vista europeo però, i paesi dell’Europa orientale avevano diritto ad entrare nell’Ue, in quanto europei e democratici, in base ai Trattati di Roma e di Lisbona. L’ingresso di tutti questi paesi nella Nato non era altrettanto scontato, ma è risultato inevitabile, per l’attrattiva che aveva su di loro (per ovvie ragioni) un’alleanza difensiva che aveva dimostrato tale efficacia.
Vari incidenti di percorso, come il Kosovo e la Georgia, sono stati percepiti in maniera differente dalla Russia e dall’Occidente.
Visto da Mosca, lo spazio ex sovietico (pudicamente designato “estero vicino”) appare come un’area d’influenza esclusiva della Russia. Affiora facilmente nel senso nazionale dei russi la percezione che l’Ucraina appartenga a Mosca per ragioni storiche, culturali e religiose, oltre che economiche e strategiche.
Da parte europea, il caso dei paesi baltici, invasi dall’Urss nel 1939 a seguito del patto Ribbentrop-Molotov, è visto come analogo a quello dei paesi occupati dall’Urss dopo la seconda guerra mondiale, mentre l’Ucraina e tutte le altre Repubbliche europee ex sovietiche sono viste con maggiore distacco.
A nessuna di esse erano mai state fatte promesse di liberazione, anche solo implicite, ai tempi della guerra fredda. Anzi, la repressione sovietica nei territori occidentali dell’Ucraina ha potuto proseguire per tutti gli anni ’50 e oltre senza che l’Occidente fiatasse.
Bruxelles prudente
Da oltre venti anni l’Ucraina è però un paese indipendente e ha mostrato di volersi avvicinare all’Europa. Bruxelles si è mosso con prudenza. Solo recentemente aveva acconsentito ad aprire negoziati con l’Ucraina e le altre quattro Repubbliche europee dell’ex Urss, nel quadro del Partenariato orientale.
I media russi hanno denunciato interferenze inaccettabili da parte di esponenti americani ed europei, soprattutto polacchi e baltici, ma in realtà i responsabili delle istituzioni europee hanno rilasciato solo dichiarazioni piuttosto caute, per non suscitare la suscettibilità di Mosca.
Spetta all’Ucraina scegliere liberamente se impegnarsi nella prospettiva europea, realizzando le necessarie riforme sul piano della democrazia, del sistema giudiziario, del governo dell’economia.
Quando l’Armenia ha posto improvvisamente fine al negoziato del Partenariato orientale, dopo un incontro del presidente armeno con Putin, l’Europa non ha fiatato. Per l’Ucraina, all’appuntamento di Vilnius tutto era pronto per la firma. Era stata concordata anche una scappatoia per il problema Tymoschenko.
La conclusione, per ora, sembra essere che il voltafaccia del governo di Kiev ha fatto perdere all’Ucraina una grande occasione.
L’opposizione filo-europea punta sulle prossime elezioni presidenziali, ma le clausole implicite negli accordi fra Putin e Yanukovich potrebbero rendere difficilmente reversibile, entro 12 o 18 mesi, l’inclusione dell’Ucraina nella “unione euro-asiatica”.
Gian Luca Bertinetto è Ambasciatore d’Italia.