2. Il Potere Continentale
“Le teorie del potere continentale sostengono la superiorità della terra sul mare, cioè degli stati che riescono a dominare la massa continentale euro-asiatica sulle potenze marittime sia periferiche, come l’Europa e il Giappone, sia esterne, come gli Stati Uniti” . Esse originano da una situazione storica comune, il controllo dei mari da parte dell’Inghilterra, e rappresentano una razionalizzazione della questione euro-asiatica, ovvero della possibilità di un’alleanza russo-tedesca eventualmente estesa al Giappone. Il sostegno del Reich guglielmino alla Russia nella guerra contro il Giappone (1905), la Pace separata di Brest-Litovsk (1918), il Trattato di Rapallo (1922) e, infine, il Patto Molotov-Ribbentrop (1939) lasciavano del resto prospettare come reale una simile eventualità . Il geografo inglese sir Halford Mackinder e il generale tedesco Karl Haushofer hanno preso in considerazione il problema, ovviamente da punti di vista opposti, ricavando dei parametri di condotta, il primo, per rendere impraticabile l’avvicinamento russo-tedesco, il secondo per realizzarlo.
H. J. Mackinder (1861-1947)
L’originalità del pensiero di Mackinder si rivela nella convinzione del connubio necessario tra storia e geografia, nel fatto che “la storia umana si integra nella vita dell’organismo mondiale” . Da un lato, le ambizioni umane utilizzano e subiscono la geografia; dall’altro la storia ripensa continuamente la geografia attraverso le capacità della tecnologia . Il pianeta è considerato come una totalità, un intero fatto per nove dodicesimi di spazi marittimi e per la restante parte di terre emerse. In questa semplice osservazione è già tracciato il quadro d’insieme della teoria di Mackinder, che utilizza la metafora della coppia diadica terra-mare per indicare la contrapposizione tra World Ocean, l’oceano Mondiale (Artide, Antartide, Atlantico, Pacifico e Oceano Indiano) e la World Island, l’Isola del Mondo, formata dalla contiguità territoriale dei continenti europeo, asiatico e africano. Rimangono le Outing Islands, le isole periferiche, Stati Uniti e Australia, entrate in modo organico nelle vicende della politica mondiale rispettivamente nel XVI e nel XVIII secolo . Il punto centrale delle tesi di Mackinder è che esiste uno spazio, denominato pivot area prima e heartland poi, il cui dominio garantisce il controllo della massa continentale euro-asiatica e quindi del mondo . Attorno allo spazio perno si succedono in semicerchi concentrici altri tipi di spazi. Vi è, in primo luogo, la mezzaluna interna (inner crescent) che protegge heartland e che comprende il vuoto ostile della Siberia, la catena dell’Himalya e i deserti del Gobi, del Tibet e dell’Iran . All’esterno di questa mezzaluna si trovano le regioni costiere, costlands, nelle quali è concentrata la maggior parte della popolazione mondiale e che includono l’Europa, l’Arabia, l’India, l’Indocina, e la Cina marittima. Sul bordo di tale fascia insistono le isole della mezzaluna esterna (outer crescent), la Gran Bretagna e il Giappone (offshore islands). Infine, l’ultimo semicerchio, la mezzaluna insulare (insular crescent), è formato dalle isole del mare aperto (outlying islands) ovvero dall’Australia e dalle Americhe . Questo è il palcoscenico sul quale si giocano gli equilibri di potenza degli stati europei dei primi del Novecento. Ed è questo lo scenario che la Gran Bretagna deve prendere in considerazione nel tentativo di scongiurare la sua ossessione geopolitica costante: essere esclusa dall’isola del mondo e privata dei propri mercati. “Chi controlla il cuore del mondo comanda l’isola del mondo, chi controlla l’isola del mondo comanda il mondo” . Mackinder adatta la posizione geografica di heartland a seconda delle contingenze storiche. Nel 1904, in una fase in cui gli stati dell’inner crescent hanno occupato stabilmente l’outer crescent rovesciando i rapporti di forza e determinando la superiorità delle potenze marittime, la pivot area è collocata in una fascia compresa fra l’Asia centrale e l’Oceano artico . La situazione è destinata, tuttavia, a mutare di lì a breve. Da un lato, la Russia inizia ad organizzare rapidamente l’area perno con la costruzione di un