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lunedì 12 febbraio 2024

Daniele di Placiodo. Premessa alla tesi di laurea Master di 1° Livello in Terrorismo ed Anti terrorismo Internazionale

 

IL CONTRIBUTO DELL’ESERCITO ITALIANO ALLE MISSIONI NATO DAGLI ANNI 2000

Premessa

 

Negli anni che seguirono la fine del secondo conflitto mondiale, l’Italia contribuì alla fondazione di numerose Organizzazioni Internazionali il cui scopo era quello di aumentare la cooperazione tra i Paesi aderenti in diversi ambiti. Nel marzo del 1949, il Consiglio dei Ministri della neonata Repubblica Italiana si pronunciò in senso unanime per “l’accessione in via di massima al Patto atlantico[1]”, esprimendo la volontà di aderire come Paese fondatore alla North Atlantic Treaty Organization (NATO), compiendo quella che fu definita “una lungimirante scelta di politica estera per garantire la pace nella sicurezza” [2].

Altro passaggio fondamentale per l’evoluzione dello strumento militare italiano fu l’adesione all’Organizzazione delle Nazioni Unite, avvenuta nel dicembre del 1955: circa trent’anni più tardi, infatti, le prime operazioni di peacekeeping in cui le Forze Armate italiane furono impiegate fuori dai confini nazionali, furono condotte sotto l’egida dell’ONU in Libano (missione UNIFIL, 1982-84), Somalia (missioni UNITAF e UNOSOM, 1992-94 e l’Operazione UNITED SHIELD del 1995) e Mozambico (missione ONUMOZ, 1993-94); furono queste le prime occasioni in cui le Forze Armate italiane furono chiamate ad esprimere le proprie capacità di schierare e supportare logisticamente grandi contingenti formati da un elevato numero di uomini, mezzi e materiali stanziati a migliaia di chilometri dall’Italia.

Anche le operazioni NATO condotte nei Balcani nella seconda metà degli anni ‘90 costituirono degli importanti banchi di prova per le Forze Armate italiane: in Bosnia, con la partecipazione alla United Nation Protection Force - UNPROROF (1993), alla Implementation Force - IFOR (1995) e alla sua successiva riconfigurazione in Stabilization Force SFOR (dal 1996), e in Kosovo, con la partecipazione alla Kosovo Force – KFOR (iniziata nel 1999 e tutt’ora in corso), Esercito, Marina, Aeronautica e l’Arma dei Carabinieri contribuirono con diverse migliaia di militari alla formazione dei contingenti internazionali di peacekeeping.

Fu probabilmente sotto l’influsso di questi numerosi impegni internazionali che venne concretizzata l’importante idea di sospendere il servizio obbligatorio di leva per alimentare le Forze Armate esclusivamente con personale professionista volontario: come dichiarò nell’ottobre del 2000 l’allora Ministro della Difesa, l’Onorevole Sergio Mattarella, attuale Presidente della Repubblica italiana, all’epoca si era consolidata la necessità di avere delle Forze Armate “adeguate alle esigenze contemporanee, che non sono di guerra, bensì di strategia di difesa della pace e dei diritti umani[3]”.

In linea con la riorganizzazione in atto in seno alla NATO in quel periodo storico, al fine di sviluppare l’identità di sicurezza e difesa europea e rafforzare l’efficacia militare dell’Alleanza, questa decisione permetterà all’Italia nel corso degli anni successivi di dotarsi di Forze Armate in grado di assolvere ai nuovi compiti internazionali, finalizzati a favorire la stabilità della sicurezza euro-atlantica attraverso il rafforzamento di istituzioni democratiche, senza tralasciare il classico compito di difesa e deterrenza.

Grazie a questi importanti cambiamenti, le Forze Armate italiane poterono partecipare da protagoniste nelle sfide alla stabilità internazionale che si presentarono dopo l’attacco terroristico avvenuto negli Stati Uniti l’11 settembre del 2001: fu di enorme peso il contributo italiano nelle missioni in ambito NATO che si svilupparono in risposta ai sopra citati attentanti; in particolare l’Esercito Italiano fu tra i principali contributori in termini numerici per quanto riguarda personale, mezzi e materiali impiegati nelle complesse missioni svolte in scenari operativi ad alta intensità in Iraq e Afghanistan.

L’enorme sforzo profuso nel corso dei lunghi anni di operazioni hanno permesso all’Esercito Italiano di accumulare una profonda esperienza nella pianificazione e gestione di operazioni condotte in collaborazione con le forze armate dei Paesi della NATO a grandi distanze dal territorio nazionale.

Terminate le operazioni di contrasto al terrorismo, questa esperienza, riconosciuta a livello internazionale e maturata anche grazie al sacrificio dei soldati caduti, a seguito delle attività della Federazione Russa iniziate con l’occupazione della penisola della Crimea, è stata nuovamente messa a disposizione della NATO per la sorveglianza e la difesa del confine orientale dell’Alleanza, attraverso la partecipazione alle operazioni di presenza e deterrenza denominate “Enhanced Forward Presence (EFP)” ed “Enhanced Vigilance Activity (EVA)”.

 Tesi di laurea. 

La Tesi è presso Emeroteca del Cesvam consultabile solo con il consenso scritto dell'Autore,



[1] L. ROMANINI, Breve storia dell’ostruzionismo nel Parlamento Italiano, Carocci Editore, Roma, 2017, p. 145

[2] www.avvenire.it

[3] www.repubblica.it


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