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giovedì 25 maggio 2017

Un G7 di personaggi intransito

Presidenza italiana
G7: il Califfo dà la scossa a un Vertice da melina
Giampiero Gramaglia
25/05/2017
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Diciamoci la verità. Se il G7 2017 non si svolgesse a Taormina, ma in uno degli altri Paesi del Gruppo dei Grandi, tipo Giappone - l’anno scorso - o Canada - l’anno prossimo -, considereremmo l’evento come una tappa minore nella successione di questi Vertici: non ci sono decisioni da prendere e i protagonisti sono quasi tutti ‘in transito’.

C’è chi arriva ed è all’esordio - quattro su sette -, c’è chi può essere alla scena d’addio - tre su sette -: gente che va, gente che viene, in una sorta di ‘Grand Hotel’ della politica internazionale, senza protagonisti fascinosi come Greta Garbo e John Barrymore.

Certo, si parlerà a Taormina di temi essenziali: la crescita e il lavoro, il clima e l’ambiente, la lotta contro il terrorismo. Ma quando mai non se n’è parlato, al G7? E il persistere dell’assenza del presidente russo Vladimir Putin riduce ulteriormente il peso del Gruppo, da tempo inadeguato a una governance globale - né il G20, che sarà a luglio in Germania, ha finora dato prove convincenti.

Gli avvoltoi del terrorismo su Taormina
A dare la scossa a un Vertice che, come quello della Nato a Bruxelles, valeva come presa di contatto tra il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump e i suoi partner e alleati, è stato il soldato del Califfo fattosi esplodere la notte di lunedì alla Manchester Arena, dopo un concerto, portando via con sé decine di vittime, bambini, ragazzine, famigliole.

Gli avvoltoi del terrorismo sono così tornati a volare, in giri larghi, sulla prima missione all’estero di Trump, inasprendo le dichiarazioni anti-terrorismo della Nato e del G7 e rinnovando la consapevolezza di avere un nemico comune, il fanatismo integralista. Ma, parole forti a parte, la qualità della risposta, che non può essere solo militare, resta inadeguata alla minaccia.

Il cabotaggio di Trump fra i monoteismi
Trump arriva a Taormina al termine di un viaggio tra Medio Oriente ed Occidente: prima, ha fatto cabotaggio tra i monoteismi, dalla culla dell’Islam alla Terra Promessa alla capitale della Cristianità, dicendo che bisogna combattere uniti il terrorismo - salvo scavare il solco tra sunniti e sciiti, come se non fosse già abbastanza profondo -, invitando alla pace genericamente israeliani e palestinesi - e dando agli uni e agli altri segnali contraddittori -, apparendo imbarazzato e impacciato a tu per tu con Papa Francesco.

I media, in particolare quelli italiani, ché quelli americani sono stati meno compiacenti, hanno accompagnato con una certa condiscendenza il percorso di Trump, dando addirittura risalto di titolo a battute di circostanza e ‘passe-partout’ come “Non dimenticherò mai le sue parole” - il congedo del presidente dal pontefice.

La glaciale platea arabo-sunnita che ascoltava a Riad il discorso di Trump ha potuto trarne due messaggi: liberi di fare quello che vogliamo a casa nostra, al diavolo i diritti dell’uomo e il rispetto delle donne, ché questo presidente non ce ne chiede conto; e liberi di arginare, e financo combattere, l’Iran sciita. In cambio, l’impegno a contrastare il terrorismo, che non si nega mai a nessuno, specie quando, con questa scusa, puoi meglio reprimere in patria i tuoi avversari - l’esempio turco dell’autoritario Erdogan vale per tutti, se monarchi ed emiri sauditi avessero mai bisogno d’esempi in materia. E che non esime dal sostenere e foraggiare i movimenti sunniti, se c’è da farlo in Iraq e in Siria.

Nato e G7: alcune carte restano coperte
Adesso, alla Nato e al G7, Trump dovrebbe scoprire le carte. Ma la sua Amministrazione ha già preso tempo: sugli scambi e sul clima, l’elaborazione delle nuove posizioni americane - a oltre 6 mesi dall’elezione e a 130 giorni dall’insediamento alla Casa Bianca - non è ancora abbastanza avanzata. Il presidente, ora, ha con sé l’enciclica sull’ambiente donatagli da Papa Francesco, ma leggerla e farla propria è un’altra storia.

Dunque, a Taormina si farà un po’ d’ ‘ammoina’, anche se ci sarà senz’altro la possibilità di trovare nelle conclusioni del Vertice significati particolari sull’immigrazione, sulla stabilità in Medio Oriente e nel Nord Africa e pure sulla parità di genere.

E l’adesione della Nato alla coalizione anti-terrorismo e il braccio di ferro presunto sul 2% del Pil da spendere per la difesa sono schermaglie fittizie dall’esito o operativamente insignificante - l’adesione alla coalizione, facendone già parte i singoli Paesi - o scontato, perché l’impegno, quasi mai rispettato, è già contenuto in decine di documenti dell’Alleanza - da ultimo nei titoli di coda dei Vertici di Cardiff e di Varsavia, svoltisi con la regia di Obama.

Quanto alle dichiarazioni dei leader contro il terrorismo, esse non sono strumenti efficaci, ma piuttosto riti scontati. E il ricorso agli strumenti classici nella guerra al sedicente Stato islamico - attacchi a Mosul e bombardamenti su Raqqa - non è risolutivo: smantellata e pressoché neutralizzata una rete terroristica - al Qaeda -, un’altra ne nasce dalle ceneri, perché l’incendio s’alimenta nel fanatismo religioso, nella frustrazione sociale, in una sete di rivincita atavica.

In questo senso, la missione di Trump e i Vertici della Nato e del G7 non appaiono forieri di passi avanti decisivi, verso la sconfitta del terrorismo e dell’integralismo; né potevano probabilmente esserlo.

L’Ue in un ritaglio di tempo, Macron a pranzo
A Bruxelles, Trump trova uno scampolo di tempo per incontrare presidenti e responsabili delle Istituzioni europee. Ma lascia più spazio al presidente francese Emmanuel Macron, con cui pranza: è una conferma di un approccio caratteristico della sua Amministrazione, più incline al rapporto tra Stati che al dialogo con le organizzazioni internazionali.

Macron, del resto, è l’unico dei Grandi attualmente sicuro di essere interlocutore di Trump per tutta la durata del suo (primo?) mandato. Per averne la certezza, Theresa May ed Angela Merkel dovranno superare i loro ostacoli elettorali - l’8 giugno e il 24 settembre rispettivamente. E, se usciranno vincitrici dal voto, la May si poterà comunque dietro l’handicap della Brexit e la Merkel, ‘padrona’ dell’Europa, e decana fra i Grandi, non è mai stata una mattatrice al G7.

Giampiero Gramaglia è consigliere per la comunicazione dello IAI (@ggramaglia).

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