vasto sistema ferroviario che favorisce la manovra per linee interne; dall’altro, la Germania, in costante crescita economica e demografica, porta la sfida al cuore della potenza inglese avviando la costruzione di una flotta d’altura in grado di contendere alla Gran Bretagna il controllo dei mari e simbolo della Weltpolitik tedesca . La Prima Guerra Mondiale interrompe la politica espansionistica del Reich guglielmino; nonostante il pesante ridimensionamento territoriale, militare ed economico, nel 1919 Mackinder percepisce ancora la Germania sconfitta come un potenziale pericolo e dunque sposta heartland ad ovest, includendo tutta l’Europa centro-orientale fino alla linea Elba-Adriatico ed i Bacini del Mar Baltico e del mar Nero . La prospettiva di Mackinder rappresenta una razionalizzazione della necessità di svincolare Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia e Romania dall’influenza tedesca e sostanzia l’assetto territoriale ed etnico imposto con la pace punitiva di Verailles . Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il ragionamento del geografo inglese si amplia ulteriormente, dovendo considerare il ruolo centrale di un attore periferico quali sono gli Stati uniti. La teoria sul pivot-heartland viene confermata ma si arricchisce della terza dimensione. “Come le ferrovie avevano aumentato la capacità di manovra per linee interne della potenza continentale, conferendole una superiorità sulla manovra per linee esterne delle flotte delle potenze marittime, così l’aviazione poteva ora consentire alla potenza continentale di colpire le teste di ponte anfibie costituite alla sua periferia, senza che le sue basi aeree potessero essere distrutte dalle potenze marittime” . Mackinder, dunque, arretra la localizzazione di heartland verso oriente, lungo la linea Leningrado-Mosca-Stalingrado, e attribuisce una importanza fondamentale all’Oceano atlantico che si trasforma in un mare di mezzo tra l’Europa, l’America e l’Africa (Midland Ocean). La preoccupazione rimane la medesima, equilibrare lo stato perno; lo strumento è una “cooperazione efficace e durevole tra America, Gran bretagna e Francia, la prima garantendo una difesa in profondità, la seconda costituendo un’isola avanzata fortificata - Malta su ampia scala - e la terza fornendo al continente una testa di ponte che possa essere difesa . La rottura tra Stati Uniti ed Unione Sovietica all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e la costituzione di un blocco organico di stati comunisti allargato all’Europa orientale connota heartland come area impenetrabile ed ostile, minaccia diretta alle liberaldemocrazie dell’inner crescent. Da qui il contributo di MaAckinder all’elaborazione e all’affinamento della dottrina del containment e, soprattutto, alla propaganda occidentale relativa “all’immanenza della minaccia sovietica contro la fascia peninsulare e insulare che circonda la massa continentale euro-asiatica” .
K. Haushofer (1869-1946)
La geopolitica tedesca rappresenta il tentativo di immaginare la posizione ed il ruolo della Germania nel mondo ed è largamente influenzata dal pensiero e dall’opera di Fredrich Ratzel, il più insigne esponente della geografia politica del Reich a cavallo tra il XIX e XX secolo. Questi, infatti, ha avuto il merito di tradurre le aspirazioni e le pulsioni di una nazione da poco eretta a stato in un insieme teorico coerente e funzionale alla politica di potenza guglielmina . Nelle tesi di Ratzel riecheggiano temi che verranno successivamente ripresi da Haushofer e dalla scuola di Monaco . Prima di tutto il rapporto tra lo stato ed il suolo: “lo stato subisce le stesse influenze di ogni vita umana (…). L’uomo non è concepibile senza il suolo terrestre neppure la più grande opera dell’uomo sulla terra, lo stato” . Soltanto attraverso il suolo lo stato può garantirsi il controllo delle risorse necessarie alla propria indipendenza. Corollario di ciò è la crescita degli attori statuali, cioè la rivendicazione di uno spazio vitale (Lebensraum) e la lotta per il suo dominio, che coniuga la visione biologica dello stato, fondata sulla teorie dell’evoluzione, alla concezione dello “stato potenza” tipica dei politologi tedeschi del XIX secolo.
“E’ nella natura degli stati svilupparsi in competizione con gli stati vicini e il più delle volte la posta in gioco è rappresentata dai territori” . Infine, il problema del poliformismo della Germania che si coniuga con la sua posizione di impero di mezzo, chiuso al centro dell’Europa e minacciato sia ad est sia ad ovest, impero che può sopravvivere solo grazie alla progressiva opera di colonizzazione delle terre di confine. La germanizzazione della Polonia, della Pomerania e della Prussia orientale ravviva il vecchio dibattito sulla Grossdeutschland, comprendente tutti i territori di lingua e cultura tedesca inclusa l’Austria, e la Kleindeutschland, la Piccola Germania, propugnata viceversa dal realismo di Bismarck quale unica via possibile all’unificazione .
La geopolitica di Haushofer è prima di tutto il portato dell’imposizione delle clausole di Versailles ad una nazione uscita dalla guerra con il proprio esercito saldamente attestato in territorio straniero che percepisce la sconfitta e il ridimensionamento come un tradimento della classe politica. La riflessione del generale, che rielabora le tesi di Mackinder del 1919 ribaltando la prospettiva di un’Europa centrale come area cuscinetto svincolata dall’egemonia tedesca, si articola su tre argomenti principali. In primo luogo il concetto di spazio vitale, mutuato dal pensiero ratzeliano, fonte di risorse per l’accumulazione di potenza e prerequisito per l’autarchia, il cui controllo è favorito dalla presenza di consistenti minoranze etno-culturali tedesche al di fuori della Germania . Quindi, l’idea delle dinamiche costitutive delle pan-regioni, macro aggregati territoriali basati sulla pan-idee il pangermanesimo, il panslavismo, il panasiatismo, il panarmericanesimo) che rappresentano le entità geopolitiche sulle quali fondare la riorganizzazione del mondo . La conflittualità tra stati nasce proprio dalle resistenze del mondo anglosassone al dispiegamento delle forze unificanti di ciascun polo geopolitico, raccolte attorno ad attori egemoni: la Germania per la PanEuropa (Africa, bacino del Mediterraneo e Medio Oriente), l’Unione Sovietica per la Pan-Russia (allargata fino al subcontinente indiano), il Giappone per la Pan-Pacifica (Cina, Australia ed Indonesia), gli Stati Uniti per la Pan-America .
Ultimo argomento, la contrapposizione tra potere continentale e potere marittimo. Haushofer concorda con Mackinder quando questi afferma che il controllo della World Island corrisponde al dominio del mondo; e, come conseguenza, ritiene che il Patto Tripartito tra Italia, Germania e Giappone (1936), il Patto Molotov-Ribbentrop e il Trattato di neutralità nippo-sovietico (1941) concorrano a realizzare l’unificazione di heartland e la definitiva interdizione delle potenze marittime dal cuore di Eurasia . Quanto una simile costruzione politico-diplomatica fosse fragile lo rivelerà di lì a poco l’attacco tedesco all’Unione Sovietica. Rimane comunque l’idea, tipica del nazionalismo tedesco e totalmente estranea al nazismo, occidentalista e razzista, che il nemico della Germania non debba essere ricercato ad est ma bensì tra le potenze marittime a vocazione globale. Del resto, la questione della ricostruzione unitaria del cuore del mondo, dopo il crollo del muro di Berlino, ha riacquistato una autonoma valenza euristica dal momento che, almeno in prospettiva, ritorna ad essere una eventualità pensabile. Le teorie di Haushofer sembrano influenzare sempre più, in Russia, i circoli militari e diplomatici dei cosiddetti eurasisti, poco entusiasti dell’ordine internazionale liberaldemocratico e favorevoli alla creazione di panregioni ad andamento meridiano, i quali si contrappongono, pertanto, sia ai nazionalisti slavofili sia agli occidentalisti .